Baustelle: “Non temiamo l’autotune, ma la musica che si uniforma e non distingui più”

I Baustelle raccontano a Fanpage il loro ultimo album El Galactico, del bisogno del senso di comunità, della scena musicale odierma che rischia sempre più l’omologazione e del loro festival che si terrà l’1 e 2 giugno a Firenze.
A cura di Francesco Raiola
50 CONDIVISIONI
Baustelle - ph Daniele Colucciello
Baustelle – ph Daniele Colucciello

I Baustelle hanno pubblicato il loro ultimo album El Galactico a un solo anno e mezzo di distanza dal precedente Elvis, presi, spiegano a Fanpage, da un momento di vena creativa, ma anche ragionando sulla musica come lavoro. Questa volta la band si muove verso lidi rock californiani anni 60, per quanto riguarda la musica, mentre come sempre i testi raccontano l'attualità (la vita frenetica, l'ambiente) e l'amore, con storie ricche di personaggi. A Fanpage Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi (due terzi della band assieme a Claudio Brasini) raccontano quest'album, dal nome fino al mood che questo nome gli ha regalato, ma oltre a confrontarsi sulle canzoni ragionano anche del momento musicale che stiamo vivendo.

Gli album nascono da qualche necessità particolare?

Gli album nascono da una necessità che è quella degli autori di scrivere e di esprimersi. Le canzoni che finiscono negli album o stanno anche da sole dovrebbero uscire quando c'è una reale necessità di espressione.

Con El Galactico è successo così?

Sì, è successo anche per El Galactico, che arriva abbastanza a ridosso del nostro album precedente, perché siamo in un momento di vena creativa. Però, pur credendo che esista una necessità espressiva naturale, allo stesso tempo ci piace pensare anche a questo mestiere come a un mestiere, un lavoro, appunto, inserito anche in un sistema di mercato.

Bisogna anche mangiare…

Sarebbe ingiusto e forse anche un po' troppo idealistico negare l'aspetto puramente pratico, legato alla sopravvivenza, per cui El Galattico nasce per commistione di queste due cose. Inoltre c'è sempre una componente di casualità che poi ti può aiutare e dare innesco alla scrittura.

Qual è stato questo innesco?

In questo caso la nascita dell'album è stata aiutata anche dalla visione di questa insegna di un bar che si chiamava El Galactico: abbiamo pensato che potesse essere un buon titolo per un disco e forse anche questo ha aiutato a incanalare il processo creativo in una direzione.

Con Elvis mi raccontaste della voglia di tornare a un suono diretto che in quel caso assunse una visione glam, per usare i macrogeneri. Invece la direzione di quest'album com'è arrivata?

Il nome ha acceso degli universi di significato che si sono aggiunti via via: per cui se nella realtà El Galactico era un bar di tapas di Milano, ma avrebbe potuto essere anche un bar in California o in Messico, per cui quando si è accesa la lampadina della California si sono accese tutta una serie di possibili direzioni musicali e anche di nostri amori privati da ascoltatori di musica.

Parlate di rock californiano?

Sì, si è aperto in particolare quel file, quello del rock californiano di metà anni 60 e quindi quel suono molto scintillante, chitarristico, carico di arpeggi, di chitarre Rickenbacker e abbiamo cercato di prendere quello e di trasferirlo nel nostro mondo e anche nel presente.

Cantate "Spogliami del desiderio di restare giovani e stronzi fra la gente". Oggi che siamo noi quelli adulti, come possiamo abdicare ed evitare i danni che hanno fatto le generazioni prima di noi?

Si fa con molta fatica. Credo che l'Italia, in particolare, sia stato un paese governato da cosiddetti vecchi che per egoismo e per non fiducia nei figli e nel futuro e in chi verrà oltre che per tenersi aggrappati a tutto fin quasi alla morte non hanno saputo abdicare, generando nuove generazioni spaesate, perse, che non hanno gli strumenti adatti. Se in più ci metti che i vecchi hanno fatto delle scelte che, certamente, hanno portato l'economia a crescere ma l'ambiente a morire, oggi ti ritrovi con la cassetta degli attrezzi vuota e il pianeta che sta morendo: "Canzone verde amore tossico" parla un po' anche di questo senso di impotenza.

Faccio uno slittamento semantico e penso a tutte le critiche all'autotune da chi talvolta non lo conosce o ha un pregiudizio.

Non sono d'accordo con le critiche alla musica meccanica, non è quello il punto. Qualcuno avrà detto, quando ha sentito i Kraftwerk per la prima volta, "questa non è musica" e invece lo era e continua a esserlo, è musica rivoluzionaria. Il problema è quando una tecnica, anche una potenziale innovazione diventa un cliché commerciale, un'unica forma ammessa e cambia la cultura. Noi siamo un paese molto piccolo, con un mercato piccolo che crea una cultura piccola, la mia paura è che l'autotune o la musica fatta in un certo modo diventino l'unica alternativa possibile e che venga presa dalla gente come unico piatto di portata possibile. Mi spaventa anche un certo tipo di promozione della musica, non il fatto che ci siano dei ragazzi che fanno musica non suonata: deve esserci la musica suonata, deve esserci la musica fatta col computer, quella con l'autotune…

Pensate che sia un rischio reale questo dell'uniformità?

