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Opinioni
Guerra in Ucraina

Attentati e sabotaggi in Russia, così l’Ucraina sta provando a vincere la guerra

È consistente l’ipotesi che i servizi segreti ucraini, l’SBU, diventati piuttosto abili e potenti dopo le riforme degli ultimi anni, stiano riuscendo a colpire sia in Russia sia nei territori controllati dai russi sia nei Paesi alleati della Russia.
A cura di Fulvio Scaglione
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Come “guerra”, anche “attentato” è una parola che in Russia si pronuncia poco e poco volentieri. Lo ha fatto Vladimir Putin parlando di Vladimir Soloviov, il giornalista più famoso del Paese, sempre allineato alle posizioni del Cremlino e per questo colpito dalle sanzioni come gli oligarchi o i politici russi. Soloviov, che è tra l’altro proprietario di due ville (ora poste sotto sequestro) sul Lago di Como, secondo le ricostruzioni, avrebbe dovuto saltare in aria con la sua auto per un complotto di Potere Bianco, un’organizzazione di stampo nazista da tempo messa fuorilegge. Per questo i servizi segreti hanno arrestato sei cittadini russi ora detenuti in attesa di giudizio, anche se Putin non ha esitato nell’attribuire il progetto ai “nemici della Russia”, dicendo “noi conosciamo nome per nome gli agenti occidentali che lavorano con gli organi di sicurezza ucraini. E sappiamo che dietro tutto questo c’è la Cia”.

Ma gli attentati che si stenta a definire tali sono altri e sono, dal punto di vista russo, i più inquietanti. Il 27 aprile, nel villaggio di Staraya Nelidovka, è saltato in aria un deposito di munizioni. Il villaggio, tra l’altro, si trova nella regione di Belgorod, che da settimane viene regolarmente colpita dalle artiglierie e dai missili ucraini, probabilmente guidati dai satelliti e dalle intelligence occidentali. Il 25 aprile sono invece saltati due depositi di carburante a Bryansk nel Sud-Est della Russia, a breve distanza sia dall’Ucraina sia dalla Bielorussia. Il 21 aprile invece, a Tver’, è andato a fuoco l’Istituto di ricerca per la difesa aerospaziale del ministero della Difesa, un importante centro di sviluppo dei missili militari, con un bilancio finale di 17 morti. Il 14 aprile (giorno tra l’altro dell’affondamento dell’incrociatore “Moskva”) due palazzi sono stati colpiti da un raid di elicotteri ucraini a Klimovo. Il 1° aprile c’era stata un’esplosione in un deposito petrolifero a Belgorod e il giorno prima, il 30 marzo, un’esplosione in un’installazione militare nella stessa città. Il 24 marzo, infine, nel porto di Berdyansk controllato dai russi, a 70 chilometri da Mariupol’, era saltata la nave “Saratov”.

A tutto questo, poi, andrebbero aggiunte diverse esplosioni che hanno danneggiato, in Bielorussia, le linee ferroviarie usate dai russi per spostare uomini e mezzi verso il fronte ucraino, e la serie di sabotaggi (un colpo di bazooka contro il ministero della Sicurezza, la carica di dinamite che ha danneggiato due torri per le telecomunicazioni, le granate contro l’aeroporto militare di Tiraspol) che hanno colpito la Repubblica autoproclamata e filorussa della Transnistria, il “Donbass della Moldavia”. È consistente, insomma, l’ipotesi che i servizi segreti ucraini, l’SBU, diventati piuttosto abili e potenti (il loro capo, Ivan Bakanov, è stato compagno di scuola, amico e socio in affari del presidente Zelensky) dopo le riforme degli ultimi anni, stiano riuscendo a colpire sia in Russia sia nei territori controllati dai russi sia nei Paesi alleati della Russia.

L’SBU, che dipende direttamente dal presidente Zelensky, è forte di 30 mila agenti e funzionari e in passato è stato spesso imputato di violenze e abusi di ogni sorta. Nel 2016, per esempio, Amnesty International e Human Rights Watch l’hanno accusato di gestire centri segreti di detenzione e tortura. Nelle ultime settimane, segnate però dalla guerra, sono stati attribuiti ai suoi agenti diversi omicidi mirati ai danni di giornalisti, politici e attivisti filo-russi sia nelle zone controllate dalle autorità ucraine sia in quelle controllate dai russi o dagli uomini delle Repubbliche filorusse di Donetsk e Lugansk. Ed è stato ancora l’SBU a rintracciare Viktor Medvedchuk, oligarca e leader del principale partito di opposizione a Zelensky, arrestato e messo ai domiciliari, poi fuggito e infine ricatturato. Strettissimo è inoltre il legame tra i servizi ucraini e quelli potentissimi degli Usa. Il sito Mirotvorets, gestito appunto dall’Sbu per censire e denunciare tutti coloro che sono ritenuti “nemici dell’Ucraina” (e basta poco: qualche anno fa furono pubblicato i nomi di 4.508 giornalisti che si erano occupati della guerra dal lato del Donbass e non da quello ucraino), esibisce sulla home page l’indirizzo della Cia a Langley (Virginia). In più, in Russia vivono da tempo almeno quattro milioni di ucraini. Ai quali vanno aggiunte le migliaia e migliaia di ucraini che, allo scoppio della guerra, si sono rifugiati in Russia o che vi sono stati trasferiti dalle zone che man mano venivano occupate dalle truppe russe. Un popolo di emigrati, nella gran parte dei casi perfettamente inseriti nel tessuto sociale e lavorativo della Russia, a cui l’invasione della Madre Patria scatenata da Vladimir Putin non può rimanere indifferente.

Una miscela potenzialmente esplosiva cui si contrappone soprattutto l’FSB, il corrispondente servizio segreto russo, diretto da Aleksandr Bortnikov, un fedelissimo di Putin ai cui ordini ci sarebbero, secondo le stime di alcuni esperti, almeno 200 mila uomini. L’FSB ha la sede nel palazzo sulla Piazza Lubyanka di Mosca, che fu a lungo la sede centrale del Kgb, e non è certo famoso per andare a raccontare in giro i propri segreti. Anche il numero degli agenti è segreto. Ma chi segue i canali d’informazione russi, ufficiali e non, ha di certo notato che nelle ultime settimane si sono moltiplicate le operazioni (e i video di propaganda per raccontarle) e gli arresti di complottari, terroristi veri o presunti, ex miliziani ceceni, diffusori di voci e ipotesi sgradite sul web. Un modo per ricordare a tutti, magari anche agli ucraini, che la sorveglianza c’è. Ed è meglio se si vede.

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