Nino D’Angelo: “Coi primi soldi comprai casa a mia madre. Vendevo cassette porta a porta, ho sempre votato a sinistra”

Nino D'Angelo è un pezzo fondamentale della musica italiana degli ultimi quarant'anni. Italiana, non solo napoletana, come spiegherebbe con parole adatte Goffredo Fofi, critico e intellettuale scomparso qualche giorno fa a cui si deve la rivalutazione nazionale di Totò e del caschetto più famoso del Paese. D'Angelo, da San Pietro a Patierno, Napoli, è un artista che ha vissuto tante vite, diventato famoso negli anni 80, quelli del caschetto biondo, delle cassette false e di migliaia di persone che impazzivano al solo incontrarlo per strada, fino a un profilo più maturo, vicino alla world music, degli anni 90 e successivi, con partecipazioni al Festival di Sanremo e uno sdoganamento nazionale. Oggi racconta dei primi soldi che servirono a comprare casa alla madre, di quando vendeva le cassette porta a porta, del voto a sinistra e dell'amicizia con Diego Armando Maradona, Pino Daniele e Massimo Troisi.
Poche righe che non possono riassumere la sua carriera, e che forse servono solo a ripetere un pezzetto di Storia di un artista che sta riportando in giro per l'Italia le sue radici – con lo spettacolo I miei meravigliosi anni 80 -, canzoni come Maledetto Treno, Nu jeans e ‘na maglietta, Popcorn e Patatine e Napoli, per citarne solo alcune, incontrando un pubblico variegato, formato anche da tantissimi giovani: "I giovani amano molto i miei anni 80" ci dice al telefono mentre bada anche ai nipoti che gli chiedono di giocare coi dinosauri: "Mi sento come uno che ha fatto qualcosa per la città, per le mie origini".
Quand'è che Nino D'Angelo diventa Nino D'Angelo?
Io ho tanti difetti, però non sono uno a cui piace fare sempre la stessa cosa: vengo dalla sceneggiata, da Mario Merola, che era il re di questo genere, e io ero considerato il suo erede. C'era un problema, però, ovvero che io volevo arrivare ai giovani: la sceneggiata portava le persone più grandi a teatro, ma io mi sentivo un pesce fuor d'acqua, volevo un pubblico più giovane perché ero pop, non volevo rimanere chiuso in quella gabbia.
Quindi, cosa accadde?
Mi inventai questo genere nuovo e feci centro perché cominciai a fare una canzone italiana però pensata in napoletano o, se vuoi, scritta in napoletano e pensata per un pubblico più nazional-popolare.
Infatti i tuoi dischi si vendevano ovunque, nel Paese.
Esatto, si vendevano a Milano, a Torino, è vero che c'era tanto sud lì, però sono riusciti a entrare anche nel cuore di persone che non sono proprio di Napoli e questo per me è stato incredibile.
Quando ti sei reso conto che stava succedendo qualcosa?
Quando ho fatto il primo film, Celebrità. La sua uscita bloccò tutta la provincia di Napoli, fu allora che mi dissi: "Ma che sta succedendo?".

Prima di quel successo, invece, chi era Nino D'Angelo?
Venivo da una famiglia umile, molto povera ma ricca di valori. Sono nato in un quartiere di Napoli, San Pietro a Patierno, all'epoca lì la scuola era un optional, infatti ci andavo solo per non stare a casa. A fronte di tanta miseria, però, c'era anche tanta ricchezza di sentimento, la capacità di abituarsi alle piccole cose e di desiderare. Sai, desiderare è vivere, perché quando non si desidera più è finita. Per chi non ha niente, il desiderio diventava una cosa importante.
E quel ragazzo povero, come scopre di avere un talento?
Non lo scopro io, lo scoprono a scuola perché io ero un ragazzino anomalo, ascoltavo la canzone napoletana, mentre i amici miei ascoltavano i cantanti italiani, tipo Gianni Morandi e Rita Pavone.
E tu chi ascoltavi, invece?
Io sentivo Sergio Bruni, Mario Merola, Mario Abate, cantanti della tradizione napoletana. A scuola pure la professoressa si chiedeva da dove uscissi fuori: "Questo a 10, 11 anni canta le canzoni napoletane". Un giorno ero in classe a cantare, perché ai miei compagni piaceva quando lo facevo, facevamo le canzoni del Festival di Napoli, e quando la maestra entrò in classe io scappai al banco, ma lei mi chiese di continuare a cantare. Fu quindi lei, assieme al mio professore di religione, che mi scoprirono e mi diedero una mano.
