67 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Daniela Pes, rivelazione dell’anno: “Pensavo: chi ascolterà Spira? Non m’aspettavo questa risposta”

Si chiama Spira l’album d0esordio di daniela Pes che a pochi mesi dall’uscita ha vinto anche il Premio Tenco per l’Opera prima. Fanpage.it l’ha intervistata per fare un resoconto di questo 2023.
A cura di Francesco Raiola
67 CONDIVISIONI
Daniela Pes (Piera Masala)
Daniela Pes (Piera Masala)

Un anno fa il nome di Daniela Pes era praticamente sconosciuto ai più, poi a un certo punto è successo qualcosa: è uscito Spira, il suo album d'esordio e a quel punto tutto è cambiato. Nel giro di pochissimo tempo, la cantautrice sarda si è ritrovata non solo a essere sulla bocca di tutti, pubblico e critica, non solo a girare l'Italia in tour, ma anche a vincere il Premio Tenco per l'Opera prima. Se da una parte la produzione di Jacopo Incani, in arte Iosonouncane, che la pubblica anche con la sua etichetta, era un sigillo di qualità, dall'altra c'era bisogno di una album e delle canzoni che riuscissero a muoversi e camminare. Pes lo ha fatto con un album che lungi dall'inseguire qualche schema noto, è un unicum nel panorama musicale italiano, mescolando elettronica, cantautorato e tradizione gallurese, il tutto con un enorme lavoro sulla voce – Pes è laureata in canto Jazz ala Conservatorio di Sassari – e quel suo essere unica, ancestrale ma accessibile anche a un pubblico ampio e curioso ha permesso che questo progetto la lanciasse nel gotha del nuovo cantautorato italiano. L'abbiamo intervistata per tirare le somme di quest'anno magico.

Partiamo dalla fine: che anno è stato questo?

È stato un anno molto intenso per tutto quello che è accaduto attorno al progetto e a questo disco. Sicuramente non me l'aspettavo, è andato tutto oltre le aspettative, ho vinto il Tenco, certo, ma soprattutto ci sono tutti i concerti che ho avuto modo di fare da maggio a oggi, non ci siamo fermati un attimo. È stato sorprendente scoprire che a ogni concerto c'era tanta gente che conosceva il disco, sai, lo vedi dalle facce quando una persona è lì perché lo conosce e vuole viverlo nella dimensione live, e questa percezione l'ho avuta molto forte ed è quella, forse, che mi ha impressionato più di tutte.

Come l'hai sentito questo cambiamento?

Ho sentito il cambiamento nel mio quotidiano, perché gli ultimi tre anni, o comunque il tempo in cui ho scritto Spira, mi sono completamente alienata, ho vissuto sempre in Sardegna: mi ero trasferita a Bologna nel 2020, poi a marzo, con la pandemia, sono tornata a casa, ma le tempistiche sono state perfette perché mi serviva proprio quel tempo per scrivere ancora. Fondamentalmente sono rimasta molto concentrata solo su questo, l'obiettivo era finirlo e avrei potuto metterci anche altri tre anni, sarei andata avanti fino a che non si fosse verificato, davanti ai miei occhi, il raggiungimento dell'obiettivo. Quindi passare da tre anni di full immersion creativa e zero concerti a tantissimi concerti, uscendo, comunicando, esistendo, è stato molto potente.

Sei arrivata ai concerti immediatamente dopo l'uscita dell'album, come se fossi gettata subito nei risultati che stava avendo Spira.

Assieme alle opinioni e al percepire degli altri, anch'io mi sono resa conto di tante cose dopo la pubblicazione. Ed effettivamente la risposta è arrivata prestissimo, non ho mai pensato fosse un disco difficile o troppo intricato, oscuro, astratto e infatti la risposta sta arrivando ancora, alla fine sta risultando essere un disco che nella sua complessità di lavorazione è molto accessibile.

Cos'è che l'ha reso così accessibile?

