Fentanyl contaminato dal batterio killer: oltre 100 morti in Argentina. Milei accusa HLB Pharma

In Argentina, una vicenda partita come sospetto caso di malasanità si è trasformata in una delle più gravi crisi sanitarie degli ultimi decenni. Più di cento persone sono morte dopo aver ricevuto dosi di fentanyl contaminato in diversi ospedali, e gli inquirenti temono che il bilancio possa crescere ancora.
L’allarme è scattato a maggio, quando i familiari di quattordici pazienti deceduti all’Ospedale Italiano di La Plata hanno denunciato circostanze anomale. I primi esami hanno confermato un sospetto inquietante: le fiale di fentanyl, potente oppioide utilizzato per la gestione del dolore, erano contaminate da batteri pericolosi, tra cui Klebsiella pneumoniae e Ralstonia pickettii. Ben presto si è scoperto che quelle forniture non erano limitate a La Plata, ma erano state distribuite anche in ospedali di quattro province e nella capitale Buenos Aires.
Il portavoce del presidente Javier Milei, in una comunicazione ufficiale, ha indicato un responsabile diretto: il laboratorio farmaceutico HLB Pharma. Il suo proprietario, Ariel Furfaro Garcia, sarebbe il produttore del lotto incriminato, pari a 153.000 fiale, parte delle quali già somministrate quando l’inchiesta è stata avviata. Secondo il governo, è proprio da quella partita che è partita la catena di morti.
Il dato che più ha alimentato la rabbia dell’opinione pubblica è che le autorità fossero già a conoscenza di problemi legati a HLB Pharma. L’agenzia nazionale per i medicinali, gli alimenti e le tecnologie mediche (ANMAT) aveva ricevuto segnalazioni su irregolarità e contaminazioni nei farmaci prodotti dal laboratorio. A seguito di ispezioni, a febbraio ne aveva disposto la chiusura e il divieto di produrre. Ma quella decisione è arrivata tre mesi prima del primo decesso ufficialmente collegato al caso, quando ormai le fiale erano già state distribuite e utilizzate.
Il giudice Ernesto Kreplak, titolare dell’inchiesta, ha definito la situazione “dinamica” e ha assicurato che il lotto contaminato non è più in circolazione. Le indagini si concentrano ora sulla ricostruzione della catena di responsabilità e sull’individuazione di possibili ulteriori vittime non ancora segnalate. “Fin dal primo momento – ha spiegato – abbiamo ipotizzato che i numeri reali fossero ben più alti di quelli iniziali. L’Ospedale Italiano aveva somministrato 1.300 fiale e registrato 14 vittime: proiettando questi dati sul totale di 153.000 fiale, la possibilità di superare i cento morti a livello nazionale era concreta”.
Mentre le autorità proseguono gli accertamenti, cresce il malcontento tra i cittadini e i familiari delle vittime. Molti si chiedono come sia stato possibile che un farmaco potenzialmente letale continuasse a essere somministrato nonostante i segnali d’allarme.