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Guerra in Ucraina

Come cambia la guerra in Ucraina e quali saranno le prossime mosse di Putin dopo l’affaire Prigozhin

L’intervista di Fanpage.it a Claudio Bertolotti, direttore di START InSight e docente e ricercatore associato ISPI, dopo la rivolta, poi fermata, delle truppe Wagner guidate da Prigozhin contro il Cremlino: “Nel breve periodo credo che non ci saranno ripercussioni dirette sul fronte della guerra in Ucraina. C’erano delle crepe nel sistema e nella gestione del potere di Putin e del suo establishment, che ora sono state ulteriormente ampliate. Ma di fatto non c’è una situazione che potrebbe determinare il suo collasso”.
Intervista a Claudio Bertolotti
direttore di START InSight e docente e ricercatore associato ISPI.
A cura di Ida Artiaco
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"Nel breve periodo credo che non ci saranno ripercussioni dirette sul fronte. Bisogna piuttosto vedere come questa crisi politica verrà gestita e quello che sarà il futuro riservato a Prigozhin, che al momento vedo come un morto che cammina e che rimarrà in vita fin quando lo deciderà Putin e sarà a lui utile".

Così Claudio Bertolotti, analista strategico e direttore di START InSight, e docente e ricercatore associato ISPI (Istituto di Studi Politici Internazionali), ha spiegato a Fanpage.it quali potrebbero essere gli sviluppi della guerra in Ucraina alla luce della crisi interna alla Russia dopo la rivolta, poi fermata dopo un accordo siglato col presidente bielorusso Lukashenko, del leader del gruppo paramilitare Wagner, Prigozhin.

Come si svilupperà la guerra in Ucraina dopo la tentata rivolta di Prigozhin di sabato scorso? Oggi il ministro della Difesa estone ha detto che ciò potrebbe giovare ad una vittoria di Kiev: è d'accordo?

"No, nel senso che da un lato questo evento ha messo in evidenza alcune crepe nel sistema russo, dall'altro, da un punto di vista meramente militare, in Ucraina almeno in questo momento non c'è stata una azione che abbia approfittato della mancanza di disponibilità delle truppe della Wagner e dell'ipotetico disimpegno di truppe eventualmente da destinare al contrasto della stessa Wagner in movimento verso Mosca.

Non c'è stata da parte ucraina una azione volta ad approfittare della situazione, anche – credo – in un'ottica di cautela da parte statunitense, che avrebbe indotto Kiev a non tentare una spallata, in particolare nel settore più a Sud con il rischio di imporre una sconfitta anche in termini di immagine alla Russia.

In altre parole, l'ultima cosa che si vorrebbe adesso è che la Russia collassi su se stessa o che il suo sistema statale venga riorganizzato in modo da togliere le colombe che attualmente sono al governo, lasciando così spazio alla frangia dei falchi che attenderebbero l'occasione giusta per imprimere una ulteriore spinta violenta alle ambizioni russe in Ucraina. Per cui, nel breve periodo credo che non ci saranno ripercussioni dirette sul fronte. Bisogna piuttosto vedere come questa crisi politica verrà gestita e quello che sarà il futuro riservato a Prigozhin".

Proprio su Prigozhin è scoppiato un piccolo giallo dopo sabato. Nessuno sa dove si trovi e secondo la stampa russa non decadranno neppure le accuse a suo carico. Cosa c'è davvero dietro questo accordo tra il capo della Wagner e il presidente Lukashenko?

"Partiamo da due assunti. Il primo riguarda proprio Lukashenko, che gioca le parti della Russia, non è un soggetto neutro in grado di esercitare un vero ruolo di mediatore e appare sin dall'inizio della guerra come un mero esecutore di ordini o comunque allineato alle ambizioni della Russia, non perché le condivida ma forse perché sono l'unica garanzia di sopravvivenza per sé stesso e il suo apparato governativo. Essendo la fonte russa, escluderei un ruolo determinante di Minsk e una validità di questo accordo.

