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Conflitto Israelo-Palestinese

La rabbia e il dolore delle famiglie degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas: “Nessuno ci dice niente”

A oltre una settimana dall’attacco dei miliziani palestinesi, la maggior parte dei familiari dei rapiti non sa che fine abbiano fatto i loro cari. Le proteste hanno spinto il primo ministro Benjamin Netanyahu a incontrare per la prima volta alcuni rappresentanti dei parenti, assicurando che si farà di tutto per liberarli.
A cura di Antonio Palma
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Mentre le notizie che arrivano dalle forze armate israeliane rivelano che il bilancio degli ostaggi catturati da Hamas è peggiore del previsto e si avvicina alle 200 persone catturate, monta sempre di più la protesta delle famiglie degli israeliani ora tenuti prigionieri a Gaza. A oltre una settimana dall’attacco dei miliziani palestinesi, infatti, la maggior parte di loro non sa che fine abbiano fatto i loro cari e molti hanno saputo dei rapimenti solo grazie ai terribili video e alle foto emerse sui social dopo la pubblicazione degli scatti da parte di Hamas.

“Tutto quello che ci è stato detto è che il suo telefono è a Gaza”, hanno raccontato ad esempio i genitori di Romi Gonen, una delle tante giovani ragazze rapita dal festival Supernova nei pressi del kibbutz Be’er dove Hamas ha fatto una strage uccidendo almeno 260 persone. Eppure per molti parenti dei rapiti resta una ancora di salvezza saperli ancora vivi dopo che il bilancio dei morti israeliani è salito a 1.300 persone uccise.

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Quello che è certo è che l'attacco del 7 ottobre da parte di Hamas è stato l'attacco più feroce mai messo a segno dal gruppo palestinese e ha trovato l'esercito e le autorità israeliane completamente impreparati. Anche per questo molti parenti delle vittime e dei rapiti non nascondono la rabbia verso il governo israeliano. Se da un lato sono concentrate nel diffondere informazioni sui propri cari, le famiglie dei rapirti cercano ora di farsi sentire per chiedere risposta al governo. L'obiettivo delle proteste, che sono andate in scena in questi giorni a Tel aviv e non solo, è il primo ministro Benjamin Netanyahu.

Nonostante l'Esecutivo si sia mobilitato, nominando il generale in pensione dell'IDF Gal Hirsch come coordinatore del governo per gli ostaggi e assicurando che la liberazione dei prigionieri sono il primo obiettivo, sabato si è svolta una grande manifestazione di protesta dei familiari dei rapiti.

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Molti accusano il governo di non aver preso misure serie ma altri sostengono che in realtà si sta agendo in silenzio per evitare ritorsioni sugli ostaggi. “Voglio credere che il governo non ne parli perché sta facendo tutti i suoi sforzi per riportarli indietro… dobbiamo essere uniti” hanno affermato alcuni dei parenti. Il comitato delle famiglie, però, ha rilasciato una durissima dichiarazione in cui critica il governo per “aver effettivamente affermato che sta abbandonando i suoi cittadini che sono stati rapiti”. Il governo infatti aveva spiegato di non voler tenere negoziati con Hamas.

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Le proteste quindi hanno spinto il primo ministro Benjamin Netanyahu a incontrare per la prima volta alcuni rappresentanti delle famiglie degli israeliani prigionieri di Hamas. L'incontro faccia a faccia domenica sera presso una base del comando del fronte interno dell'IDF a Ramle. Dopo l'incontro, le famiglie hanno affermato di aver accettato un “chiarimento”  e di aver chiesto che fossero esplorate tutte le strade, anche attraverso il contatto con Hamas, i leader dei paesi arabi e altre figure influenti “per portare al rilascio immediato” degli ostaggi.

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