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Bielorussia, Tafuro (Ispi): “Lukashenko sa di essere finito e non ha il supporto di Putin”

Eleonora Tafuro (Ispi), intervistata da Fanpage.it, spiega cosa sta succedendo in Bielorussia, dove le proteste proseguono da giorni. Alexsandr Lukashenko, spiega Tafuro, si rende “conto di essere finito” e potrebbe optare per una soluzione di transizione per uscire dall’era del regime da lui guidato. Anche perché il presidente russo, Vladimir Putin, non sembra avere un reale “interesse a mantenerlo” al potere.
A cura di Stefano Rizzuti
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Le proteste in Bielorussia proseguono e la situazione nel Paese guidato da Alexsandr Lukashenko sembra più incerta che mai. A spiegare cosa c’è di diverso rispetto al passato e cosa potrebbe cambiare ora è Eleonora Tafuro Ambrosetti (ricercatrice Ispi esperta dell'area russa, caucasica e dell'Asia centrale), che intervistata da Fanpage.it traccia il quadro della situazione dopo le ultime elezioni e le conseguenti proteste. Partendo dal ruolo avuto dall’emergenza dettata dal Covid-19 sulla rabbia dei cittadini contro Lukashenko. Ma le differenze rispetto alle proteste del passato riguardano anche il diverso rapporto tra il dittatore bielorusso e la Russia di Vladimir Putin. Che, spiega Tafuro, “non ha interesse a mantenere Lukashenko” e potrebbe non schierarsi più di tanto al suo fianco. Quantomeno non con “azioni plateali”. A cambiare è anche il ruolo di Lukashenko, sempre più in bilico e indebolito: “Penso che si renda conto che è abbastanza finito”. Dopo aver perso “gran parte del supporto di cui godeva”, Lukashenko potrebbe anche prestarsi a guidare il Paese in una fase di transizione soft chiudendo l’era del regime bielorusso.

Cosa è cambiato in Bielorussia rispetto agli anni precedenti e alle precedenti proteste?

Non si tratta solo della longevità del regime. Se dobbiamo tracciare le differenze rispetto al passato guarderei alle differenze con i grandi movimenti di protesta del passato. Penso al 2010, ma anche al 2006 in seguito ad elezioni controverse. Nel 2010, in seguito all’incarcerazione del candidato Andrei Sannikov, l’Ue aveva già imposto delle sanzioni che poi aveva tolto in seguito, nel 2016, a dei segnali di compromesso del regime, che aveva liberato alcuni oppositori politici. Questa volta cosa c’è di diverso? La situazione economica interna e sanitaria: quando si parla del Covid-19 non è mai una questione solamente interna, si intrecciano piani regionali, internazionali. Dal punto di vista interno la gestione della pandemia ha lasciato molto a desiderare. Lukashenko aveva raccomandato di bere vodka e andare alla sauna. I cittadini erano molto scontenti per questa gestione poca seria e bisognava organizzarsi tra loro per sopperire alla mancanza del governo. Poi la situazione economica ha risentito della pandemia e della crisi economica che investe la Russia, da cui il Paese è fortemente dipendente. Se guardiamo al Pil bielorusso vediamo una decrescita già dal 2019, riflettendo la diminuzione della domanda russa. In generale, riflette le relazioni molto tese tra Russia e Bielorussia. Altro elemento di diversità rispetto al passato è il ruolo di Putin. Fino a poco tempo fa sembrava esserci una relazione solida, invece già da parecchi mesi c’erano state delle tensioni, legate anche alla volontà di chiudere un po’ i rubinetti. Tanto che Lukashenko aveva accusato la Russia di interferenze, aveva arrestato dei mercenari.

Che ruolo può avere la Russia: ci saranno ingerenze?

