Il cardinale Pizzaballa a Fanpage.it: “Dopo 2 anni di guerra Gaza rinasce, ho visto voglia di normalità”

"Dobbiamo tornare a vivere": è questo il cuore del messaggio che il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, ha voluto condividere durante la conferenza stampa al suo rientro dalla Striscia di Gaza. In un clima carico di commozione e realismo, il porporato ha descritto una situazione profondamente mutata rispetto a pochi mesi fa: sebbene le ferite del conflitto siano ancora visibili ovunque, lo spirito della popolazione sembra essere passato dalla pura "modalità sopravvivenza" a un desiderio prepotente di normalità.
"Dopo due anni di guerra, sento che è arrivato il momento di guardare avanti", ha dichiarato Pizzaballa parlando ai giornalisti. "Visitando Gaza ho percepito un'atmosfera diversa. Nonostante la gente viva ancora nelle tende e le scuole siano chiuse, c'è una determinazione nuova nel voler riprendere in mano la propria esistenza. Ho visto negozi e piccoli ristoranti riaprire, anche se quasi vuoti, solo per dire: ‘vogliamo ricominciare'".
Al termine dell'incontro pubblico, il Cardinale Pizzaballa ha rilasciato un’intervista a Fanpage.it, approfondendo i temi del futuro della Striscia e la condizione dei cristiani in Terra Santa.
Quale è la cosa che l'ha colpita di più entrando nella Striscia di Gaza?
"Ho visto a Gaza la distruzione di sempre, però ho visto anche un desiderio di ritorno alla vita che prima, durante la guerra, non avevo percepito. Prima si era in modalità sopravvivenza, ma adesso c'è un desiderio di ritornare alla vita normale per quanto possibile".
Di cosa ha bisogno la popolazione a Gaza in questo momento?
"Adesso ha bisogno di medicinali, di scuola, di case… ha bisogno di tutto. Ma ha bisogno soprattutto di avere un governo che dia loro stabilità e una prospettiva futura chiara e solida".
Mentre si trovava a Gaza venerdì scorso è stato bombardato un ospedale e sono morte circa sei persone. La guerra è davvero finita oggi a Gaza?
"La guerra acuta è finita. Ci sono ancora episodi qua e là, ma non siamo al bombardamento a tappeto come prima".
Ha visto speranza a Gaza? Dove? Qual è il simbolo di questa speranza?
"Il simbolo della speranza sono i bambini che celebrano il Presepio Vivente: pieni di gioia, pieni di entusiasmo, contentissimi, pieni di vita. Mi dicono che se si può celebrare il Natale così a Gaza, si può ancora sperare".
Ieri hanno bruciato un albero di Natale a Jenin, nella Cisgiordania occupata. Quale è la condizione dei cristiani in tutta la Palestina?
"La condizione dei cristiani non è diversa da quella di tutti gli altri. Ogni anno abbiamo episodi di violenza di questo tipo: una volta a Jenin, una volta a Taybe, una volta qui, una volta là. Bisogna dire che ci sono sempre degli estremisti che vogliono colpire lo spirito del Natale, ma ottengono l'effetto contrario, perché la risposta — soprattutto da parte della comunità musulmana — è stata meravigliosa".
Qual è la sua preghiera per questo Natale?
"La mia preghiera è che si debba smettere di parlare di Natale e pace come una contraddizione in termini".