Secondo me l'hanno reso accessibile la forma, la definizione che, anche grazie all'aiuto di Jacopo (Iosonouncane), siamo riusciti a ottenere: ho scritto tantissimo materiale e scegliere e scremare tutti quei momenti musicali che ho ancora nel cuore è stato difficilissimo. Con Jacopo abbiamo lavorato tantissimo a fine scrematura, dopo aver scelto i migliori momenti di questi tre anni di scrittura, siamo stati davvero tanto da lavorare su come dare forma a tutto il disco, perché è come se fosse un nucleo unico, un grande monolite da ascoltare dall'inizio alla fine. All'interno di questo monolite, però, ogni brano risulta essere compiuto, completo, fermo, credo che quello che fa arrivare così tanto il messaggio è il lavoro che abbiamo fatto sulla forma.

Ciò che unisce te e Iosonouncane è anche il non essere ben inseribili in una scena, ma di essere un unicum nel panorama nazionale.

Mentre stavo lavorando a Spira, Jacopo stava lavorando a Ira, però non abbiamo mai parlato di come lui stesse lavorando a questo disco e non mi ha mai fatto ascoltare niente, proprio per evitare di influenzarmi. Così come non mi ha mai chiesto niente sui testi che scrivevo, parlavamo solo di musica, di struttura, di arrangiamenti, di visione di suono. Il lavoro fatto sulla lingua tra Ira e Spira è molto diverso, perché Jacopo ha preso tantissimi ceppi linguistici diversi, ha scritto dei versi di senso, basandosi su una musicalità, però la musicalità dei testi di IRA è totalmente diversa da quelli di Spira. L'unica ragione che mi ha mosso verso la scrittura dei testi, verso l'integrazione delle parole alla musica era il suono, tutto il resto è arrivato dopo. Un aspetto che mi piace tantissimo della scrittura è, per esempio, l'interpretazione libera, senza confini, di quello che potrebbe darti un pezzo come Carme o Làira.

Non ami molto parlare dei tuoi testi, spiegarli, vero?

Non ho mai detto niente di specifico sui brani perché non ho mai avuto l'urgenza di scrivere delle cose specifiche o di raccontare una storia specifica. Ricordo perfettamente lo stato emotivo in cui mi trovavo nel momento in cui ho scritto ogni momento musicale del disco, ma dirlo svilirebbe tutto, non trovo il senso di aggiungere parole, anche perché quello che volevo dire è perfetto per me.

Anche sulla questione voce c'è una differenza, a te è centrale a differenza di quello che Jacopo ha fatto con IRA.

Da produttore, Jacopo ha detto fin da subito che la mia voce doveva essere centrale, doveva essere la colonna portante di tutto, avremmo dovuta farla emergere, non doveva insabbiarsi e questa cosa è giusta perché prima di tutto sono una cantante. Sarebbe stato un peccato non dare spazio alla mia vocalità, all'interpretazione, al lavoro sul timbro che ho fatto, a quello sulle intenzioni, sulla pronuncia dei fonemi, ho lavorato anche tanto sulla mia vocalità; per quello che riguarda i testi non è stato solo un lavoro sulle parole, sul suono della lingua, delle parole in sé, ma anche sul come io potessi riuscire ad amplificare la forza emotiva di quelle parole attraverso l'invenzione e l'interpretazione, la performance vocale.

Ho letto che prima di lavorare all'album stavi lavorando alla musica per alcune poesia galluresi…

Ho musicato tante poesie in gallurese arcaico prima di buttarmi a scrivere il nuovo materiale che poi è diventato Spira.

Ti trovi più a tuo agio nella libertà totale oppure hai bisogno di confini per esprimere meglio la creatività?

