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Guerra in Ucraina

“Dieci anni buttati in due settimane”: per gli economisti russi le sanzioni possono distruggere Putin

Nervosismo davanti agli scaffali vuoti. Chiude per tre settimane la più grande fabbrica di auto. Rischio default. La ricetta di Putin? Un impossibile ritorno all’Urss. Gli analisti: “Per riparare i danni fatti un due settimane servirà almeno un decennio”.
A cura di Redazione
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Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l'approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia

Mosca (Russia). Scaffali vuoti o quasi. Niente grechka, il grano saraceno immancabile sulle tavole dei russi. Assenti anche sale e zucchero. Così la gente quando ha visto arrivare un carrello di zucchero c’è letteralmente saltata sopra, impossessandosi dei pacchetti a suon di strattoni: è successo in un supermarket del centro commerciale Fort Otradnoye sulla Dekabristov ulitsa, a Mosca. Uno degli avventori ha filmato l’incidente e postato il video sui social. Anche in altri supermercati di zucchero ce n’è poco, possiamo constatare. Vietato accaparrarsene più di 10 chili, avverte  davanti ai sette sacchetti rimasti un cartello nel centro Shokolat di Reutov – periferia est della capitale.  Intanto, il caffè in grani che quattro giorni fa costava 250 rubli, ovvero circa due euro all’impoverito cambio attuale, oggi vale il doppio. E non se ne possono comprare più di cinque confezioni: “Certo che sono preoccupata per l’aumento dei prezzi”, ci dice una giovane donna che sta facendo la spesa.  “Il mio stipendio mica aumenta. Sarà tutto più difficile”. “E che devo dire io, con la mia pensione”, aggiunge accanto a lei la madre. La pensione media in Russia è attualmente di 19.500 rubli, calcola il governo. Sono circa 160 euro.

Stop produttivo di tre settimane a Tolyatti

“La gente comune sarà colpita duramente, nei prossimi mesi – dice a Fanpage.it Ruben Enikolopov, economista e rettore dell’istituto moscovita Nuova scuola economica. «Il tasso d’inflazione raggiungerà almeno il 20% quest’anno, e la disoccupazione aumenterà sensibilmente, anche se è difficile calcolarla vista l’onnipresenza di contratti semi-illegali e di lavoro nero”. La chiusura di molte imprese appare inevitabile. La maggiore azienda automobilistica russa, AvtoVaz, ha appena annunciato che obbligherà a ferie anticipate – che dureranno dal 4 al 24 aprile – i suoi 35.000 dipendenti: non riesce a produrre perché non gli arrivano le necessarie forniture di componenti elettronici, rende noto il suo ufficio stampa. Li produce la tedesca Bosch. AvtoVaz è controllata dal gruppo Renault e fabbrica vetture dei marchi Lada e Renault negli stabilimenti di Tolyatti, la città dell’automobile creata grazie alla Fiat nell’Urss degli anni ’60. L’azienda aveva già bloccato la produzione per quattro giorni, due settimane fa. Intanto, per la seconda volta dal 1°marzo, aumenta i prezzi di vendita: più 23,4%, per una berlina Lada, in soli 15 giorni. L’industria automobilistica russa dipende per il 95% dall’importazione dall’estero dei componenti con cui vengono assemblate le vetture –  secondo dati della Scuola superiore di economia di Mosca.

Un’economia che guardava a Ovest

La dipendenza dell’economia russa dalle importazioni nel 2020 risultava pari al 75%, nel settore dei beni non alimentari. Mentre cresce l’isolamento, fa paura anche il cruciale comparto dell’ agricoltura: il 90% dei semi di patata, per esempio, arriva dall’estero. “L’intero sistema imprenditoriale è fondato sulla cooperazione con l’Occidente – spiega a Fanpage.it l’economista Andrey Movchan, analista del think tank Carnegie di Mosca e investitore. “Adesso questa cooperazione è cancellata. Tutto sarà nelle mani dei soli imprenditori locali. Ma anche molti di questi se ne andranno. Faranno parte di quel milione di persone che, secondo un mio calcolo, deciderà di emigrare”. Movchan è titolare di una società finanziaria che gestisce attività per 300 milioni di dollari. I suoi clienti sono soprattutto russi. Si aspetta un sostanziale impoverimento del Paese. “Per fortuna coi nostri investimenti non siamo esposti sul mercato interno, ma certo non ci arriveranno nuovi sottoscrittori da Mosca o San Pietroburgo, nei prossimi anni”.