È facile, quando si parla di queste rivoluzioni colorate, pensare all’esempio dell’Ucraina e temere un coinvolgimento militare della Russia. Però queste proteste non hanno carattere geo-politico, questa è una forte differenza rispetto al caso ucraino. La Russia ha interesse a mantenere lo Stato bielorusso nel suo stato di influenza, non ha interesse in Lukashenko in quanto tale. Finché queste proteste non hanno un carattere geo-politico, come in Ucraina, la situazione rimarrà grosso modo gestibile. La Russia non ha nessun interesse ad annettere la Bielorussia, anche perché si scontrerebbe con la popolazione. La Bielorussia non è la Crimea. E non credo che la Russia possa fare delle azioni plateali a sostegno di Lukashenko. L’importante è che non segua l’esempio della Ucraina.

Quindi la Russia potrebbe anche intervenire contro Lukashenko?

Sì, non credo che Putin abbia particolare interesse a mantenere Lukashenko, che si è dimostrato un alleato molto volubile e non ha esitato a giocare la carta dell’occidente. Non è un alleato fedele, quindi non credo che ci sia un interesse nella Russia a mantenerlo, poi non sappiamo cosa abbia promesso lui a Putin, ma non credo che le sue promesse abbiano credibilità.

Che ruolo sta giocando l’Europa? Interverrà in modo più netto?

Secondo me l’Europa non deve muoversi in maniera eccessiva. L’esempio dell’Ucraina, anche se ci sono notevoli differenze, deve essere sempre fresco nella memoria degli ufficiali dell’Ue. La situazione è molto fragile, il rischio di un nuovo fronte con la Russia è altissimo. Non può rimanere silente di fronte agli abusi, ha fatto bene con le sanzioni, ma non ampie ed economiche come alcuni avrebbero voluto. Ma solo rivolte a determinati individui ritenuti responsabili, e in questo non poteva esimersi anche per una questione di reputazione. Però deve agire con estrema cautela, perché una posizione troppo netta, offrire troppo alla Bielorussia, potrebbe anche irritare Mosca e fare di questa crisi una crisi geo-politica, quindi torneremmo allo scenario ucraino.

Quindi non dovrebbe intervenire nessun attore internazionale?

Non bisogna nemmeno essere ingenui, la Russia, la Polonia e la Lituania sono lì e appoggiano i gruppi più vicini. Un’azione plateale potrebbe essere controproducente.

Qual è, in questo proteste, il peso della leader dell’opposizione Tikhanovskaya? Può essere una figura realmente decisiva?

Lei è un bel personaggio, se pensiamo ai trend avvenuti negli ultimi anni vediamo che c’è un interesse maggiore a coinvolgere gli outsider della politica, lei era una casalinga e non era esperta. Il suo programma politico è estremamente semplice: vuole il rilascio dei prigionieri politici, che si eliminino i risultati del referendum nel 1996, quando si erano eliminati i limiti di mandato al presidente, e il terzo grande punto era indire nuove elezioni entro sei mesi. Il suo programma era semplice, non c’era nessun punto che fosse particolarmente sensibile dal punto di vista geo-politico, non era in discussione la Russia.

Lukashenko, intanto, ha aperto alla possibilità di nuove elezioni: sta cambiando anche il suo atteggiamento e la sua risposta alle proteste?

Penso che si renda conto che è abbastanza finito. Quando anche i dipendenti della tv di Stato entrano in sciopero, vuol dire che la base del supporto comincia a scricchiolare. Parliamo di un’area dove le sorprese e i colpi di scena sono all’ordine del giorno, ma mi sembra evidente che di fronte a quelle folle, ai rischi di un intervento europeo più forte a livello sanzionatorio, di fronte a un supporto più blando della Russia, penso che non sia stupido. Potrebbe ripetersi uno scenario come quello successo in Polonia, con il primo presidente della Polonia libera che era l’ex dittatore, che poi è andato in pensione dopo una fase di transizione da lui guidata in modo leggero.

È questa l’ipotesi più probabile secondo le sue previsioni?

È molto difficile da prevedere. Dobbiamo restare incollati agli schermi, ma secondo me sì, è un’ipotesi molto plausibile perché si rende conto di aver perso gran parte del supporto di cui godeva.

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