Sicuramente quello che è uscito fuori in Spira è un processo in cui la libertà era alla base del mio approccio, perché avevo bisogno di andare oltre, di sconfinare e di cercarmi, a un certo punto non capivo come dovessi esprimere, non avevo i mezzi e la capacità di capire come procedere per esprimere un qualcosa di forte che sentivo. Per questo ciò che mi sono detta, prima di tutto, è libertà, senza dubbio. Non mi ha mai soddisfatta il pensiero di scrivere secondo dei canoni o comunque delle canzoni con strofa-ritornello, già dalla base questo pensiero mi demoralizza e mi sento limitata, confinata e perché dovrei confinarmi a scrivere all'interno della forma canzone conosciuta tradizionalmente? Non sento questa esigenza, quindi il mio modo di scrivere mi concede tantissima libertà ed è anche per questo che Jacopo mi ha compresa così bene, perché lui ha tantissimo questo aspetto nella sua scrittura, cioè l'astratto, il divagare, lo sconfinare, l'andare oltre senza domande. Poi, ovviamente, un lavoro sulla forma c'è, deve esistere necessariamente, come è stato anche in Spira, però, a livello di scrittura, bisogna muoversi un po' d'istinto, lasciare che le cose vadano. Questo tipo di scrittura e di approccio molto libero ti regala tanta libertà, ma allo stesso tempo ti pone davanti tante porte da aprire, ciò che è molto difficile, quindi, è scegliere perché dopo una sezione, un frammento, un momento musicale, ciò che puoi trovarti davanti sono mille vie, e scegliere significa rinunciare.

Immagine

Facciamo un passo indietro, qual è stata la tua formazione? Come sei arrivata a Spira?

Io canto da quando avevo quattro anni, in famiglia ho sempre respirato tantissima musica perché mio padre credo sia la persona con più passione musicale che conosca, ha sempre suonato, a casa c'erano sempre degli strumenti musicali che potevo prendere in mano e suonare. Quindi ho sempre vissuto la passione e l'amore per la musica e questo mi ha portato a scegliere, dopo il liceo che ho frequentato nella cittadina in cui sono cresciuta, Tempio, a fare il Conservatorio. Io ho sempre cantato in tante occasioni, ho sempre condiviso il palco con musicisti e ho sempre avuto questa voglia naturale e spontanea: dopo il liceo in realtà mi sono iscritta a Giurisprudenza per un anno, ma non frequentavo molto, andavo a sentire da uditrice le lezioni di armonia di un professore che avevo conosciuto a uno dei tanti loro Nuoro Jazz a cui avevo partecipato da piccola. Mi ero innamorata di questo professore ed essendo nata a Sassari mi sono detta che forse la mia strada era la musica: che cosa potevo fare a Sassari a 19 anni? Iscrivermi al Conservatorio. Mi ha sempre molto affascinato come tipo di approccio alla musica, perché era molto libero, dava la possibilità di esprimersi e l'avevo vissuto ai seminari di Nuoro Jazz di Paolo Fresu, così ho completato il triennio in canto jazz.

Dopo cosa è successo?

Dopo il Conservatorio, essendo un po' più grandina, mi sono chiesta se nella vita avessi voluto fare musica come avrei dovuto fare. Mi sono detta: dovrò dire la mia a un certo punto! E quindi mi sono fermata e mi sono anche allontanata dai musicisti con cui suonavo all'epoca perché confondevano tanto la mia testa, mi sentivo sempre insoddisfatta, così mi sono fermata, mi sono guardata allo specchio, e ho detto che dovevo ripartire da dentro e per la prima volta mi sono davvero messa a scrivere cose totalmente mie. È stato in quel momento che ho scritto una mail a Jacopo, essendo lui l'artista più folgorante della scena italiana a tutt'oggi e per molto tempo. Avevo davvero tanto bisogno di poter avere un confronto con una testa musicale autorevole, alta, che stimassi e non poteva che essere lui, così gli ho scritto la mail ed è partito il nostro dialogo che dura ancora oggi.

Abbiamo parlato dell'arrivo improvviso ai live, ma questo successo immediato come l'hai vissuto? Com'è stato ricevere tutte queste attenzioni?

