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Che cosa sono i ‘fasci’ che danno il nome al ‘fascismo’?

C’entra il richiamo a delle figure istituzionali e a degli oggetti che hanno attraversato la storia romana probabilmente già dall’era monarchica fino a quella imperiale: i littori e i fasci littorî. Ma il motivo ispiratore di questo nome non c’entra direttamente con Roma e ha origine nella nostra storia ottocentesca.
A cura di Giorgio Moretti
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In latino fascis significava il nostro ‘fascio': un insieme di oggetti, specie lunghi e sottili, legati insieme per tenerli ordinati, per trasportarli con facilità. Pensiamo a dei rami. E proprio per questo carattere di trasportabilità diventava anche il bagaglio, il fardello. Però quando era detto al plurale diventava molto specifico, e descriveva un fascio particolare, il fascio littorio.

Si trattava dell'armamentario del littore, che possiamo immaginarci come una guardia del corpo dei più alti magistrati romani. Pare che l'usanza fosse etrusca, ed è plausibile che questa figura sia stata introdotta sotto i Tarquini, gli ultimi tre re di Roma, che erano appunto etruschi. Solo i magistrati dotati di imperium erano assistiti dai littori: l'imperium era un potere, con una peculiare sfumatura regale e militare, che consisteva nel poter dare ordini facendoli eseguire o rispettare con le cattive (ad esempio, ordinariamente, nelle prime fasi della Repubblica, solo i due consoli e il pretore ne erano dotati).

Il braccio armato dell'imperium di questi magistrati erano i littori, dicevamo armati coi loro fasces. I loro fasci consistevano in un insieme di verghe piuttosto lunghe con cui potevano picchiare i riottosi, e in generale chiunque il magistrato ritenesse di picchiare. Insieme a queste verghe era stretta anche una scure: l'imperium poteva spingersi fino all'uccisione (tranne che dentro il pomerio, la cinta sacra di Roma, entro la quale i littori non portavano la scure: i cittadini non potevano essere giustiziati direttamente, avevano diritto alla provocatio ad populum, a rivolgersi al popolo per scamparla). Non è difficile intendere perché il fascismo abbia trovato nel sibolo del fascio littorio un richiamo gagliardo a quella Roma potente e autoritaria di cui vagheggiava il ritorno. Ma si tratta di un'eco ripresa a valle: il nome del fascismo non viene direttamente da qui.

La formazione del Partito Nazionale Fascista (1921), scaturisce da quella dei Fasci italiani di combattimento (1919), che a loro volta nascono dal Fascio d'azione rivoluzionaria (1914). Il termine ‘fascio' ai tempi descriveva genericamente un'associazione di gruppi politici: ad esempio il Fascio d'azione rivoluzionaria prendeva il suo nome dal Fascio rivoluzionario d'azione internazionalista, un fronte politico interventista aggregatosi allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Ma prima ancora, nel 1891 (e forse sono i primi fasci celebri) sorsero i Fasci siciliani, un movimento proletario opposto ai latifondisti. ‘Fascio' era quindi un nome comune di organizzazione politica.

Alla base di questa estensione di significato del termie fascio possiamo pensare che ci sia comunque il fascio littorio, non per la sua marca autoritaria, ma per il suo essere un simbolo di potere aggregato. Infatti da tempi non sospetti lo troviamo su tanti stemmi in giro per il mondo, pensiamo al National Guard Bureau statunitense. Ma anche senza il riferimento al fascio littorio, l'idea di un fascio che stretto insieme è incomparabilmente più forte dei singoli fusti che lo compongono vale a darci con intensità l'idea generale di un fascio quale associazione di associazioni volte a un fine comune.

Bellissime immagini, bellissimo significato; ma come quello della svastica, è stato rovinato per sempre dal marchio di gente malvagia. Fortuna che di bei simboli è pieno il mondo, e anche questo, lordato irreparabilmente com'è, lo possiamo lasciare andare per sempre, non senza una certa soddisfazione.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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