Donne e lavoro in Italia: un matrimonio fallimentare

Quarantacinquemila giovani occupate in meno nella media dei primi tre trimestri 2011 e salari nettamente più bassi rispetto a quelli degli uomini. Sono queste le due "fotografie" scattate, dalla Banca d’Italia e dall’Isfol, al mercato del lavoro in rosa in Italia e diffuse in occasione degli "Stati generali sul Lavoro delle donne".
In particolare, secondo quanto emerso da una ricerca dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol), condotto su un campione rappresentativo delle donne italiane in età compresa tra i 25 e i 45 anni, alla base della bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro ci sarebbe la famiglia: «Il 40,8% delle ex lavoratrici ha dichiarato di aver interrotto l'attività per prendersi cura dei figli e circa il 5,6% per dedicarsi totalmente al nucleo familiare».Lo ha detto Linda Laura Sabbadini, capo dipartimento delle statistiche sociali e ambientali dell'Istat, aggiungendo che Italia «tra le madri il 30% interrompe il lavoro per motivi familiari, contro il 3% dei padri». Ma rappresentativa è pure la quota di donne che ha smesso di lavorare perché semplicemente non aveva più un'occupazione. Il rapporto indica infatti che il «17 % segnala la scadenza di un contratto a termine o stagionale e il 15,8 % il licenziamento o la chiusura dell'azienda».
Il tasso di occupazione femminile è quasi il più basso d'Europa
I dati del Cnel appaiono quanto mai impietosi: nel 2010 il tasso di occupazione femminile si è attestato al 46,1%. Solo Malta ha fatto peggio di noi. Il lavoro femminile manca soprattutto al sud, dove lavora solo il 30,5% delle donne contro il 56,1% del Nord. «Nel Mezzogiorno – aggiunge la Sabbadini – le donne occupate, come anche gli uomini, sono diminuiti molto di più che al Nord, e quindi le differenze tra le due parti del Paese continuano ad aumentare». Inoltre la percentuale di donne inattive che «non cercano attivamente lavoro, ma sono subito disponibili a lavorare» nel nostro Paese è 4 volte superiore rispetto al resto dell' Europa (16,6% rispetto al 4,4%). Sono «donne scoraggiate», dice Sabbadini, che poi conclude: «il problema del lavoro delle donne è prettamente legato al welfare. Se i servizi resteranno così, non ci sarà crescita dell'occupazione femminile».
Salari più bassi per le donne, rispetto agli uomini
Come se ciò non bastasse a confermare la dissonanza tra donne e lavoro, l'ulteriore conferma giunge dal dato relativo ai salari. In Italia le buste paga in rosa sono assai più basse rispetto a quello del sesso forte che per gli uomini, e a certificarlo è stato uno studio presentato da Roberta Zizza, economista di Bankitalia: «Il differenziale grezzo è circa del 6% (dal minimo del 4,9% del 2000 al massimo del 7,7% del 2002)». Dall'indagine risulta peraltro che «il gap diventa più ampio e crescente nel tempo: da 10,3% nel 1995 a 13,8% nel 2008»