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Come Guè ha fatto della malformazione alla palpebra il punto di forza del racconto a Belve

Ospite a Belve di Francesca Fagnani, Guè ha raccontato del suo rapporto con la blefaroptosi, una condizione congenita che impedisce l’apertura completa della palpebra superiore dell’occhio. Andiamo a osservare come negli anni è diventato uno dei punti di forza della sua comunicazione.
A cura di Vincenzo Nasto
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Gue via Rai, 2025
Gue via Rai, 2025

La presenza di Guè a Belve non può più essere definita una novità nel racconto del rap italiano nella sua dimensione mainstream, e ancor di più, legata ai canali di distribuzione non proprio affini alla sua natura. Come non può essere sottovalutato il calibro anche dei primi minuti dell'intervista, disponibile su Rai Play, condotta da Francesca Fagnani che tocca confini ancora sabbiosi sulla figura di Guè. Infatti, nella maturazione del personaggio, da alcuni anni il rapper sta cercando di ridefinire la narrazione sulla sua blefaroptosi, una condizione congenita che impedisce l'apertura completa della palpebra superiore dell’occhio, nel suo caso il sinistro. Infatti è possibile trovare nelle sue ultime interviste, come nel podcast Mille Pare con Alessia Lanza, ma anche nel dissing con i Me Contro Te, ripreso nell'intervista al BSMT di Gianluca, una riflessione sul bullismo subito in età adolescenziale, ma tutt'ora mai sopito.

Guè e la sensibilizzazione a Belve sul bullismo ricevuto per la blefaroptosi

Proprio nell'intervista di Francesca Fagnani, che riprende anche le parole di Business "Ho un occhio guercio perché il diavolo sta nei dettagli", Guè spiega il rapporto con la condizione che ha cercato di "trasformare in forza negli anni". Un tratto distintivo con cui Fagnani gioca, proprio come nei centinaia di soprannomi del rapper, affibiandolo a "JFKGuè". Uno strumento, quello dei soprannomi di Guè, che negli anni ci ha regalato Guesus, Guersace, Gueddafi, Hugh Guefner, Gordon Guekko, Guenthoven, Guevchenko, Guè di Nazareth e centinaia di altri titoli. Ma se dovessimo riprendere quello che ha ridefinito, soprattutto nel suo rapporto con il suo aspetto estetico, ci sarebbe naturalmente il Guercio. Nell'intervista spiega l'utilizzo, a tratti dispregiativo, con cui veniva utilizzato nei suoi confronti: "È un mio difetto fisico, per questo Guercio". E nell'opera di sensibilizzazione odierna rispetto al bullismo subito negli ultimi 20 anni di presenza nella scena musicale italiana, vediamo solo adesso i primi risultati, o almeno il primo tentativo di riflettere anche su questo aspetto della sua persona.

I brani in cui è contenuto il soprannome Guercio di Guè

E non solo perché Guercio è presente in tanti testi della sua discografia. Si potrebbe partire dal 2003, quando con l'uscita di Mi Fist dei Club Dogo, ci sono Qualcosa in Mente in cui canta: "Il Guercio: Due PM sbadiglio, risveglio, in testa scompiglio" o Note Killer "Chiedi del Guercio ha una camicia hawaiiana" o Cronache di resistenza con "Il Guercio: Sa, sa provo il microfono Never Give up". Poi il passaggio in Ora che ci penso in Vile Denaro "In un mondo di ciechi Il Guercio è il solo re", fino ad arrivare alla carriera da solista con Grezzo nel 2011, contenuto in Il Ragazzo D'oro: "Il Guercio rima da quando mio fratello era già dentro". Tra i più recenti, in Guesus, c'è anche la citazione in Lunedì Blu con Salmo, dove canta: "Ho un occhio guercio, ma ci ho sempre visto lungo". In totale, escludendo i mixtape in cui è presente, inclusi i FastLife, il termine "Guercio" appare in almeno 14 brani, ma è facile intuire che questo numero potrebbe essere più elevato. Una caratteristica, uno statement del suo immaginario che fa il paio solo con la cit "Rimo da quando", presente anche nell'ultimo album dei Club Dogo.

Come Guè è riuscito a ribaltare i luoghi comuni dell'hating online

E negli anni, oltre alla continua citazione del suo tratto distintivo, Guè ha ribaltato anche la natura degli hater che appaiono nei suoi commenti. Da ormai 20 anni dileggiato soprattutto sui social network, l'autore ha creato un proprio segno distintivo nel confronti dei commenti di poco gusto, a tal punto da aver creato un sistema in cui il pubblico chiede di essere "insultato" dal rapper. Esattamente. E come nel caso del bullismo subito per la sua blefaroptosi, anche in questo caso Guè è riuscito nell'intento di sensibilizzare sul tema dell'hating online, senza neanche minimamente ricercarlo. Stiamo parlando della stessa persona che è riuscita a ribaltare il concetto, negli anni, del "venduto", una delle accuse più deprimenti e ripetute che ruotano attorno ai rapper, soprattutto del passato. Guè è riuscito a trasformare le accuse di monetizzazione in un termine, come la "grattata", di cui il rapper detiene i diritti in Italia.

La distinzione tra persona/personaggio e la denuncia nel 2010 con i Club Dogo

Rincorrendo da anni l'immagine pubblica e la musica di Guè, è difficile distinguere nitidamente la frattura tra Persona/Personaggio (ammesso che ci sia stata in passato): mentre appare sempre più evidente come la condizione palpebrale sia diventato un punto di forza nel suo racconto, soprattutto negli ultimi anni. Soprattutto se, facendo un salto indietro nella sua discografia, possiamo osservare alcuni tentativi: possiamo citare Il sole e la luna, brano del 2010 dei Club Dogo. In quel brano, Guè cantava: "Da piccolo piangevo, mi chiamavano lo sguercio, tu dicevi che era meglio essere unico e diverso, poi mi hanno segato, poi mi hanno sgamato, qualcosa mi ha segnato, non sono come tu avevi sognato".

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