E qui passo al secondo assunto: il fatto che non siano decadute le accuse nei confronti di Prigozhin ci lascia intuire che quest'ultimo sia ormai un uomo morto che cammina e che rimarrà in vita fin quando lo deciderà Putin e sarà a lui utile. Punirlo in maniera esemplare sarebbe una dimostrazione di forza, ma forse non troppo condivisa perché Prigozhin è di fatto un eroe di stato. Il ruolo che ha giocato in Ucraina e il sacrificio della Wagner in termini di uomini non è messo in discussione dalla sua ultima scelta.

È una situazione delicata, in cui ci sono soprattutto dinamiche politiche e non militari a determinare l'andamento dei passi successivi. Non sappiamo dove sia Prigozhin, la validità di questo accordo credo sia molto aleatorio, non dà nessuna garanzia né a Prigozhin né al futuro Wagner".

Che potrebbe essere come?

"La Wagner è l'unità militare meglio organizzata e preparata che ha la Russia e rappresenta l'esercito privato migliore al mondo. Mosca non ne farà a meno perché è lo strumento primario, per non dire quasi esclusivo, della politica estera russa specialmente, nell'area mediorientale, in Nord Africa e Africa Centrale. Bisognerà vedere quali saranno gli sviluppi nella sua gestione, perché i finanziamenti arrivano dal governo russo ma è difficile pensare che Prigozhin possa muoversi in maniera autonoma o libera nell'amministrazione di questo apparato.

Ora dovremmo aspettare e capire cosa succederà il primo luglio: il vice ministro della Difesa aveva annunciato nei giorni scorsi che da questa data la Wagner sarebbe passata alle dipendenze del Ministero siglando contratti individuali con i singoli aderenti. Secondo me una componente della Wagner potrebbe passare sotto il Ministero della Difesa e un'altra potrebbe rimanere per un periodo indefinito sotto il controllo di Prigozhin nell'area mediorientale e africana. È un modo per garantirgli una via di fuga per un tempo anche qui indefinito perché tutti gli oppositori non hanno fatto una bella fine".

Secondo lei quali saranno le prossime mosse di Putin che, a parte l'intervento di sabato, sembra quasi essere scomparso?

"Questo è stato – credo – da un punto di vista comunicativo un errore da parte di Putin, che invece si è sempre mosso molto bene dal punto di vista della propaganda. Allarmare la popolazione in maniera così plateale, prendendosela quasi esplicitamente con il capo della Wagner, è un qualcosa che non era mai accaduto prima. Mai prima di due giorni fa Putin aveva criticato apertamente Prigozhin e viceversa quest'ultimo mai l'aveva fatto con Putin.

Le accuse erano sempre state rivolte al ministro della Difesa Shoigu e al Capo di stato maggiore generale delle Forze armate russe, Gerasimov. Quello è stato un momento di debolezza. Da un punto di vista della comunicazione strategica è stata una mossa sbagliata perché di fatto ha evidenziato criticità che da molti non erano state percepite. A Mosca la vita è continuata normalmente, il problema era a circa 200 chilometri dalla Capitale dove si sono verificati una serie di tentativi di sbarramento per bloccare l'avanzata della Wagner.

Perché poi Putin non si sia fatto sentire non ci deve preoccupare, il presidente non parla tutti i giorni. Dovrebbe preoccuparci invece il silenzio del Ministro della Difesa. Perché non parla e tranquillizza l'opinione pubblica? C'è una sorta di normalità imposta che forse un nuovo discorso di Putin potrebbe invece andare a sconquassare".

Molti pensano che quanto successo sabato sia l'inizio della fine del regime di Putin. Lei è d'accordo?

"Io credo di no, o almeno non più di quanto non lo fosse prima. Come ho detto, c'erano delle crepe nel sistema e nella gestione del potere di Putin e del suo establishment, che ora sono state ulteriormente ampliate. Ma di fatto non c'è una situazione che potrebbe determinare il suo collasso.

Semmai si potrebbero trovare, e questo ce lo insegna la storia, dei capri espiatori per la condotta della guerra e quei responsabili sarebbero il ministro Shoigu e il generale Gerasimov. Quest'ultimo però è molto apprezzato, per cui credo che tra i due, se dovesse saltare qualche testa, sarà del Ministro della Difesa. Ma non credo sarà un qualcosa che vedremo nei prossimi giorni. Passeranno mesi".

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