Secondo me il rischio c'è. Lo dice anche una canzone di questo disco che si chiama L'imitazione dell'amore. C'è un'unica grande musica smussata e vezzegiativa, che tende a rassicurare, a essere non contro ma in funzione del mondo e non va bene. Viviamo un mondo in cui il cantautorato è uguale alla trap, è uguale al pop, cioè è tutto un unico macrogenere che è non contro il sistema, ma che il sistema ha creato. E così nel nostro piccolo, siccome siamo strani esseri, privilegiati – perché veniamo da epoche passate in cui ci possiamo permettere di fare le pecore nere – siamo qua a testimoniare che si può andare anche da un'altra parte.

C'è qualche artista che secondo voi riesce a non stare in quella bolla e a fare qualcosa contro?

Mi vengono in mente due esempi: uno è I cani che hanno fatto un disco che, musica a parte, mi piace per il fatto che ha saltato un iter, un cliché, perché è uscito tutto intero, senza annunci. Mi piace che ci sia gente che suona senza fare forma canzone, penso a Il Mago del Gelato, un collettivo di musicisti giovani che hanno una forma nuova di jazz e non a caso li abbiamo chiamati al nostro El Galattico Festival dove c'è anche una band di Roma di cui è uscito il disco quest'anno, si chiamano Neo Primitivi e non fanno canzoni come siamo abituati a sentire, ma suite psichedeliche. Quella dovrebbe essere la musica, una cosa varia, non la stessa cosa sempre.

“Gli uomini non accettano che la vita li faccia piangere” mi pare racconti anche della possibilità di un altro modo di essere uomini questa società.

Sì, forse perché non soddisfatti da quello che vediamo, scatta sempre questa forma di resistenza, viene sempre presupposto un altro mondo possibile. Alla fine il nome di quest'album ha un senso in questo verso, il galattico infatti è relativo alle galassie, ai mondi lontani diversi da questo, mi sembra di incrociare un sentimento popolare comune, quello di essere da un'altra parte, in un mondo migliore di questo.

"Tu non aver paura mai perché la guerra è mondiale ma l’estate è nostra". Mi piace questo riportare tutto alla quotidianità che dobbiamo fronteggiare, a una sorta di sopravvivenza rispetto al dolore del mondo.

Giulia come stai è una canzone in cui per l'altra persona che è in difficoltà, impaurita, si crea una sorta di appiglio, di occasione di sopravvivenza, anche non fondata su fondamenta solide.

In che senso?

Nel senso che dire: "L'estate nostra" è dire semplicemente: ci siamo io e te, ovvero l'insieme di due persone che sono più di due paure e due angosce individuali, ma vuol dire essere la minima idea di comunità. Il testo dice quello "La guerra è mondiale", che vuol dire tante cose, però c'è una comunità minima che forse può rassicurarci.

Il percorso di Lucio Corsi – vostro caro amico – tra Sanremo e Eurovision è un cortocircuito che può portare a qualcosa di nuovo?

Lucio è un amico, lo conosco da tanto e da almeno dieci anni dico che è bravo e ha del talento. C'è voluto il Festival di Sanremo perché venisse conosciuto a livello di massa e sono molto felice per lui. Spero che porti un cambiamento, che sia Lucio a cambiare il sistema e non il sistema, di nuovo, a inglobare una tendenza, perché è un po' quello è il rischio. Però se guardiamo il Festival di Sanremo come piccolo mondo, sicuramente il podio è un segnale di forte discontinuità: ci sono tre cantautori – perché pure Olly lo è – a differenza di quello che regnava fino all'altro ieri ovvero grandi team di autori. Sembra che quel modello lì, per Sanremo, stia entrando in crisi, basta che adesso non si entri nella dittatura delle canzoni scritte da un solo autore.

Quindi cosa auspicate?

Pensiamo che dovrebbero esserci tutti, dovrebbe esserci De Gregori e Umberto Tozzi, tutto deve essere reso lecito e possibile.

Come nasce l'idea del Festival El Galactico?

El Galattico Festival è un'idea che serve nel nostro piccolo, anche cercare di essere di aiuto, visto che possiamo permetterci di fare qualcosa che può essere di di aiuto oppure di esempio, se no stai sempre solo a criticare una cosa senza fare attivamente niente, per cui inventarsi un festival che riunisce un campione di giovani artisti, band che in questo tempo in cui sembra tutto sbagliato, sono segnali vitali, simbolo di un tipo di modo di fare musica, di un'attitudine alternativa alla corrente, per cui, insomma, serve a a rivendicare il diritto alla biodiversità musicale. Spero che possa anche questo essere un segnale, così come i cantautori che vincono Sanremo.

El Galactico Festival è il festival – che si terrà a Firenze sul palco dell’Anfiteatro Delle Cascine Ernesto de Pascale – ideato dai Baustelle che si esibiranno insieme ad ospiti a sorpresa. L’1 giugno saliranno sul palco Emma Nolde, i Neoprimitivi, Matteo Bordone & Daniela Collu con un podcast live e Pierpaolo De Sanctis (Four Flies Records DJ Set). Il 2 giugno invece gli artisti presenti saranno Marta Del Grandi, i Delicatoni, Stefano Nazzi con una speciale puntata di Indagini e BASSOLINO per il Dj Set.

50 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views