Cosa fecero?
Il professore di religione mi portò all'associazione cattolica perché era il parroco della mia diocesi. E da quel momento ho cominciato a cantare nel coro della chiesa, a scrivere le parodie delle canzoni dei Beatles, insomma ho iniziato a capire che forse avevo qualcosa in più rispetto agli altri.
E come lo hai capito?
Perché tutti volevano me, avevo un carisma diverso, ero un po' il leader, ma non l'avevo deciso io, sono gli altri a deciderlo.

E i tuoi genitori come prendono l'idea di Nino D'Angelo cantante? Ti accompagnano in questo percorso?
Mia madre sì anche perché era più artista di me, le piaceva l'idea di un figlio cantante. Papà no, invece, perché ero il primo figlio, il più grande, e mi diceva: "Siete sei figli, tu sei il più grande, aspetto che tu cresca perché devi darmi una mano a portare la casa avanti". Aveva puntato molto su di me e io invece proprio mentre mi facevo grande mi innamorai della musica. Litigava spesso con mia madre perché lei diceva: "Gliela dobbiamo dare una possibilità a questo ragazzo".
E dove cantavi?
Mi facevano sempre cantare ai matrimoni dei parenti e visto che ogni volta riscuotevo un grande successo tutti dicevano a mio padre: "Vedi che devi fare con questo ragazzo, tiene talento", finché con una colletta familiare feci il primo disco.
E da lì partì tutto.
Erano gli anni delle radio libere, io facevo promozione e poi andavo a vendere i miei dischi nei negozi dicendo che ero il fratello di quello che cantava. Insomma, ho fatto un casino.
Andavi porta a porta a sponsorizzarti?
Sì, ho fatto veramente il porta a porta. Andavo nei negozi di dischi di Nocera, Pagani, della provincia di Salerno, di Napoli, insomma da chiunque vendesse i dischi, gliene lasciavo una decina e poi passavo per riprenderli, convinto che stessero ancora lì, invece i dischi finivano perché quando andavo in radio dicevo che se gli ascoltatori volevano, in quel negozio di quel paese potevano trovarlo.
Qual è stata la prima cosa che hai fatto coi primi soldi guadagnati?
Il mio sogno era comprare la casa a mia madre, sai, lei aveva difficoltà a pagare l'affitto. Il suo sogno era quello di avere una casa sua e così, il giorno dell'Epifania di un anno, gliel'ho regalata. Amo gli anni 80 perché mi hanno cambiato la vita: sono diventato papà, mi sono sposato, ho regalato casa a mia madre, sono diventato una persona benestante.
E per te, invece, cosa hai fatto?
La casa a mia madre era la cosa più bella cosa che potessi fare per entrambi, perché ho ridato il sorriso a lei e a tutta la mia famiglia, noi eravamo abituati a vivere e pensare come una comunità. Poi grazie al mio successo abbiamo vissuto tutti quanti meglio.
La fama dà un po' alla testa?
No, perché dentro di me ho sempre avuto paura che un giorno questa cosa potesse finire, per questo sono sempre rimasto coi piedi per terra, anche oggi che ho 68 anni. Certo, è bello vedere 5000 persone, tra cui tantissimi ragazzini che piangono, cantano le mie canzoni, mi fa scendere una lacrima ogni sera. Con l'età mi commuovo per poco, anzi, in questo caso direi per tanto.

Cosa ti commuove?
Vedere ragazzi dell'età dei miei nipoti che cantano le mie canzoni, non c'è una cosa più bella per chi fa il mio mestiere. Questo è il successo, secondo me. Ma il mio vero successo è oggi che ho capito di aver avuto tanto ma di avere dato qualcosa pure io: quante persone si sono innamorate con le mie canzoni? All'epoca per alcuni ero un fenomeno da baraccone, che prima o poi sarebbe passato, invece per strada ho incontrato persone che sono andate oltre al caschetto e hanno visto che sotto c'era una testa. Uno di questi è stato Goffredo Fofi.
