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Dario Fo e il Premio Nobel, fra incomprensioni e polemiche

Dario Fo è morto. Attore, sceneggiatore, è stato tra i Nobel per la letteratura più discussi di sempre: troppo impegnato, troppo esplicito, troppo poco convenzionale.
A cura di Federica D'Alfonso
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Il Maestro Dario Fo
Il Maestro Dario Fo

È scomparso, all'età di novant'anni, il Maestro Dario Fo. Nato nel 1926 a San Giano, vicino Milano, Dario Fo aveva scoperto la sua vocazione per il teatro recitando, quasi per caso, in alcuni locali frequentati da studenti e giovani artisti, negli anni Cinquanta. Ma il teatro di Fo non è, nemmeno all'inizio, e non sarà mai, quello convenzionale: Dario Fo porta sulle scene la politica, la satira, quella davvero pericolosa, e i difficili anni della contestazione. "Isabella tre caravelle e un cacciaballe", "Settimo: ruba un po' meno" e "La colpa è sempre del diavolo" non sono spettacoli che tutti digeriscono, e, dopo aver abbandonato la RAI che per venticinque anni non lo farà lavorare, Dario Fo continua insieme alla moglie Franca Rame a dedicarsi al teatro informale, quello dei circoli politici, delle fabbriche, delle scuole e delle università. Dario Fo, in questo periodo, è una voce scomoda.

In seguito la sua voce si modererà, ma intanto Fo affila le lame della satira: ed è la volta di "Mistero Buffo", che lo consacra quale personificazione del giullare moderno, come voce che fa rivivere la Commedia dell'arte. E che gli regala, sostanzialmente, il Premio Nobel. Si, perché la storia del Nobel a Dario Fo inizia da qui, fin dai suoi primi anni di teatro, fin dalle prime polemiche e censure: perché sempre, "seguendo la tradizione dei giullari medievali, ha dileggiato il potere restituendo la dignità agli oppressi", come recita la motivazione del Nobel stesso. Fu questa stessa forza, fu la stessa politica che contraddistingueva fortemente il teatro di Fo, a far gridare allo scandalo quando, nel 1997, l'accademia di Svezia decreta lui vincitore dell'ambito riconoscimento per la letteratura.

Il Nobel a Fo? Uno scandalo!

Personalmente, non riesco a disgiungere la mia attività di commediografo da quella di scenografo, costumista, regista, interprete. Persino quando lo spettacolo è già andato in scena continuo a svolgere il lavoro registico, nel senso che talvolta improvviso e, per conseguenza, devo aiutare gli attori a seguirmi, improvvisando a loro volta. Intendo ribadire che io recito le situazioni, non le battute. Sotto tale aspetto credo di trovarmi nel solco, o nella tradizione, della Commedia dell'Arte.

Quello del 1997 non è un Nobel per la scrittura “puro”: è un premio che finalmente vuole riconoscere autorità e dignità alla parola recitata, e che vede nella figura di Dario Fo il più alto e nobile interprete di tale rivoluzione. Ma quello di Fo fu anche il premio più inaspettato e criticato della storia del Nobel. Fu il diciottesimo italiano e il sesto per la letteratura dopo Carducci nel 1906, Deledda nel 1926, Pirandello nel 1934, Quasimodo nel 1958 e Montale nel 1975, ma non fu salutato con altrettante celebrazioni. Molti, soprattutto in Italia, non condivisero la scelta degli Accademici di Svezia, commentandola molto polemicamente.

Ragioni ideologiche, in primis: Fo è di sinistra, e per giunta è un attore, cosa c'entra con la letteratura? Ci sono molti scrittori più meritevoli! La scelta da parte dell'Accademia Svedese prese in contropiede i molti rappresentanti della cultura italiana che, da anni, patrocinavano la candidatura del poeta e scrittore toscano Mario Luzi. Alcuni parlarono addirittura di un'offesa, e lo stesso Luzi, intervistato, affermò: "Come autore non lo conosco".

Ma le polemiche non si esaurirono nel lontano '97. Ogni volta che Fo risultava scomodo a qualcuno, e accadeva spesso, la “incomprensibile” decisione svedese tornava a far sentire le sue (scarse) ragioni: come accadde nel 2014, quando, in seguito alla censura dello spettacolo “Giotto non Giotto” che Fo avrebbe dovuto recitare ad Assisi, molti esponenti soprattutto politici fecero loro il motto “il Nobel a Fo non l’ho mai capito”.

Un premio per la gente di teatro

"Lu Santo Jullare Francesco", in scena a Bologna nel 2014
"Lu Santo Jullare Francesco", in scena a Bologna nel 2014

Ma Dario Fo se la rise anche in quell'occasione, accettando con infinita umiltà il riconoscimento e regalando all'Italia un pezzo indimenticabile di storia letteraria. Come sempre ironico, Fo stemperò gli animi raccontando di un episodio avvenuto la sera della premiazione: “Si concluse con il secco richiamo all'ordine di mia moglie: "Come arriviamo a casa, ti ammollo un sonnifero che ti farà dormire per almeno un paio di giorni. Cammina, che la festa è finalmente terminata".

Quello di Fo è stato, come lui stesso disse in cerimonia di premiazione, un omaggio e un premio per la gente di teatro: quella stessa gente che oggi piange la scomparsa di uno degli attori più importanti di sempre, di uno degli scrittori più irriverenti che la storia italiana abbia avuto il coraggio di raccontare. Dell'unico, vero, ultimo "giullare".

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