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È morto George Steiner, gigante della cultura mondiale

È morto a 90 anni. Era il padre dell’umanesimo moderno, brillante critico letterario, intellettuale a tutto tondo. Nato in Europa e naturalizzato americano, Steiner, è stato uno dei più acuti osservatori della realtà contemporanea, delle sue nevrosi, dei suoi limiti, e dei suoi linguaggi. Tra i suoi ultimi libri, la riflessione su cosa stava diventando l’Europa.
A cura di Redazione Cultura
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Si è spento a novant’anni George Steiner, uno dei più influenti critici letterari del Novecento. Scrittore e saggista di origine austriaca, era nato a Parigi il 23 aprile 1929. Cresciuto in Austria in una famiglia ebraica, dovette allontanarsene alla fine degli anni '20 a causa del clima di antisemitismo. Nel 1940 emigrò negli Stati Uniti dove divenne cittadino americano, nel 1944, e iniziò i suoi studi universitari negli Stati Uniti. È stato membro dello staff del The Economist a Londra (1952-56), e nel 1966 ha sostituito E. Wilson come critico letterario per il New Yorker e ha collaborato al Times literary supplement. Ha ricoperto numerose cariche accademiche e dal 1974 al 1994 è stato professore di inglese e letteratura comparata all'università di Ginevra, dove poi è divenuto professore emerito. Nel 1994-95 è stato primo Lord Weidenfeld visiting professor of Comparative literature alla University of Oxford.

Scrive l'enciclopedia Treccani: “Cresciuto in una famiglia dove si parlavano correntemente inglese, francese e tedesco, educato dal padre a un profondo rispetto per i classici e per i grandi del pensiero, della musica, della letteratura e delle arti, secondo le migliori tradizioni di quell'ambiente ebraico mitteleuropeo, della cui rovina fu testimone durante l'infanzia, Steiner si è avvalso di un tale patrimonio per un'appassionata ricerca sulle origini della crisi della cultura europea occidentale”.

Tra i suoi libri più noti “Morte della tragedia” (1961) in cui individua nell'avvento di una società ormai assuefatta all'orrore, e quindi incapace di stupirsi, la causa della morte della tragedia, “Linguaggio e Silenzio”, “Le antigoni”, “Grammatiche della creazione”. In uno dei suoi ultimi volumi, intitolato “Una certa idea di Europa” (20o5) Steiner mette a fuoco l'identità di un continente che della diversità culturale ha fatto il tratto distintivo, e si interroga su come proteggere questo patrimonio di bellezza e umanità dal risorgere di antiche minacce – l'odio etnico, lo sciovinismo nazionalista, i regionalismi sfrenati – e da un nuovo incombente pericolo: l'omologazione culturale frutto della globalizzazione.

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