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Perché l’aumento dei tassi Usa è l’inizio della fine della grande inflazione: l’analisi di Friedman

La Federal Reserve ha annunciato un nuovo aumento di 25 punti base sui tassi di interesse, ma non ha parlato di prossimi rialzi. Secondo il giornalista ed esperto di economia Alan Friedman, è possibile iniziare a vedere la luce in fondo al tunnel dell’inflazione. “Famiglie e imprese italiane dovranno tenere duro”
Intervista a Alan Friedman
Giornalista ed esperto di Economia
A cura di Gabriella Mazzeo
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Quello di ieri sarà l'ultimo aumento dei tassi di interesse secondo la Federal Reserve prima di un periodo di pausa. La banca centrale americana ha annunciato l'aumento di 25 punti base (in termini pratici dello 0,25%) portando così i tassi di interesse tra il 5 e il 5,25%, ma per la prima volta non ha menzionato prossimi rialzi. La catena, quindi potrebbe interrompersi per diverso tempo dopo i 10 aumenti consecutivi voluti dalla banca centrale.

Secondo il giornalista ed esperto di economia Alan Friedman, in questo modo è possibile iniziare a puntare verso la luce alla fine del tunnel dell'inflazione. "Riesco a vederla – ha spiegato in un'intervista a Fanpage.it – perché a mio avviso l'inflazione è una specie di parabola: sale, tocca il suo picco e poi dopo un po' inizia a calare. Questo è un momento comunque difficile, per il momento le famiglie dovranno tenere duro". Almeno uno o due anni, secondo l'esperto, prima di poter tornare a respirare con livelli di inflazione "nella norma".

Alan Friedman
Alan Friedman

Cosa vuol dire questo aumento dei tassi di interesse per l'economia italiana e per la vita di tutti i giorni di famiglie e imprese?

La Federal Reserve ha agito ovviamente per combattere l'inflazione arrivata a livelli che non abbiamo visto per circa due generazioni. L'aumento per i tassi di interesse è stato giusto, ma tutto è stato fatto troppo in fretta e troppo rapidamente. Questo potrebbe portare a una recessione e almeno negli Usa c'è il rischio di incorrere in un fenomeno simile. Aumentando i tassi di interesse, in Paesi come l'America si raffredda e si rallenta la domanda. In Italia il tipo di domanda è molto diverso, a soffrire sono le famiglie e le imprese che si ritrovano a pagare di più.

L'effetto di questi rialzi sui consumatori dipende dalla Banca Centrale Europea: se seguirà la Federal Reserve, i cittadini vedranno gli effetti di queste operazioni sulle rate dei mutui che saranno più care. Io però credo che abbiamo visto il peggio e che inizi ad essere più vicina la luce in fondo al tunnel.

Perché secondo lei?

Perché l'inflazione è una parabola: sale, tocca il suo picco e poi inizia a calare. La Federal Reserve si fermerà per un po', non vi saranno altri aumenti. La Banca Centrale Europea potrebbe seguirne le orme, lavorare a qualche altro rialzo e poi fermarsi. Sarebbe una buona idea. L'inflazione al momento è altissima e questo si riflette su tutto. In Italia chi dovrà tenere duro saranno principalmente famiglie ed imprese per almeno uno o due anni.

Non sembra un periodo breve però.

Vero, sarà un processo lungo e doloroso, ma almeno è iniziato. Secondo me, già con l'inizio del 2024 potrebbe esserci una riduzione, ma per tornare a livelli accettabili ci vorrà del tempo. Credo che allo stato attuale il dilemma per i consumatori sia: "Cos'è peggio? L'inflazione all'8% che distrugge il mio potere di acquisto oppure quei 2mila euro all'anno in più sulle rate del mutuo dovuto all'aumento dei tessi di interesse"? Nessuna delle due cose è indolore o priva di conseguenze, purtroppo.

Qual è una condizione che potrebbe dare la spinta decisiva al calo dell'inflazione? 

Sicuramente la fine della guerra in Ucraina. L'invasione ha dato il via all'inflazione con la deglobalizzazione, il disturbo delle catene di approvvigionamento e di forniture con il conseguente aumento dei prezzi. I costi sono aumentati per l'energia e per le materie prime, questo ha avuto conseguenze su tutto il commercio. La fine della guerra sarebbe auspicabile anche dal punto di vista economico.

Ci sono operazioni da evitare adesso?

Esagerare troppo con i rialzi. La Banca Centrale Europea dovrebbe presto imporsi uno stop, perché se si calca troppo la mano si rischia poi di andare incontro a recessioni.

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