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Carofiglio: “Nell’ultimo libro Guerrieri ha bisogno di sapere che è una brava persona, esigenza che condivido”

L’orizzonte della notte non è soltanto l’ultimo (per sempre, forse) libro di Gianrico Carofiglio con protagonista Guido Guerrieri. È lo specchio di fronte al quale lo scrittore e il suo principale alter ego letterario fanno i conti con loro stessi.
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"…non avevo voglia di dare spiegazioni a nessuno. Volevo solo diventare invisibile e smettere di essere triste". Se davvero L'orizzonte della notte sarà l'ultimo libro di Gianrico Carofiglio con protagonista l'avvocato Guido Guerrieri, questa resterà la frase che meglio descrive il personaggio da quando è nato, con Testimone inconsapevole. Un uomo che, a dispetto del successo professionale, porta sempre dentro un, almeno apparentemente, immotivato senso di inadeguatezza e di sconfitta. Una sensazione che si attenua, senza scomparire, soltanto di fronte all'assoluzione da parte degli altri. Come alla fine del libro, quando una donna pressoché sconosciuta gli ricorda che è una brava persona. Una sentenza che ha bisogno di sentirsi dire dagli altri perché non è capace di pronunciare da solo. È un giudice troppo severo con se stesso. E, conclusa l'ultima pagina, ci si chiede se l'orizzonte della notte di un uomo sia davvero l'alba, anche quando quella notte è durata per tutta la vita. Anche quando siamo stati noi a tenere spenta la luce.

Nell’ultima intervista disse che probabilmente sarebbe stato l'ultimo libro con protagonista Guerrieri. Ora che lo ha scritto e pubblicato pensa ancora che sia così? Il suo pubblico cosa ne pensa?

Ci sono lettori e lettrici che si innervosiscono quando parlo, anche solo in via di ipotesi, di “ultimo libro con protagonista Guerrieri”. Quindi cerco di essere cauto (sorride). Come si dice: a parte gli scherzi, non so se questo romanzo avrà un seguito. C’è una circolarità fra il primo e questo che potrebbe suggerire l’idea di un cerchio narrativo che si chiude. D’altro canto non muore nessuno e, certo, se fra qualche anno mi viene una buona storia per Guido Guerrieri la scrivo e basta.

Nei primi libri la vicenda giudiziaria era predominante e il racconto del personaggio e della sua vita privata quasi uno sfondo utile soprattutto a fungere da collante fra un libro e l’altro. Ora il caso giudiziario sembra quasi un’occasione per raccontare di Guerrieri.

In realtà io credo che in tutti i romanzi, con diverse proporzioni, la narrazione si giochi in bilico fra vicenda processuale e narrazione introspettiva. Qui c’è la novità degli incontri con lo psicanalista che sposta un po’ l’equilibrio di tutto verso l’investigazione interiore.

Anche in questo libro, e non è l'unico, c'è una dura critica nei confronti dei magistrati. Come mai un ex magistrato, che ha lasciato volontariamente la magistratura, critica così duramente la categoria da cui proviene?

Non direi che c’è una dura critica nei confronti dei magistrati intesi come categoria. C'è la constatazione (che cerca sempre di cogliere le sfumature di grigio) del fatto che a volte, taluni magistrati non interpretano il loro ruolo nel modo migliore. In ogni caso questi passaggi sono sempre funzionali allo sviluppo della storia, non sono fini a sé stessi.

Chi è Tancredi per Guerrieri? E per Carofiglio cosa rappresenta?

Mi viene da dire che, per entrambi, è un fratello maggiore che nessuno dei due ha avuto.

Anche in questo libro c'è un forte riferimento alla figura paterna, in particolare con il ricordo del passaggio in motorino. Non è la prima volta che nei suoi libri si concentra sul rapporto fra padre e figlio, più che su quello con la madre. Come mai?

In realtà in questo libro c’è un ricordo carico di rimpianto per entrambi i genitori. C’è il ricordo del passaggio in motorino con il padre e c’è il ricordo della passeggiata in campagna con la madre. Detto questo è vero che il tema contraddittorio del rapporto con la figura paterna torna più volte nei miei romanzi.

È una mia impressione o nei libri su Guerrieri c’è molto la notte, intesa come prolungamento della sera, mentre in questo libro c'è più l’alba? È un elemento simbolico dell’evoluzione del personaggio?

Direi tutte e due le cose. Il libro racconta di un viaggio nelle tenebre, di un negoziato con le ombre fino all’arrivo di una nuova alba, materiale e simbolica.

Anche in questo libro, come in tutti quelli della saga, Guerrieri non tenta di dimostrare l’innocenza della sua cliente. Per l’assoluzione, punta sul fatto che non ci si trovi nella condizione di essere oltre ogni ragionevole dubbio per la condanna. Secondo lei oggi in Italia si condanna realmente oltre ogni ragionevole dubbio?

Sicuramente questo è il paradigma adottato e rispettato nella più gran parte delle decisioni. Poi possono esserci degli errori ma le impugnazioni – appello e cassazione – servono a rimediare a questi errori.

Perché, alla fine del libro, Guerrieri ha bisogno di sentirsi dire che è una brava persona?

Ha bisogno di saperlo. È un’esigenza che io condivido: essere una persona per bene è fondamentale anche per (cercare di) essere felici.

Qualora dovesse diventare necessario, Guerrieri difenderebbe Decaro? E lo farebbe con convinzione?

Mi attengo a una regola: non faccio mai trasmigrare i personaggi dei miei romanzi nel territorio della vita reale. Detto questo io considero De Caro una persona per bene e un bravo amministratore.

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