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Di Maio è davvero bravo con le paronimie

Certi errori che consistono nello scambiare una parola per un’altra (‘paronimie’ o ‘malapropismi’) a volte riescono a darci uno scorcio su associazioni e prossimità fra concetti che altrimenti, in un parlare corretto e liscio, non verrebbero nemmeno considerati. Se fossero pensati e voluti, insomma, sarebbero poetici. Ne vediamo uno straordinario pronunciato giovedì da Luigi Di Maio a “W l’Italia”, che scambia ‘incombere’ per ‘incorrere’.
A cura di Giorgio Moretti
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Va ribadito: è sciocco irridere qualcuno, specie chi è investito di alte responsabilità politiche, per errori nel parlare e nello scrivere. Gli errori, che siano strafalcioni grammaticali o malapropismi (anche noti come ‘paronimie') si riprendono in maniera costruttiva e si passa oltre senza spenderci sopra altre energie. La tendenza all'irrisione e all'indignazione non consolida l'attenzione condivisa per l'espressione elegante e sorvegliata: la rende odiosa a chi sbaglia e a chi sostiene chi sbaglia, finché la tendenza all'errore non diventa oggetto di rivendicazioni fiere. Questo articolo dev'essere quindi letto senza fini derisori, anzi: voglio mostrare come certi malapropismi siano ponti fra concetti, e un veicolo (quasi) poetico che rende la comunicazione politica incisiva.

"[…] siccome noi stiamo mettendo il tetto di 100.000 euro, non ci interessano gli scudi penali per gli evasori perché sotto quella soglia le persone oneste che hanno difficoltà a pagare e che adesso possono pagare non incombono nei grandi problemi di indagini penali."

Lo trascrivo dall'intervista a "W l'Italia" di due giorni fa. Qui il verbo ‘incombere' non ci va, c'è poco da fare. Ci sarebbe stato magari il verbo assonante ‘incorrere', che significa giusto ‘venire a trovarsi in una situazione spiacevole'. Ed era questo che intendeva Di Maio: la non punibilità della dichiarazione infedele (lo ‘scudo penale‘ come la chiama pittorescamente) non poteva essere inserita perché superflua prima che immorale, se la soglia d'evasione contemplata dalla norma resta al di sotto della rilevanza penale, e quindi se già adesso la persona onesta non incorrerebbe nei grandi problemi di indagini penali.

Ciò che è curioso e bello, è che invece sono i grandi problemi a incombere sulla persona onesta: l'incombere ci racconta proprio un sovrastare minaccioso e allarmante, che toglie la pace, che grava sulla vita quotidiana. Insomma, la paronimia di incombono per incorrono non rende la frase meno trasparente, anzi: introduce l'inatteso in una struttura prevedibile di significati, sostituendo un incorrere notarile col cupo dramma dell'incombere che, bisdrucciolo, si allarga nel cuore metrico dell'endecasillabo ‘non incómbono nei gràndi problèmi‘.

I problemi nella comunicazione di Di Maio non sono certo questi piccoli tradimenti della norma consueta, che calcolati o schietti trasformano frasi informative, grige e dimenticabili in frasi appassionanti, accese e memorabili. Sono per esempio che a una domanda schietta seria e urgente di Greco come "Di Maio, ha scoperto di chi è quella manina?" abbia risposto, dopo una lunga introduzione, "Io le dico a questo punto che il problema è politico, non c'è più il tema del testo". Che sul dizionario si legge ‘scantonare, svicolare'.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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