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Bielorussia, perché siamo diventati i migliori alleati dei dittatori

Di fronte alle manifestazioni e agli scioperi dell’ultimo popolo europeo sotto il giogo di un dittatore, l’Italia e l’Occidente si girano dall’altra parte, preoccupate dalla reazione di Vladimir Putin. Così, come a Hong Kong, le istanze democratiche rischiano di essere represse dalla brutalità della forza e dall’ignavia dell’Occidente. Un pessimo segnale.
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Sarebbe da chiederlo, ai nostri politici che hanno la parola democratico nel nome, che parlano di sovranismo e libertà a ogni piè sospinto, che si ergono a difensori di qualunque deriva totalitaria, che ne pensano di quel che sta accadendo in Bielorussia. Sarebbe da chiederlo, perché stranamente sulla rivolta del popolo bielorusso contro il presidente-dittatore Alexandr Lukashenko pare non abbiano niente da dire. Non ha nulla da dire il segretario democratico Nicola Zingaretti, nonostante le donne del suo stesso partito abbiano speso parole importanti a favore di Svetlana Tikhanovskaya, delle opposizioni bielorusse, dei lavoratori che scioperano e delle centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi che manifestano rischiando il posto di lavoro, la libertà, persino la vita. Non ho nulla da dire il nostro presidente del consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli esteri Luigi Di Maio, che pure due parole sulla vicenda dovrebbero spenderle. Non ha nulla da dire nemmeno il sovranista Matteo Salvini, che ha liquidato l’unica domanda che gli è stata posta affermando il destino della Bielorussia "lo lasciamo decidere ai bielorussi”, senza nemmeno mezza parola su violenze e soprusi. Amen.

Certo, un po’ di imbarazzo è fisiologico per tutti. Perché la situazione geopolitica è quella che è, perché sostenere i manifestanti è un formidabile invito all’intervento per la Russia di Putin – che pure non pare aver nessuna voglia di muoversi – perché se nemmeno l’America e la Germania predicano prudenza – “il nostro cuore è con i manifestanti”, ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel, ed è la più grande apertura che abbiamo registrato sinora – non c’è motivo per gettare il cuore oltre l’ostacolo. Basta che sappiamo come va a finire, però. Che il tentativo democratico dell’ultimo popolo europeo sotto il giogo di una dittatura sarà spazzato via da una repressione tanto feroce quanto silenziosa, nel nome dei buoni rapporti con la Russia di Putin, terrorizzata dall’idea di trovarsi un alleato militare della Nato al proprio confine.

Tant’è. Se così sarà, incolonneremo la rivolta bielorussa sotto quella di Hong Kong alla voce dei tentativi falliti di resistere al totalitarismo liberticida, tentativi cui l’Occidente non ha offerto alcuna sponda, né sostegno. Il risultato della nostra ignavia lo conosceranno presto a Taiwan, dove nel dubbio hanno alzato il budget per le spese militari del 10% rispetto all’anno scorso. O in Estonia, dove già da tempo si ammassano truppe lungo le due sponde del confine con la Russia. O nel Mediterraneo orientale, tra le isole che dividono la Grecia dalla Turchia di Erdogan.

Abbiamo sperimentato in Iraq la follia di chi vuole esportare le armi con la democrazia. Ora stiamo sperimentando il suo uguale e contrario: la totale indifferenza verso popoli che manifestano istanze democratiche, o che sentono la loro democrazia minacciata. Di fronte a tale ignavia, il messaggio è uno solo: che l’Occidente è talmente debole, politicamente ed economicamente, che non può permettersi di litigare con Russia, Cina e Turchia. Un messaggio, che nelle mani di autocrati e satrapi rischia di essere letto in un solo modo: possiamo fare quel che vogliamo. State tranquilli: è esattamente quel che faranno.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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