Ho difficoltà a spiegare quanto sono sorpresa di questa cosa, perché sono stati tre anni in cui per la prima volta mi sono cimentata a scrivere una cosa totalmente mia, ad avere in testa un progetto mio da portare avanti e perseguire un percorso artistico mio. Avevo molta paura perché si andava sempre più a profilare un disco non convenzionale, non categorizzabile in nessuno slot della scena italiana, però mi sono totalmente fidata anche di quello che mi diceva Jacopo che mi ha sempre incoraggiato a non mollare e a perseguire la mia idea fino in fondo, con ostinazione. In questi tre anni ho parlato praticamente solo con lui, non mi sono confrontata musicalmente con nessun altro, quindi sì, mi sono totalmente buttata a capofitto, sentivo che era la cosa più giusta, anche nei momenti più faticosi o più demoralizzati, perché ce ne sono stati.

Cosa ti spaventava?

A volete mi fermavo a pensare: ma chi è che ascolterà questo disco? Cioè, veramente le cose che sto scrivendo sono musicali per gli altri? Come arrivano al loro orecchio? Anche perché poi nella mia piccola cerchia di amici a volte ho fatto sentire le mie cose e le persone rimanevano un po' interdette, mi dicevano: "Sicuramente interessante, ma quand'è che ti metti a scrivere qualcosa in italiano?". Avevo paura, certo, non è che l'ho fatto a cuor leggero, anche perché tre anni sono stati tanti e in questo Jacopo è stato un grande supporto.

E nel prossimo futuro cosa succede?

Ne ho una vaga idea, inizio a percepire un sentimento dentro di me, ma non potrei mai definirlo, dire che cosa è, devo capirlo.

Per ora, insomma, non vivi con l'ansia di ciò che sarà.

Potrebbe assolutamente venirmi quest'ansia, però quello che ho pensato è che non ha senso, sarebbe deleteria per la mia creatività, per la mia libertà e per il mio istinto.

Anche perché hai avuto la dimostrazione che con un album come Spira gli ascolti sono arrivati…

Sicuramente ogni lavoro è diverso, ogni disco ha un animo diverso, non ho idea di quello che verrà, di come sarà rispetto a Spira, però anche questa cosa è sbagliata, perché è ovvio che i miei prossimi passi mi porteranno a un risultato diverso. Anzi, me lo auguro: che senso avrebbe fare un'altra Spira? Non sarebbe possibile e non avrebbe senso. Quindi mi auto auguro di riuscire ad evolvere il mio linguaggio, a renderlo sempre più solido e a essere sempre più consapevole della mia scrittura e delle mie capacità.

Che risposta hai avuto nel mondo musicale?

Vedere che è arrivato tanto anche a dei musicisti che io stimo tantissimo mi fa piacere. È come se Spira avesse avesse messo in ordine tutte le cose che ho fatto di diverso nella mia vita: dal jazz ai progetti un po' più alternativi, ho sempre suonato in varie situazioni diverse, è come se avessi messo ordine a tutte le cose che avevo iniziato e lasciato andare nella vita, poi ho conosciuto Vinicio Capossela, che mi ha invitata a salire sul palco assieme a lui, lui è il mio primo amore della musica, c'è stato Bollani che mi a invitato a suonare un pezzo scritto da me con lui, che per me è un punto di riferimento assoluto della musica italiana. Meglio di così fino a oggi non potevo immaginarmi.

C'è stata qualche risposta al di fuori dei confini italiani?

Qualcosa sì, qualche risposta c'è stata, mi renderebbe molto felice il fatto di poter sconfinare la nazione, e poter andare a vedere quale sarebbe la reazione e la percezione, fuori dall'Italia, di quello che ho fatto. Anche perché con un disco del genere tutto è possibile, è abbastanza possibile farlo e io non ho mai voluto fare musica per l'Italia o per stare in Italia, non è mai stato un mio desiderio, anzi, più è universale quello che scrivi e più nobile è.

67 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views