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Egitto, l’arresto di Sanaa Seif. Amnesty International: “Ha scritto i post onorando verità”

A Fanpage.it il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury ha raccontato dell’arresto dell’attivista per i diritti umani Sanaa Seif avvenuto in Egitto. La 27enne è stata accusata di aver scritto dei post contenenti “notizie false sulla diffusione del Covid nelle carceri”. “Nessuna notizia falsa in quei post o parola d’odio – ha sottolineato Noury – Sanaa ha scritto quei post esercitando il diritto di espressione”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Sanaa Seif dal 2014 è stata incriminata e condannata due volte in Egitto per il suo attivismo in materia di diritti umani. Adesso la 27enne è stata nuovamente condannata a un anno e mezzo di carcere dal tribunale del Cairo per "trasmissione di notizie false sulla diffusione del Covid-19". Una storia triste, vicina a quelle di Giulio Regeni e di Patrick Zaky. La ragazza, sorella dell'attivista Alaa Abdel arrestato nel 2019, aveva testimoniato sui social la cattiva gestione della pandemia all'interno delle carceri, sottolineando che secondo alcune fonti umanitarie, i morti all'interno della struttura di Tora sarebbero stati almeno 14. A Fanpage.it il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, ha confermato la veridicità di quei post. "Sanaa ha parlato della pandemia all'interno delle carceri – spiega – e abbiamo visto quello che ha scritto, ma non vi è nulla che possa incitare all'odio o che sia fasullo".

La famiglia di Sanaa ha chiesto l'intervento dell'Italia. 

Immagino che sia una richiesta rivolta alla società civile, più che alle istituzioni. La famiglia si rivolge a un Paese che come altri dovrebbe essere in prima linea nel chiedere il rispetto dei diritti umani all'Egitto. Le istituzioni devono chiedere un'inversione di rotta nei rapporti con l'Unione Europea e abbiamo avuto un segnale nella giornata di venerdì scorso. La maggior parte degli Stati dell'Unione ha sottoscritto una dichiarazione molto dura nei confronti di questo Paese. L'Ue non deve più essere competitor nel vendere armi all'Egitto, ma deve chiedere il rispetto della democrazia e delle libertà individuali

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Il Covid è diventato un'arma per l'incarcerazione di giornalisti e attivisti?

Al Sisi identifica come una minaccia allo Stato, e quindi al suo potere, qualunque forma di critica. Nell'anno della pandemia la repressione è aumentata. Sana aveva davvero criticato la risposta inadeguata del governo all'epidemia, ma sempre esercitando la lecita libertà di pensiero. Quello che preoccupa è soprattutto un giro di vite nei confronti della ricerca: lo abbiamo visto con Regeni ma anche con Zaky. Preoccupa anche un'ondata persecutoria nei confronti degli studenti all'estero. Soprattutto viene usata in maniera impropria la detenzione senza processo. Al termine dei due anni, limite massimo imposto dallo Stato per l'incarcerazione senza processo, si aggiunge un nuovo caso di accusa e si ricomincia da zero. Si cancellano così personalità autorevoli come avvocati, giornalisti e accademici. I mandati di cattura sono copia e incolla: Sanaa ha due delle cinque imputazioni tipiche dei provvedimenti nei confronti dei detenuti di coscienza.

La volontà di coprire i veri dati della diffusione del Covid, soprattutto nelle carceri, è un tentativo di trasmettere un'immagine all'estero o ai cittadini egiziani?

Si tratta di un tentativo fatto per l'estero. Qui, come in altri Paesi, c'è la convinzione che nascondere i numeri della pandemia sia un fattore di prestigio quando invece si tratta di una cattiva gestione di un'emergenza mondiale. Questa situazione è stata minimizzata e cancellata. Non è fatto per il pubblico egiziano, che non è informato su queste tematiche. La diffusione del Covid nelle carceri è un tema di reputazione. Quanto si verifica nelle celle, invece, è un perfetto fattore per la diffusione della pandemia. Sanaa non mente quando dice che ci sono stati morti per Covid nelle prigioni. Come già detto, ha scritto quei post onorando la verità. I numeri non sono certi: secondo alcune fonti sono almeno una cinquantina i decessi anche tra il personale amministrativo. Il Covid non è l'arma principale per gli arresti, ma una delle tante.

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Cosa accadrà ora a Sanaa?

Lei è stata condannata, quindi vi sarà un appello. La speranza è che vi sia un rilascio. Non è solo una speranza, è una richiesta portata avanti anche da Amnesty International. Il motivo della detenzione è l'attivismo portato avanti da Sanaa dal 2014. Quel genere di attività che le è già costato due condanne con accuse fasulle.

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