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Opinioni

Com’è triste l’Italia vista da Parigi

L’Italia vista da Parigi appare desolantemente arretrata, poco competitiva e sempre più marginale. E’ il caso di chiedersi di chi sia la colpa e che soluzioni propongano politici, banchieri e imprenditori italiani.
A cura di Luca Spoldi
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Parigi

Tornare a lavoro dopo un paio di settimane di distacco è sempre faticoso, ma quest’anno per il sottoscritto sembra esserlo anche maggiormente. Intendiamoci, non che sui mercati sia successo nulla di particolarmente indimenticabile, nonostante le premesse e i toni quasi allarmistici che circolavano sui principali vecchi e nuovi media italiani a inizio mese (ad arte? La paura fa vendere più copie e incrementa il traffico in rete quindi il sospetto è lecito), con indici sia di borsa sia dei mercati obbligazionari (spread e rendimenti dei titoli di stato) che grosso modo continuano a muoversi lateralmente, dopo aver recuperato i minimi di luglio approfittando del rarefarsi degli scambi.

Sembrerebbe anzi, sotto questo profilo, che agosto si sia rivelato un mese benevolo nei confronti degli investitori italiani: chi voleva vendere ha venduto prima, chi è rimasto a operare si è potuto divertire con un poco di trading approfittando di una discreta volatilità a livello settoriale e di singoli titoli (meno di indici generali), gli emittenti (il Tesoro italiano e spagnolo prima di tutti) hanno evitato di calcare la mano e persino le “famigerate” (quando riducono i propri giudizi) agenzie di rating hanno lasciato intendere che forse davvero una luce in fondo al tunnel inizia a intravedersi (come già ha sostenuto il premier italiano Mario Monti).

Tutto bene, dunque, con i sostenitori della teoria del “grande complotto” costretti loro malgrado ad attendere nuove conferme della propria bislacca (ma molto popolare) tesi che in fondo la crisi sia frutto non dei nostri difetti ed errori ma della “cattiva speculazione” degli “sciacalli” mondiali e simili facezie? Mica tanto e vi spiego perché.  Se leggete i giornali italiani o seguite i telegiornali, o più facilmente scorrete a qualche notiziario e approfondimento sul web, avete l’impressione che l’Italia sia un paese fondamentale per i destini dell’Europa se non del mondo, in grado di far valere la propria volontà, con difetti che tuttavia il governo sta prontamente curando e tanti provvedimenti che favoriranno prima una “virtuosa” ristrutturazione del debito pubblico, poi una nuova crescita. Manca poco che si prometta il nuovo miracolo economico e il quadro è completo.

Ma se, come ho fatto io, andate all’estero anche per pochi giorni, capite subito che è solo fumo negli occhi: a Parigi, per fare un paio di esempi banalotti anziché no ma molto efficaci spero, se utilizzate un bancomat per prelevare contanti (i giacobini francesi non hanno ancora deciso di tagliare la testa alle banconote come sembrerebbero voler fare i loro colleghi italiani) il terminale prima di erogarvi la cifra richiesta vi chiederà “preferita la cifra in tagli piccoli (10 o 20 euro) o di maggior importo (50 o 100 euro)?”. Il costo di questo mirabile servizio? Identico che a quello italiano (ma in Italia di questi tempi è già tanto se trovate un bancomat che i soldi ve li eroghi e zitti, senza stare a questionare sul taglio in cui verranno erogati).

In compenso se mangiate un hot-dog o un croque-monsieur (il tipico toast fritto francese) non spenderete meno di 4-5 euro (se vi servono un prodotto preconfezionato e scaldato al momento, un po’ sull’esempio delle varie catene come Autogrill o Eataly che pretendono per pochi euro di offrirvi il “meglio” della gastronomia veloce italiana), ma se volete mangiarvene di migliori a un bistrot non spenderete meno del doppio. Cifre che mostrano come il costo della vita galoppa, o meglio come il reddito disponibile medio italiano sia sempre meno in grado di tener dietro a “banali” piccole spese di tutti i giorni. Siamo un paese in rapido impoverimento e non ci voleva Unilever per scoprire che in Europa (oltre che nel Belpaese) nei prossimi anni è probabile che si verifichi una situazione di povertà diffusa.

Morale? Visto che Mario Monti continua a ribadire che di ridurre le tasse non se ne parla “per ora” (chissà se e quando se ne parlerà), che il partito dei “puri e virtuosi” continua a intonare la litania del “dobbiamo abituarci all’idea di ANNI di sacrifici” (per tutti o per i soliti noti? Chissà), che di ripresa onestamente non se ne vede all’orizzonte in Italia e che le esportazioni pure rischiano visto che nel frattempo stanno decelerando anche “motori” come Germania, Cina e Stati Uniti, visto tutto questo il mio consiglio è uno solo: fatevi un giro all’estero, capirete quanto l’Italia sia ormai in fondo alla classifica.

Poi domandatevi chi ha ridotto il paese in questo stato e chi vuole giocarvi un ulteriore tiro vaneggiando di ritorni alla lira, di uscita dall’Europa, di svalutazioni competitive ed altre facezie. Il tutto per evitare, magari, di applicare seriamente quelle regole europee che hanno consentito non solo alla Germania ma anche alla Francia (paese non così dissimile dall’Italia) di godere di servizi e mezzi di trasporto pubblici efficienti, moderni e puliti, una scuola statale decorosa, un discreto spazio per l’imprenditoria privata. Il tutto senza dover strangolare di tasse i propri contribuenti “onesti” (anche perché di solito preferiscono “strangolare” quelli disonesti, se scoperti). E state con gli occhi aperti evitando il “fumus” che proveranno fino all'ultimo a gettarvi addosso per non ammettere le proprie colpe e la propria incompetenza nel portarci fuori da una crisi da costoro stessi generata, prima e più che dai “complotti” cosmici universali della “cattiva speculazione” o delle “inaffidabili” agenzie di rating.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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