Quel Fofi che il giorno della morte hai voluto ricordare e ringraziare con un post in cui scrivevi che ti ha cambiato la vita.
Goffredo mi ha cambiato la vita, ha dato dignità alla mia musica, è andato oltre il caschetto. Lui diceva che di Nino D'Angelo ha scoperto il musicista e l'ha fatto leggendo i testi delle canzoni. Persone come lui mi hanno fatto crescere, quando diceva delle cose belle su di me io mi sentivo stimato, mi ha portato a volermi sempre superare.
C'è stato un momento in cui hai pensato che quelle critiche non fossero infondate?
Sai, quando tu fai un successo come quello è difficile che ti fermi e pensi che hanno ragione loro, avevo i numeri dalla mia parte. Poi capisci che i numeri non c'entrano niente con l'arte, ma questo l'ho capito col tempo: una bella canzone è sempre una bella canzone e a volte non la capiscono tutti, a differenza di quanto avviene con la canzone commerciale. Quando avevo il caschetto avevo 20 anni e a quell'età un ragazzo mica può scrivere Senza giacca e cravatta! Poi man mano, col dolore, con la morte dei genitori, la morte di mia madre, la depressione, insomma, è uscito fuori il Gaetano che c'è dentro di me.
L'hai raccontato il periodo della depressione che, mi pare di capire, è servito a crescere.
La depressione mi ha aiutato a crescere perché mi ha permesso di scavare dentro di me, cosa che non facevo mai e soprattutto ci tengo a dire che è una cosa seria. Io sento gente che tende a definire depressione ogni cosa, a coloro che ce l'hanno veramente consiglio di andare dal medico e farsi curare, senza paura.
Negli anni '80 hai detto di aver subito razzismo, oggi te lo senti ancora addosso?
Eh, quando andavo al nord mi chiamavano terrone, ero il terrone d'Italia. Oggi è diverso, forse nell'ambiente musicale qualcuno ancora non ha capito quello che ha spiegato bene Fofi. Però se parliamo della gente, no, quella mi stima, addirittura mi chiama Maestro.
Che effetto ti fa passare dal caschetto all'essere definito Maestro?
All'inizio pensavo che fosse esagerato, ma oggi chiamano "maestro" tutti quanti, mica solo me. La parola si è sminuita, anche perché se io sono maestro, Riccardo Muti o Roberto De Simone cosa sono? Poi, figurati, quando mi chiamano così sono contento, ma non è quello il fine.
Qual è il fine, allora?
Il fine è essere stimato.

Che rapporto avevi con Diego Armando Maradona?
A parte il calciatore la cui grandezza è indiscutibile, come uomo Diego era una delle persone più belle che abbia conosciuto. Era come me, mi somigliava molto, venivamo entrambi dalla povertà, ognuno con la propria storia, nel senso che conoscevamo la stessa sofferenza.
Il vostro era un rapporto d'amicizia?
Sì, era un rapporto di amicizia, ci sentivamo, ci vedevamo a casa di Peppe Bruscolotti, la cui moglie, Mary, ci faceva spaghetti aglio e olio, che era il pranzo preferito di Diego. Abbiamo passato tante serate a casa di Bruscolotti, Mary aveva una stanza adibita a discoteca, a Diego piaceva molto ballare, e ci veniva con la moglie Claudia Villafañe. Per me Maradona è stata una bellissima persona, poi per quanto riguarda le debolezze e gli errori non spetta a me giudicare.
Quale canzone gli piaceva delle tue?
Andava matto per Napoli, Napoli, amava molto la musica italiana, però cantava molto anche le canzoni argentine. Diego è stato come una favola che mi hanno raccontato, a volte mi dico: "Cavolo, io ho conosciuto e frequentato Maradona".
Ci sono altri di cui lo dici?
Altri grandi personaggi erano Massimo Troisi e Pino Daniele.
Troisi lo frequentavi?
Con Troisi ci giocavo al pallone nella squadra della nazionale attori, mi portò lui.
Che tipo era Troisi fuori dalla quotidianità?
Come tutti i comici era al contrario, sembrava triste. Però Massimo ti faceva ridere con la sua tristezza, era un po' come Totò. Era una comicità amara, e in quel modo diceva delle cose tostissime. Sono nato in un'epoca di personaggi troppo forti.
