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Due anni senza Michela Murgia, Saviano: “Il tempo non cura, che schifo la morte che ti ho portata via”

A due anni dalla scomparsa di Michela Murgia, Roberto Saviano le dedica parole cariche di emozione: “Il tempo non cura nulla, Mi hanno truffato. Io continuo ad aspettarti”. La scrittrice, morta a 51 anni per un tumore, resta un punto di riferimento culturale e umano per chi l’ha conosciuta.
A cura di Biagio Chiariello
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Sono passati due anni da quel 10 agosto 2023, giorno in cui Michela Murgia si è spenta dopo aver raccontato con straordinaria lucidità la sua lunga battaglia contro la malattia. Oggi, a ricordarla, è Roberto Saviano, che con una lettera pubblicata su Instagram ha voluto condividere il peso di un dolore ancora intenso, mai affievolito dal tempo.

Saviano evoca un sentimento di attesa e mancanza che non conosce rassegnazione: “Mi avevano detto che il tempo sarebbe stato una cura, che mi avrebbe insegnato ad accettare la tua assenza… ma non è così. Non ho mai smesso di aspettarti.” Le sue parole dipingono un legame profondo, dove il ricordo non basta più: ciò che manca è il ritorno reale, il suono dei passi, la voce di Michela, l’odore della sua pelle e quel giardino, piccolo e prezioso, che Michela aveva potuto godere per un solo giorno con la sua famiglia queer.

Questa la lettera di Roberto Saviano per Michela Murgia:

"Mi avevano assicurato fosse una cura, lo scorrere del tempo.
Che mi avrebbe permesso di accettare di non vederti più,
di considerare ormai inevitabile non avere tue risposte.

Mi avevano garantito che, con il passare dei giorni,
sarebbe persino arrivata l’abitudine alla tua assenza.
Mi hanno truffato.

Non c’è abitudine. Non ho accettato nulla.

Voglio che si apra una porta, ora,
e che — dannazione — tu possa entrare in stanza
come si ritorna da un viaggio,
perché così ancora ti sto vivendo: in attesa.

Se questo non accade, Michela,
se non torni oggi,
non mi importa il ricordo,
inutili le pagine, mi hanno stancato le commemorazioni.

Ho bisogno del suono dei tuoi passi sulle scale,
di vederti, dell’odore della tua pelle,
della tua voce che risuona nel giardino
che hai goduto per un solo giorno
e che ora ha un meraviglioso bigliardino
che per nessuna ragione puoi ignorare.

Ma se non torni, Michy,

oggi non mi importa di ricordare niente.

Mi abbofferò di gocce, resterò tutto il giorno a letto sedato,
e che schifo, la morte che ti ha portata via.
Amen".

Accanto a questo ricordo intenso, si affaccia la voce di Costanza Marongiu, madre di Michela, che in un’intervista ha espresso il desiderio di custodire le ceneri della figlia. Pur ammettendo di non comprendere completamente la famiglia queer in cui Michela si riconosceva, Costanza ha dichiarato di accettarla, rivelando così la complessità e la profondità dei legami familiari, fatti anche di differenze e tensioni, ma segnati dall’amore.

Il ricordo di Michela, dunque, si fa doppio: da un lato l’amicizia e l’impegno civile condiviso con Saviano, dall’altro il legame materno, entrambe testimonianze di una figura che non smette di vivere nella memoria e nel cuore di chi l’ha amata. Non un semplice omaggio, ma un invito a mantenere viva la sua presenza, a non cedere alla sterile commemorazione, ma a sentire ancora la sua voce, la sua presenza, come se potesse varcare quella porta che ancora aspettiamo si apra.

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