
Se volessimo individuare norme universali e trasversali che stanno regolando i consumi culturali di massa di questa strano primo quarto di ventunesimo secolo, finiremmo per incontrare ben presto l’ossessione diffusa con il passato. Può essere il passato remoto, che alimenta fortissime nicchie di retromaniaci di ogni genere d’arte, dal cinema della nouvelle vague alla new wave inglese o la bossa nova brasiliana – curiosamente, tre versioni della stessa espressione, che appare quantomeno ironica nel contesto del recupero nostalgico. Può essere il passato recente, che consolida la centralità di pochi potentissimi “instant classic” impossibili da schiodare dalle classifiche e dalle playlist – pensa a dischi come After Hours di The Weeknd, Persona di Marracash o Peter Pan di Ultimo, tutti dischi dei quali celebreremo il decimo anniversario come se fossero mai usciti dall’orizzonte degli ascolti maggioritari. Può essere un reboot, un sequel, un universo cinematografico o un ciclo omerico, o qualche altro tipo di ripescaggio commerciale di storie consolidate – come se l’epoca degli originali fosse finita, e a noi toccassero solo le repliche. L’incertezza è tanta, ma tutti siamo sicuri che con l’usato non si sbaglia mai. E lo dimostra AMOR di Achille Lauro, una canzone che si sta insinuando nelle orecchie di migliaia di ascoltatori con la forza di un sequel.
Il brano si è agganciato al successo del precedente singolo per lanciare la volata all’album, Comuni mortali, di cui è stato l’ultimo estratto uscito in concomitanza con la pubblicazione del disco, il 18 aprile scorso. Ma più che presentare la varietà (eventuale) di proposte musicali di quest’ultimo, AMOR ha rassicurato il pubblico: se ti era piaciuto Incoscienti giovani, ti piacerà anche questa nuova canzone. Con la serenata presentata al Festival di Sanremo, infatti, il nuovo pezzo ha in comune: l’atmosfera e la collocazione notturna; l’ambientazione romana; la convenzione epistolare e il “tu”; la motivazione del narratore (disperazione) e il suo atteggiamento (decadente, fatalista); perfino la tonalità (Si bemolle maggiore) e parte del giro di accordi sono identici. Ancora una volta, il modo migliore per acchiappare l’orecchio è servirgli ciò a cui è già abituato, il refrain di un refrain senza fine. In questo senso, il tormentone non è più una singola canzone di successo, ma un universo tematico, armonico e melodico nel quale siamo invitati a confondere una canzone con l’altra e ad assorbirne il valore non più come singole unità di senso, ma come flusso di concetti e contenuti con il quale entrare in sintonia: una vibe, come si direbbe oggi.
A dirla tutta, questa tonalità, questi giri, queste parole ricorrono in altri brani di Comuni mortali, come Walk Of Fame, e soprattutto Amore disperato. Lauro è arrivato a definire quest’ultima canzone come la prima parte di un trittico di brani, continuato con la canzone sanremese e terminato con quella qui in esame. E le somiglianze linguistiche e strutturali dei tre brani, per quanto realizzati da tre team di autori/produttori differenti, emergono chiaramente. Curiosa, peraltro, questa circostanza: nell’epoca in cui ci spaventiamo (in modo un po’ complottista) degli autori che firmano brani per “tutti”, perdiamo di vista la centralità della visione dell’artista, non come creatore ma come curatore, come direttore artistico e volto di un progetto, nel quale anche staff differenti possono riprodurre risultati molto simili. Insomma, non serve ingaggiare i soliti autori per avere i soliti brani. Eppure, l’indole emotiva dei tre pezzi di questo trittico è molto differente. AMOR, tanto per cominciare, ha come interlocutrice quella città che negli altri due brani fa piuttosto da sfondo. Insomma, è personificata (una prosopopea, tecnicamente): Roma è un’entità accogliente e rassicurante, un porto al quale approdare nonostante tutte le difficoltà e le pene. In un certo senso, Roma rappresenta l’inverso speculare dell’amore costantemente in bilico e straziante che Lauro è solito cantare. In questo modo, con un colpo di marketing forse involontario, Lauro rende propria un’espressione abusatissima, un anagramma/palindromo talmente diffuso e svuotato di senso da essere perfetto per un rapace dei simboli qual è il De Marinis. Ma nello specchio che ribalta le lettere della città eterna vediamo qualcosa di più.
Incoscienti giovani – dicevamo ai tempi del Festival – usava una linea melodica cromatica discendente per insinuare nell’ascoltatore un presentimento di fine ineluttabile, un lento discendere nel nulla. Riformulando e ricombinando accordi e melodie molti simili, AMOR parla invece di una rinascita costante, di un ciclo di cadute e risalite, che peraltro ben si sposa con la storia della città stessa. Il giro del brano, qui, ricalca un vecchio modello, non esattamente tra i più in voga al giorno d’oggi e che tuttavia abbiamo descritto per filo e per segno parlando di un successo di Angelina Mango: il famigerato “giro di Do”, cioè quella catena di accordi separati da un soddisfacente intervallo di quinta che il nostro orecchio è abituato a percepire come perfettamente risolti. In parole povere, gli accordi usati da Lauro (e da Dusty Springfield, e da Gino Paoli, etc) risultano gentilissimi alle nostre orecchie disperate di agganciarsi a qualcosa di solido e antico, un balsamo per tempi confusi: cioè, queste soluzioni musicali sono per noi, quello che Roma è per Achille Lauro, una consolazione, una carezza.
Grazie al suo ciclo ascendente, dai colori scuri a quelli più chiari, l’andamento del brano ci infonde anche una sensazione di conclusione, appropriata per il finale di una trilogia. Così, con lo stesso materiale di partenza, il terzo e ultimo episodio del racconto romanesco di Lauro ci dona un riscatto trionfale: nella canzone di partenza (Amore disperato) dominavano gli accordi minori e un movimento mancato; nella seconda (Incoscienti giovani) a indicare la strada era una discesa lenta e inesorabile; in questo epilogo ci sentiamo sollevati, eroici, pronti – come le comparse nel video – a cantare a pieno petto con gli striscioni e le sciarpe come fossimo allo stadio (o, piuttosto, al Circo Massimo, il 29 giugno o il 1 luglio prossimi).
Così, con la scusa di una storia da raccontare, quella del suo legame con Roma, Lauro ci ha servito in tre modi diversi tre set di ingredienti praticamente identici: e il pubblico, sufficientemente convinto dalle tre diverse disposizioni e ricette, ha scorpacciato con gioia i tre pasti. Al momento, AMOR risiede nella top 10 dei singoli più streammati e più passati in radio e continua a macinare migliaia di views su YouTube. Dimostrando ancora una volta che i sequel sono l’investimento più sicuro per sfondare con un pubblico così preoccupato di guardarsi veramente allo specchio.
