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Cosa serve ancora per dire che Putin è il dittatore della Russia?

La modifica costituzionale che lo mantiene in carica a vita, l’avvelenamento e la condanna di Navalny, migliaia di manifestanti in prigione, e oggi l’espulsione di diplomatici esteri colpevoli di aver manifestato insieme all’opposizione. Eppure in Occidente nessuno ha il coraggio di dire che in Russia la democrazia non esiste più. E che Putin ormai assomiglia più a un dittatore che a un presidente.
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Scusate se interrompiamo le trasmissioni su Mario Draghi, ma forse tocca fare un riepilogo di quel che sta accadendo in Russia.

In piena pandemia, il 1 luglio dello scorso anno, il presidente russo Vladimir Putin ha promosso un referendum costituzionale che gli permetterà di rimanere presidente della Russia a vita. Il 77,8% dei votanti ha detto sì a questa modifica costituzionale, ma l’oppositore di Putin,  il blogger Alexei Navalny ha subito definito truccato quel voto – una “grande bugia”.

Putin non commenta quelle parole, ma poco più di un mese dopo, la mattina del 20 agosto, Navalny viene avvelenato col novichok, un composto generalmente utilizzato dai servizi segreti russi. Per curarsi, Navalny viene aviotrasportato in Germania, perché la moglie non si fida dei medici e degli ospedali russi. Ne nasce un mezzo caso diplomatico, perché proprio i medici dell’ospedale di Omsk, in Siberia, si rifiutano di concedere a Navalny il permesso di espatriare, ufficialmente per tutelare la sua salute.

Navalny, in Germania, sopravvive all’avvelenamento. Ma il 22 dicembre scorso, una lunga inchiesta di un pool di testate giornalistiche internazionali, tra cui la Cnn, dimostra che un team di agenti dell'FSB, i servizi di sicurezza russi, ha pedinato l'oppositore russo Alexei Navalny per anni ed era nei pressi del suo hotel la notte dell'avvelenamento, nello scorso agosto. Il 14 dicembre, qualche giorno prima, lo stesso Navalny aveva contattato per telefono gli agenti responsabili dell'operazione contro di lui e usando una falsa identità aveva fatto confessare a uno di loro che l’FSB era responsabile dell'avvelenamento.

Tempo pochi giorni, siamo al 2 febbraio, e Navalny è stato condannato a due anni e mezzo di galera perché aveva violato il regime di libertà vigilata mentre, per l'appunto, era in Germania a riprendersi dall'avvelenamento. Tangenzialmente, quella condanna comminatagli nel 2017 era già stata giudicata arbitraria e manifestamente irragionevole dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Nelle manifestazioni di protesta che sono seguite alla sua condanna, sono state arrestate circa 1400 persone.  E nei giorni precedenti ne erano state arrestati altre 5000 circa.

Non bastasse, il medico che l'ha curato dall'avvelenamento, Maksimishin Sergej Valentinovic, 55 anni, uno dei migliori medici della struttura ospedaliera, è morto stamattina in circostanze misteriose. Anzi, meglio, è “improvvisamente morto”, come ha laconicamente comunicato l’ospedale stesso.  E sempre oggi tre diplomatici stranieri che hanno partecipato alle proteste in difesa di Navalny sono stati espulsi dalla Russia.

Ora, magari è prematuro interrompere ogni relazione diplomatica con Mosca. E magari sarebbe pure controproducente, visto che la Russia ha in mano uno dei vaccini più efficaci contro il Covid.  Ma chiamare Putin e la Russia con il loro nomi –  ad esempio, dittatore e dittatura – è così difficile? Cos’altro deve succedere, per farci aprire gli occhi?

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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