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Francesco Di Bella: “Canto l’amore contro la nostra società individualistica e divisiva”

Francesco Di Bella ha pubblicato un nuovo album solista, Acqua santa, che è una sorta di concept album su un amore maturo e, allo stesso tempo, è un disco politico. Ne abbiamo parlato col frontman dei 24 Grana.
A cura di Francesco Raiola
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Francesco Di Bella - foto di Thru Collected Studio
Francesco Di Bella – foto di Thru Collected Studio

Si chiama Acqua santa il terzo album di inediti di Francesco Di Bella, songwriter che ha scritto la storia della musica italiana coi 24 Grana. Quelle del cantautore napoletano sono canzoni che parlano d'amore, ma fortunatamente fuori dai cliché di cui ci inonda il pop contemporaneo: queste sono canzoni che raccontano un amore duraturo, fatto di sentimenti fortissimi, ma anche di difficoltà e cadute, l'amore che muta come metafora della società che ci circonda, perché talvolta l'amore può essere politico e Francesco Di Bella ci spiega il perché in questa intervista: "Ho sentito questa necessità di guardare il buono che abbiamo intorno e l'ho trovato in valori un po' più antichi, come altruismo, carità, spirito di sacrificio, quelli dei nostri nonni e che attualmente sono visti quasi come disvalori".

Acqua santa è un album sull'amore, non sull'innamoramento, come siamo abituati a sentire, però, ma su un amore maturo, che dura, che affronta anche difficoltà e tempeste. Come nasce questa sorta di concept?

Nasce di conseguenza al discorso portato avanti con ‘O Diavolo, in cui guardavo gli aspetti più individualistici e narcisisti nella società, mi soffermavo su tutte le cose più divisive. Questa volta, invece, mi sono soffermato proprio a osservare le cose che più ci possono unire in un momento in cui la società è estremamente fratturata. Ho sentito questa necessità di guardare il buono che abbiamo intorno e l'ho trovato in valori un po' più antichi, come altruismo, carità, spirito di sacrificio, quelli dei nostri nonni e che attualmente sono visti quasi come disvalori, come segni di debolezza. Al contrario io penso che siano proprio quelli da cui ripartire per risanare tutto quello che c'è in noi, e poter fare un discorso intorno alla pace e contro la guerra, oltre che quelli che riguardano le nostre relazioni più intime, insomma, poter gettare dei ponti importanti per essere uniti e non divisi questo è il concept che c'è alla base.

"Nuje simme arrivate cà perché ce capimmo ancora, senza parla". È una storia di cadute e risalite proprio come la società.

Sì, questa cosa attraversa un po' tutte le canzoni, anche se chiaramente partono da un qualcosa di molto intimo e vicino, da quella che è la mia vita relazionale, fino ad allargare e fare un discorso più generale. È chiaro che parlando d'amore in questo senso puoi anche essere tacciato di retorica, però io credo che non farlo significa semplicemente mettersi un bavaglio e fare poi il gioco di chi rema contro queste cose, vuole una società più individualista, più divisiva, mettendo in discussione valori – quelli che ti dicevo prima – che sono, tutto sommato, molto importanti.

È questo il motivo per cui lo racconti come album politico, alla fine? 

Sì, come si diceva una volta "personale è politico", nel momento in cui metti in gioco te stesso e comunque estendi al pubblico quella che è la tua sfera privata, diventa immediatamente un atto anche politico, specie se cerchi di fare l'umore con delle affermazioni che tutto sommato sono forti perché sono in controtendenza.

Quest'album nasce come concept oppure alla fine hai trovato un filo rosso che ha unito le canzoni?

Nasce un po' come concept perché, alla fine, quando faccio un disco mi piace avere un filo rosso che lega le canzoni. Era successo con Nuova Gianturco, poi con ‘O Diavolo, era successo in passato con Metaversus dei 24 Grana, insomma mi piace che i miei dischi siano un po' come dei libri, che abbiano dei capitoli che sono le canzoni.

Hai lavorato insieme a Marco Giudici, come è nato e come si è sviluppato il rapporto sia con con lui che con Alice dei Thru Collected?

Cerco di avere sempre le antenne molto dritte e puntate verso la nuova scena italiana alternativa, chiamiamola così, e in questo modo mi sono approcciato al lavoro di Marco Giudici e ai Thru Collected. Con Marco, in particolare, il disco è stato composto a quattro mani, perché gli ho dato veramente grande fiducia e massima apertura alle sue idee. Sono stato felice perché mi ha restituito questa fiducia con grandi dosi di creatività; quelli che volevo fossero i timbri e le tinte del discorso alla base di Acqua Santa erano anche il senso della misura e la sobrietà perché sono valori che in qualche modo corrispondono anche a questo tipo di atteggiamento e Marco è stato molto bravo, secondo me, proprio a misurare i gli arrangiamenti, quelli che erano i timbri, gli strumenti, eccetera.