E Pino Daniele?
Pino mi fece cantare al suo concerto nel 2008, cantammo Donna Cuncetta. Pino era un grande, lui parlava con la Parlesia (la ligua segreta che i cantanti napoletani usavano per parlare tra loro, ndr), quando stavi con lui non sentivi mai che parlava in maniera normale, usava sempre espressioni come ‘o bagone (persona inetta, ndr), ‘o jammo (l'uomo, ndr), ‘o jammo a cautte e a lautte (la persona a destra o a sinistra, ndr).
E riuscivi a stargli appresso?
Beh, sai, la parlesia per i cantanti napoletani di galleria era normale. Sai che nella Galleria Umberto c'era proprio il mercato dei cantanti?
Ovvero?
La Galleria Umberto a Napoli conteneva un mercato dei cantanti, c'erano gli impresari che si incontravano il martedì e venerdì e se volevi fare una festa di piazza andavi lì e trovavi l'impresario che te la organizzava o il cantante di cui avevi bisogno.
È vera la storia per cui eri vicino al PCI di Berlinguer?
Sono nato in una casa in cui c'era mio nonno comunista, però io ero piccolino, avevo 5-6 anni, non ne capivo molto ma facevo il tifo per lui che mi faceva crescere con delle idee operaie. A volte gli chiedevo chi fossero questi comunisti e lui diceva: "È gente che la pensa come noi", però non mi diceva mai noi come la pensavamo (ride, ndr). Ero un tifoso più che un comunista perché non conosceva la storia.
Ma votavi a sinistra, no?
Certo, sono stato sempre un uomo che ha votato a sinistra, sono stato amico di Antonio Bassolino quando fu Sindaco di Napoli, per esempio. Simbolicamente Berlinguer è una persona che stimo, una persona per bene. Tanti anni fa esistevano i veri politici, quando vedevi uno come lui vedevi un difensore dei piccoli, dei diritti. Esisteva un senso di comunità, quello in cui, come ti dicevo, ho vissuto anche io.
L'idea della comunità e non dell'esclusione, per anni hai criticato chi ha fatto dell'esclusione un'arma politica.
Per me esistono le persone, non mi importa del colore della pelle, se sei maschio, femmina, omosessuale, non esiste tutto questo. Per me davanti a tutto c'è la persona.

Oggi ti senti rappresentato?
No, non mi sento difeso come cittadino, ma è un discorso generale, non parlo di Governo o opposizione. Io credo che bisogna cominciare dai giovani, loro devono essere responsabili della propria vita.
A proposito di giovani, ce ne saranno un po' anche ai concerti che terrai a settembre a Piazza del Plebiscito…
Sì, faccio due serate al Plebiscito, avrei dovuto chiudere il mio tour degli anni 80, però ci chiedono repliche ovunque. A Napoli abbiamo riempito la prima data e faremo due pienoni esagerati. Devo baciare le mani a tutte queste persone che vengono a vedermi, perché mi stanno facendo passare una bella vecchiaia.
I prossimi concerti di Nino D'Angelo:
- 17 luglio – Firenze – Villa Demidoff (“MusArt”)
- 18 luglio – Genova – Arena Del Mare Porto Antico Di Genova, nell’ambito dell’Live in Genova Festival
- 20 luglio – Campobasso – Area Eventi Nuovo Romagnoli
- 23 luglio – Roma – Cavea, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone
- 26 luglio – Barletta – Fossato del Castello
- 1 agosto – Agrigento – Live Arena
- 2 agosto – Messina – Villa Dante
- 8 agosto – Porto Recanati (Macerata) – Arena B. Gigli, nell’ambito di Arena in Concerto
- 9 agosto – Lignano Sabbiadoro – Arena Alpe Adria
- 11 agosto – San Pancrazio Salentino (Brindisi) – Forum Eventi
- 12 agosto – Acri (Cosenza) – Anfiteatro Romano
- 13 agosto – Cirò Marina (Crotone) – Mercati Saraceni
- 17 agosto –La Spezia – Piazza Europa
- 19 agosto – Apricena (Foggia) – Suonincava, Cava dell’Erba
- 22 agosto – Pescara – Porto Turistico
- 11 settembre – Napoli – Piazza del Plebiscito
- 12 settembre – Napoli – Piazza del Plebiscito