Finte esecuzioni, video e minacce: il racconto di un ex ostaggio dell’Isis

Per circa sei mesi Javier Espinosa, un giornalista del quotidiano spagnolo El Mundo, è stato prigioniero insieme al fotografo Ricardo Garcia Vilanova dei terroristi dell’Isis. Entrambi sono stati liberati il 30 marzo del 2014 e recentemente Espinosa ha deciso di raccontare a El Mundo (la sua testimonianza è stata ripresa dal Corriere della Sera) cosa accade a quanti finiscono nelle mani dell’Isis. Per molto tempo dopo la fine del suo incubo il giornalista non ha detto nulla perché i carcerieri avevano minacciato di uccidere un altro ostaggio, il britannico Alan Henning, che poi è stato assassinato a ottobre. Espinosa ha parlato di quei sei mesi con i terroristi pieni di minacce, di vessazioni, di false esecuzioni. “John si divertiva a esagerare il melodramma, accarezzandomi il collo con l’acciaio senza smettere di parlare”, così nel racconto del giornalista. “Pensa al dolore se te lo affondassi nel collo. Un dolore tremendo. Il primo colpo ti taglia le vane e sputi saliva e sangue”.
L’ex ostaggio racconta che l’estremista si era fatto portare apposta la scimitarra, una spadona come quelle che usavano gli eserciti musulmani nel Medioevo: “Il secondo colpo ti squarcia il collo. Già non respiri più dal naso, ma direttamente dalla trachea. Cominci a fare versi strani, a gorgogliare. L’ho già visto. Ti contorci come un animale, come un maiale. Il terzo colpo ti stacca la testa. Poi te l’appoggio sulla schiena”. Parole per spaventare l’ostaggio in modo tale da farlo apparire terrorizzato nel video. “Deposta la scimitarra, il miliziano è passato alla pistola. Ha estratto una Glock dalla fondina e l’ha caricata. Me l’ha puntata alla testa e ha tirato per tre volte il grilletto. Clic. Clic. Clic. Si chiama falsa esecuzione. Tirano il colpo con l’arma bloccata dalla sicura. Ma la vittima questo non lo sa. Lo scopre soltanto quando non sente la detonazione e capisce che è ancora vivo”. Espinosa e il suo collega hanno conosciuto sia James Foley, la prima vittima delle brutali esecuzioni in video, sia molti degli altri prigionieri uccisi nei mesi successivi.