E ovviamente c'è sempre la tua enorme passione per la musica alternativa americana.

Sì, diciamo che poi gli input partono sempre da là, le reference che avevo dato a Marco riguardavano i dischi solisti di Damon Albarn, ma anche alcuni lavori di Kevin Morby, che è un altro appassionato di Bob Dylan come me, in particolare quell'album che si chiama Sundowner e che è molto intimo, misurato, sobrio e quindi sì, il cantautorato americano è un po' la pietra angolare della mia scrittura, sicuramente tante cose partono anche da lì.

Queste tue reference, alla fine, sei sempre riuscito a non farle sembrare derivative…

Questo forse è il mio unico talento, nel senso del prendere tanto dalle cose che ascolto perché sono innanzitutto un appassionato e un ascoltatore di musica e, in qualche modo, riuscire a metabolizzare e non mascherare le influenze.

Prima parlavi della nuova scena, dei giovani, mi permetto una domanda intima: i tuoi figli come vivono la tua storia musicale? Che rapporto c'è tra loro e la tua musica?

Beh, la più piccola, Sofia, è diventata una grande fan di 24 Grana e nonostante abbia 13 anni mi ascolta veramente spesso. È stata anche in tour con noi l'estate scorsa, quindi lo vive veramente con estremo piacere. Il più grande invece la musica l'ha vissuta forse con un po' più di antagonismo e quindi si è dedicato ad altri generi, lui è un grande fan di Geolier, ascolta la trap.

Che ne pensano del padre che viene fermato per strada…

Diciamo che a entrambi fa anche piacere che ci sia qualche genitore che conosce la mia storia musicale: con mio figlio andiamo spesso allo stadio ed è capitato che qualche volta in curva m'hanno fermato, la vivono piuttosto bene.

Parlando di giovani, come si può raccontare quella lunga storia dei 24 Grana, all'interno di un contesto musicale, italiano, no, oggi?

Io credo che sia ancora abbastanza attuale, perché tutto sommato all'epoca non ci siamo mai chiusi in un cliché, il fatto di ricercare sempre nuove forme di espressione, nuovi stili, ci ha sempre ringiovaniti fino ad arrivare agli ultimi concerti che abbiamo fatto quest'anno dove abbiamo visto una bella presenza di gioventù e questo penso sia dovuto al fatto che abbiamo sperimentato sempre tanto.

È ancora piacevole scrivere o è diventato faticoso?

Oggi ci metto più tempo a metabolizzare quelli che sono gli ascolti, le letture, le riflessioni che faccio sulla società e quindi mi ci vuole più tempo per scrivere. Però questa è una cosa che accetto tranquillamente, perché alla mia età fai tutto in maniera più pacata. Penso anche che sia la cartina di tornasole dell'età che vivi mentre all'epoca, negli anni 90, era tutto un po' più frenetico.

Cosa ti incuriosisce della musica di oggi? Cosa ti colpisce?

Mi colpisce sempre la contaminazione, quegli ibridi tra passato e contemporaneità che ho letto, ad esempio, nei Thru Collected in cui c'è questo spirito anni '90 presente in alcuni di loro, col post rock che si sposa con l'hyperpop, è bello vedere queste cose. Ultimamente anche La Nina mi è piaciuta molto, l'idea di combinare tradizione, quindi quasi una ricerca alla De Simone, La nuova compagnia di canto popolare, con la contemporaneità, l'uso di strumenti più vecchi e modalità nuove, tipo l'autotune.

Qual è la canzone invece di Acqua Santa che hai scritto più d'istinto e quella a cui hai voluto lavorare di più?

Sicuramente Stella che brucia è una delle canzoni che mi fa tanto anche quando la suono e la canto, perché è un momento della relazione che quando decidi di metterlo a disposizione degli altri ti crea sempre un po' di soggezione, mentre Menamme ‘e mane è la canzone che mi piace di più perché è quella che riesco a cantare con maggiore felicità e leggerezza.

Tra l'altro Stella che brucia è quella con Colapesce, che è il secondo featuring dell'album, c'è un immaginario comune che vi lega?

Sì, questa era una vecchia promessa che c'eravamo fatti ai tempi del tour di Infedele (album di Colapesce, ndr) che poi ha trovato compimento anche grazie al fatto che Lorenzo segue il lavoro di Marco Giudici, quindi ci siamo trovati un po' tutti a convergere nello stesso punto. Così è venuta fuori questa bellissima interpretazione di Lorenzo, che ci ha dato anche consigli sulla produzione, quindi è entrato veramente a piene mani nel il lavoro di produzione della canzone.

Tra un po' ripartite con la parte estiva del tour, immagino…

Sì, ci saranno festival e sarà sicuramente bello vedere come rispondono le canzoni ad ambienti diversi da quelli più tranquilli dei club e dei teatri.

Cambierete qualcosa?

Sì, penso che la scaletta cambierà un po', ci stiamo ancora riflettendo, però non è ancora il momento. di pensarci

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