Back to the Ussr

Un rischio ulteriore per la Russia è che la cura proposta dal Cremlino possa aggravare pesantemente la sua improvvisa malattia, invece di risolverla. Per colmare il vuoto creato dalla doppia emorragia di imprenditori autoctoni e stranieri, e per mandar giù il micidiale cocktail creato dalle sanzioni e dalla decisione autonoma di molte aziende occidentali di lasciar perdere la Russia, Putin ha parlato di “manager esterni” e “trasferimento di imprese”: “In pratica la ricetta è di nazionalizzare le aziende e convertirle a produrre beni destinati al mercato interno”, dice Movchan. “Viste le politiche già avviate di controllo sulle valute e considerato il preannunciato. calmiere sui prezzi, è un ritorno all’Unione Sovietica. Si tratta di cambiare tutto il modo in cui opera l’economia. Nessuno è preparato a questo”. Ogni nazionalizzazione “sarebbe folle ed estremamente dannosa”, sostiene Enikolopov: “La Russia di oggi non è l’Urss. Ha un’economia di mercato. Provvedimenti del genere nel lungo termine provocherebbero effetti contrari a quelli desiderati”. Se poi si decidesse di nazionalizzare anche le aziende di proprietà straniera, e di andare in default sul debito in valuta, “si creerebbero danni destinati a pesare per anni, se non decenni”.

Pagare o fallire?

La prima scadenza del 16 marzo per versare gli interessi su due prestiti obbligazionari denominati in dollari, per un totale di 117 milioni, non è tassativa: in pratica la Russia può contare in automatico di 30 giorni di dilazione. Il fatto è che le sanzioni imposte dopo il lancio della cosiddetta “operazione militare speciale in Ucraina” da parte di Putin hanno già congelato quasi metà delle invidiabili riserve messe insieme negli anni da Mosca, presumibilmente proprio per prepararsi alla mossa contro Kyiv e l’Occidente. C’è quindi da chiedersi se la Russia pagherà. E, semmai, come pagherà. Il ministro delle Finanze Anton Siluanov, nell’ammettere che 300 dei 640 miliardi di riserve non sono più accessibili, ha assicurato che il pagamento per i due bond in scadenza è già stato predisposto. Ha anche fatto capire che però potrebbe essere fatto in rubli.  «Equivarrebbe a tutti gli effetti a un default“, dice Ruben Enikolopov. “Quei contratti prevedono pagamenti in dollari”.  È il caso di ricordare che il rublo sta vivendo giornate di estrema instabilità e ha perso fino alla metà del suo valore, dal 24 febbraio scorso. Bella fregatura, quindi esser ripagati in rubli. “Ci state spingendo verso un ‘default artificiale”, dice Siluanov. La Russia nel 1998 andò in default sul debito interno, azzerando i risparmi di milioni di cittadini. Un default sul debito in valuta estera, invece, da queste parti non lo si vede dal 1918: da quando Vladimir Lenin, vittorioso rivoluzionario, decise di non riconoscere i debiti dello zar Nicola II. Se oggi si replicasse, l’impatto sulle tasche dei russi non sarebbe immediato e crudele come nel caso del 1998. Ma le ripercussioni sull’economia – e quindi, alla fine, sulle tasche dei russi – sarebbero profonde. Significherebbe perdere per anni l’accesso ai mercati finanziari. Avere l’economia autarchica e isolata – o tutt’al più connessa con quelle della manciata di Paesi non aderenti alle sanzioni – che Putin sembra desiderare.

Per due settimane si pagherà un decennio

Comunque la pensi Putin, per la Russia sarà impossibile riconquistare la fiducia dei mercati in tempi brevi, dicono gli esperti: “Se crollasse il regime, si pagassero i danni di guerra all’Ucraina e si processassero i responsabili di quel che è successo”, argomenta Movchan, “ciò aiuterebbe davvero a ristabilire la fiducia internazionale”. “Negli anni ’90 – ricorda l’economista – la Russia era reduce da un terremoto, ma l’economia globale le concesse fiducia. Ora sarà molto più difficile ottenerla. Saranno pochi i Paesi che vorranno avere a che fare con Mosca. A meno che al Cremlino non cambi tutto, e chi ha sbagliato paghi”. Secondo Enikolopov, “se tutto va bene ci vorrà un decennio per riparare ai danni inflitti all’economia e al Paese in due settimane”. L’economia globale, anch’essa colpita dall’avventura militare di Putin, si riprenderà molto prima. Per i russi sarà tutto parecchio difficile. A lungo.

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