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Da dove scappano e dove vanno i migranti che approdano in Italia

Ogni giorno centinaia di persone s’imbarcano su carrette dei mari con l’obiettivo di raggiungere l’Italia e l’Europa. Troppo volte quelle imbarcazioni non raggiungono mai le mete. Ma, nonostante ciò, i viaggi continuano. Chi e perchè, dunque, è disposto a tanto? E da che cosa fugge? Non solo da fame e carestia, da disoccupazione e malattie, ma spesso dal terrore. Ecco cosa succede nell’Africa sub Sahariana, ovvero da dove proviene il numero più grande di migranti.
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In fuga da guerre, dittature e persecuzioni. Ma anche da fame, carestia e morte. Sono disposti a tutto, a morire per inciso, pur di tentare la sorte e provare a guadagnare una vita che si possa definire tale. I migranti in fuga nel mondo, secondo i dati diffusi dell'Unchr (L'Alto rifugiato per i diritti umani, agenzia specializzata dell'Onu), sono circa 43milioni, di cui 11 milioni provenienti dall'Africa e 3.4 milioni dall'Africa sub Sahariana. Numeri impressionanti che aiutano a comprendere quanto il fenomeno sia vasto e, in fin dei conti, quanto sia finanche limitato il flusso che s'indirizza verso l'Italia. Purtroppo il problema di rifugiati e migranti torna alla ribalta nelle cronache nostrane solo, o soprattutto, quando si consuma l'ennesimo tragedia nelle acque vicine alle coste siciliane o, nella migliore delle ipotesi, quando il barcone di turno viene recuperato dal personale della Marina Militare. Troppe poche volte ci si chiede da dove vengano queste persone, perché sono disposte a tanto pur di fuggire e, soprattutto, se ci siano anche responsabilità europee, per non dire occidentali, legate a questo massacro.
In termini generali coloro che s'imbarcano sulle carrette dei mari sono persone che hanno già affrontato viaggi lunghissimi, estremamente pericolosi, iniziati anche molti anni prima, e che in molti casi hanno subito incarcerazioni, soprusi e violenze inaudite. È possibile dividere, solo per semplificare, le ondate migratorie dirette verso l'Europa in due grandi famiglie: quelle provenienti dal Medioriente e quelle africane. E sebbene l'attenzione internazionale sia stata incentrata, soprattutto negli ultimi anni, sulle prime (a causa principalmente della guerra in Sira), il grosso della popolazione migrante rimane quella africana.

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Da dove provengono i migranti in viaggio verso l'Italia

Angola, Burundi, Chad, Congo, Eritrea, Etiopia, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Repubblica centro africana, Ruanda, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudan (Sud Sudan), Uganda, Yemen. È davvero lungo l'elenco dei paesi da cui provengono i migranti, spesso in cerca di asilo politico o dello status di rifugiato, e ancora oggi i paesi della fascia mediterranea (come Algeria, Tunisia ed Egitto, solo per citarne alcuni) rappresentano ancora una parte importante di coloro che tentano la traversata del Mare Nostrum. Ma senza dubbio sono i paesi della fascia sub Sahariana a generare la mole più elevata di persone in fuga. Tra questi vi sono paesi come l'Angola, il Congo, la Repubblica Centro Africana o il Niger e la Nigeria, estremamente ricchi di risorse naturali e materie prime, come diamanti, oro, platino, petrolio, gas, uranio (è ampio l'elenco dei cosiddetti Rem, ovvero Rare earth materials, disponibili in questi paesi). Tale abbondanza di risorse genera in questi territori sanguinose e violente guerre civili, fomentate da interessi stranieri, che di fatto prolificano per anni annichilendo le poche speranze di popolazioni in grave difficoltà da sempre.

Perché i migranti scappano verso l'Italia?

Basti citare i casi angolano, della Sierra Leone o, più di recente, della Repubblica centro Africana dove abbondano diamanti, oro e uranio, e dove da alcuni mesi a questa parte infuria una violentissima guerra civile con la conseguente crisi umanitaria che registra migliaia di persona in fuga. Altro esempio riguarda l'Eritrea, nel Corno d'Africa, dove il regime dittatoriale guidato dal presidente Isaias Afwerki si contraddistingue per essere uno dei più brutali, repressivi e violenti dell'intero continente (e tale da essersi guadagnato il soprannome di Corea del Nord africana). Il dramma eritreo, data anche lo scarso appeal che la comunità internazionale gli tributa, è raramente sotto i riflettori dell'opinione pubblica, facendo sì che non solo il regime dittatoriale possa continuare a mantenere in piedi il terrore tra la popolazione, ma che al contempo l'esodo della popolazione locale sia considerato di minor rilevanza, in modo del tutto erroneo, rispetto ai drammi siriano o afghano.

Gli eritrei, infatti, subiscono una sorta di doppia maledizione poiché essendo la maggioranza di fede non islamica subisce un trattamento apertamente razzista, secondo quanto riportato dagli stessi eritrei, da parte delle altre popolazioni. In Mali le cronache recenti riportano le continue incursioni dei movimenti estremisti islamisti, come Boko Haram, che non solo terrorizzano la popolazione mettendo a ferro e fuoco intere porzioni di territorio provocando così ulteriori carestie e fame, ma uccidendo direttamente (o rapendo) coloro che si oppongono a tale visione estrema (e secondo molti religiosi anche erronea ed inappropriata). Il fenomeno, dunque, non riguarda solo chi lascia il proprio paese per cercare un futuro migliore o un lavoro retribuito, e già questo sarebbe sufficiente a giustificare tanti sacrifici, ma anche e soprattutto coloro che sono in pericolo di vita, sia direttamente che indirettamente (per fede religiosa, appartenenza etnica o politica).

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Proprio poche ore fa Ahmad Mobid Abdel Karim, ritenuto tra le voci più rilevanti del Comitato dei grandi Ulema di al-Azhar (tra le più importanti istituzioni religiose dell'Islam sunnita con sede al Cairo, Egitto), si è espresso duramente contro gli scafisti e coloro che le tragedie di questi milioni di persone a fini di lucro, trasportando queste persone spesso verso la morte o, in molti casi, verso altri periodi di detenzione. Le parole del religioso egiziano, per quanto di grande rilevanza, potrebbero rimanere lettera morta se, come accade attualmente, il traffico di esseri umani continua a rappresentare uno dei mercati, per così dire, più fruttuosi in termini economici e dai minori rischi (se paragonato a quello delle armi e della droga). Sarebbe opportuno che le istituzioni internazionali, europee in testa, decidessero d'intervenire con decisione e coerenza al fine di contrastare attivamente lo sfruttamento di migliaia di persone e che spesso conduce solo a tragedie grandi e mute.

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