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Guerra in Ucraina

Cosa succede tra Russia e Lituania a Kaliningrad e perché rischia di scatenare un’altra guerra

La decisione della Lituania di bloccare il corridoio di Suwalki e di tagliare fuori l’exclave russa di Kaliningrad dai rifornimenti di cibo e materie prime rischia di aprire un altro fronte tra Russia e Occidente.
A cura di Fulvio Scaglione
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È in arrivo la terza guerra mondiale? Da quando il Governo della Lituania, nemmeno tre milioni di abitanti ma Paese membro sia della Ue sia della Nato, ha deciso di bloccare il 50% delle merci avviate per ferrovia verso l’exclave russa di Kaliningrad, i pronostici drammatici si sprecano. Come se la situazione, con la guerra in Ucraina ormai arrivata al quarto mese, le forniture di gas e petrolio a rischio e la crisi economica che aleggia come un avvoltoio sull’Europa (inflazione industriale oltre il 33% in Italia e Germania, per dire), non fosse già abbastanza critica.

Non è il caso di angosciarsi più del necessario, dipingendo scenari a base di funghi atomici come amano fare certi generali tedeschi e inglesi. È invece il caso di prendere molto sul serio questo ennesimo confronto tra la Russia e l’Occidente. Intanto vediamo di che si tratta. Il traffico ferroviario di cui si parla, in primo luogo, non è traffico Ovest-Est ma Est-Est. In altri termini, sono merci che dalla Russia diciamo così continentale e dalla Bielorussia arrivano all’exclave di Kaliningrad attraverso una novantina di chilometri di territorio lituano, binari che attraversano il cosiddetto “corridoio di Suwalki” (ne parleremo tra poco), secondo un accordo che fu preso dalla Russia con la Lituania all’epoca della fine dell’Urss e del grande riordino delle relazioni tra i Paesi usciti da quel tracollo. E qui c’è già il primo problema: i lituani dicono che loro stanno solo applicando le sanzioni decise dalla Ue contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina. E Josep Borrell, alto rappresentante Ue per le politiche estere e di sicurezza, ha confermato, sia pure con qualche esitazione. Ma su quali basi la Ue può sanzionare quello che è un trasferimento di merci da una parte della Russia a un’altra, attraverso un Paese come la Bielorussia che non è nella Ue e non aderisce alle sanzioni contro la Russia?

Secondo problema: le merci. I lituani, di nuovo, minimizzano, dicono che si tratta soprattutto di acciaio e materiali ferrosi. Intanto non è vero: sono colpiti molti generi di prima necessità e infatti gli abitanti di Kaliningrad, appena appresa la notizia, sono corsi a saccheggiare i supermercati, perché tutto ciò che viene consumato nell’exclave arriva da fuori. Ma poi, a volerla dire tutta, la questione dei metalli e affini è ancor più grave. Perché Kaliningrad è una piazzaforte militare dotata di squadriglie di bombardieri nucleari, basi di missili atomici, poeti militari e potenti difese antinave, come abbiamo già raccontato in queste pagine. I materiali che la Lituania vuole bloccare sono indispensabili a tutte queste attività ed è facile capire, con un feroce scontro militare ed economico in corso, quanto piaccia alla Russia essere provocata nel suo apparato di difesa-offesa. Tanto più dopo che Finlandia e Svezia hanno chiesto di entrare nella Nato, cosa che farebbe del Mar Baltico (su cui appunto affaccia Kaliningrad) una specie di lago dominato dall’Alleanza Atlantica. E infatti il Cremlino ha promesso adeguate, e ovviamente pesanti, reazioni.

Tutto questo non basta per abbandonarsi a fosche previsioni. Certo, volendo dipingere scenari in nero, si può immaginare il Cremlino che ordina di invadere la Lituania, lasciando alla Nato il dilemma se affrontare una guerra totale con la Russia per proteggere il piccolo Paese baltico. Ma per ora possiamo lasciare da parte i problemi di fantasia, perché bastano quelli reali. E il primo e più importante di questi si chiama, come dicevamo prima, corridoio di Suwalki. Il nome viene dalla più vicina città della Polonia, e designa la striscia di terra dove Polonia e Lituania si toccano, separando la Bielorussia dalla Russia di Kaliningard. Da anni gli strateghi americani sottolineano la delicatezza strategica di questo punto. Nel 2018 il generale Usa Ben Hedges scrisse in proposito un rapporto che mise in allarme militari e politici e spinse l’Alleanza a rinforzare i contingenti schierati in questa parte di Europa. Perché, dal punto di vista della Nato, il famoso corridoio è un punto debole. Ai russi, che tra l’altro nei mesi prima dell’invasione della Russia hanno piazzato ingenti forze armate nel territorio della Bielorussia, basterebbe poco per occupare il corridoio, chiuderlo, dividere la Polonia dalla Lituania e di fatto isolare i tre Paesi Baltici, che avrebbero il mare da un lato e Russia e Bielorussia dall’altro. Condizione che, volendo darci un’altra botta di catastrofismo, sarebbe ideale per poi invadere Estonia, Lettonia e Lituania dove, non dimentichiamolo, il 30% della popolazione è russofona quando non russa, e negli anni dopo l’Urss è stata spesso trattata come una popolazione di serie B. Per non parlare di come potrebbero a loro volta comportarsi i polacchi, che con gli inglesi e appunto i baltici sono i più duri nei confronti della politica russa.

Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, anche un’altra cosa. E cioè: è possibile che il Governo di un Paese di 3 milioni di abitanti, com’è la Lituania, prenda in perfetta solitudine e autonomia, per di più in tempo di guerra, decisioni che coinvolgono un intero continente? Oppure la Lituania ha agito su imbeccata di un qualche “fratello maggiore”? Forse non lo sapremo mai. Intanto sarebbe bene, mentre aspettiamo una risposta russa che di certo arriverà, che qualcuno si desse discretamente da fare per disinnescare questa crisi nella crisi. Che si debba fare tutto il possibile per neutralizzare l’aggressività russa è certo. Che tutto ciò che si fa sia utile allo scopo, be’, questo è molto meno certo.

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