È morto Goffredo Fofi, l’intellettuale e celebre critico cinematografico aveva 88 anni

È morto all'età di 88 anni Goffredo Fofi, una delle menti più vivide della sua generazione, saggista, critico letterario e cinematografico, si è impresso nel panorama culturale italiano per il suo approccio controcorrente, totalmente non accademico e dall'impronta fortemente comunitaria. Autore di testi noti e fondatore di riviste di spessore come Lo Straniero, Ombre Rosse, ha scritto anche sui Quaderni Piacentini e collaborato poi con case editrici come Feltrinelli. Negli anni ha espresso la sua filosofia volta alla costruzione di una rete alternativa alla cultura del consumismo e dell'omologazione culturale. Come appreso da Fanpage, già ospedalizzato a seguito di una caduta, si è spento a causa di una crisi cardio-respiratoria.
Il pensiero di Goffredo Fofi: dedito all'impegno sociale e alla cultura
Contrario e preoccupato dall'imperversare dell'individualismo odierno, prediligeva il lavoro di gruppo, affinché nelle società si potesse intervenire in maniera fattiva, lavorando tra la gente. Questa sua visione lo aveva portato ad esaltare il valore, nonché il ruolo della cultura, delle arti e dello spettacolo, come strumenti non effimeri ma di profonda conoscenza dell'umano e del mondo, ritenendo che attraverso l'arte anche gli umili potessero emanciparsi. Una battaglia che ha combattuto strenuamente, circondandosi di chi, condividendo il suo pensiero, lo ha aiutato nella diffusione di questa filosofia. Questa fervida attenzione per la cultura è nata dalla sua famiglia d'origine che, pur essendo modesta, gli aveva trasmesso l'abitudine della lettura e anche del cinematografo, dove fin da bambino si recava piuttosto spesso.
Nacque a Gubbio, il 15 aprile 1937, frequentò le scuole con costanza e a 18 anni, dopo il diploma magistrale, partì alla volta della Sicilia per seguire l'operato del filosofo Danilo Dolci, attratto e interessato dalle sue battaglie a favore dei disoccupati e contro la mafia. Da questo momento, Fofi fonderà il suo impegno intellettuale sui principi di pacifismo e giustizia sociale. Negli Anni Sessanta si trasferisce a Parigi, dove collabora con la rivista cinematografica Positif, una volta tornato in Italia, a Torino, collabora con la rivista Quaderni Piacentini, per poi firmare un'inchiesta "L'immigrazione meridionale a Torino". È nel 1967 che fonda Ombre rosse, rivista in cui si sente forte il suo attivismo politico e culturale. Centrali, negli anni, gli articoli e le analisi su cinema e letteratura che gli hanno permesso di tracciare un percorso evolutivo della società italiana, mettendone in evidenza luci e ombre. Nel 1997 fonda la rivista Lo straniero, in cui si dedica all'arte, la cultura e a temi di rilevanza sociale. Sulle pagine di quest'ultima rivista, diretta fino al 2016, hanno trovato spazio nomi noti della cultura contemporanea da Nicola Lagioia ad Alessandro Baricco, passando per Roberto Saviano.

La visione politica di Goffredo Fofi
Negli Anni Sessanta Fofi si era dedicato, con zelo e passione, alla tutela dell'infanzia occupandosi nel suo periodo siciliano dei bambini che vivevano in uno stato di deprivazione e abbandono; operazione che poi riuscì a ripetere anche nel suo periodo napoletano, lavorando alla Mensa dei bambini proletari. Dal punto di vista politico, Fofi non era soddisfatto dell'evoluzione dei moti Sessantottini, sebbene fu uno dei primi a sostenerli proprio dalle pagine della sua rivista, Quaderni Piacentini, dove avevano abbracciato le sue teorie anche Piergiorgio Bellocchio e Grazia Cherchi. Secondo l'intellettuale umbro, infatti, le contestazioni vere e proprie erano durate solo pochi mesi, cedendo il passo alle imposizioni di una sinistra autoritaria di impronta comunista. Fofi, di fatti, ha sempre preso le distanze dal Partito Comunista perché riteneva che fosse animato da una vena conformista portatrice solo di intolleranza, in profondo contrasto con il suo spirito libertario. Era infatti seguace del filosofo liberalsocialista Aldo Capitini portavoce della non violenza. Da costui, infatti, fece sua una formula con cui sintetizzava il suo modo di pensare, la sua etica, ovvero "Non accetto". Si trattava di un rifiuto al potere imposto, alle forme di prevaricazione, distaccandosi dall'uso di una conoscenza superficiale che non permetteva una vera evoluzione del mondo e di coloro che lo abitano. Era fermamente convinto, d'altronde, che bisognasse evitare l'individualismo, che intendeva come un amplificatore del consumismo.
La riabilitazione di Totò e la critica cinematografica
Prolifica la sua attività nell'ambito della critica cinematografica che, infatti, rappresentava una lente d'ingrandimento per i fenomeni socio-culturali della contemporaneità e non solo. Nel 1971 scrisse, infatti, un saggio tra i più dirimenti della critica dell'epoca ovvero Cinema italiano. Servi e padroni. A Goffredo Fofi si deve la comprensione, nonché riqualificazione del personaggio di Totò, della sua comicità analizzata nei suoi vari registri e mettendone in luce le complesse sfaccettature. Nel 1968, infatti, pubblica "Totò, l'uomo e la maschera" aiutato dalla compagna dell'attore Franca Faldini, saggio che negli anni è stato più volte riveduto e aggiornato. Lo ricorda anche il Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che alla notizia della sua scomparsa scrive:
Ci lascia Goffredo Fofi, voce lucida, radicale e sempre controcorrente della nostra cultura. Amico di Napoli e dei napoletani, fu decisivo nel ridare la meritata grandezza a Totò. Una guida rara, che ci mancherà immensamente.
A lui si deve anche la riabilitazione di un'altra figura dello spettacolo napoletano, ovvero Nino D'Angelo, che lui definì, per primo, la "vera voce del sottoproletariato napoletano", dandogli così nuovo lustro ed evidenziandone le sue capacità.