Alessandro Baricco ricorda Stefano Benni a Fanpage: “È stato uno degli scrittori più attenti all’umano”

Stefano Benni è scomparso a seguito di una lunga malattia, a 78 anni. Nel panorama letterario italiano, lo scrittore bolognese era un'icona, i suoi libri hanno cresciuto generazioni di lettori, da Bar Sport, passando per La compagnia dei Celestini che forse è stato quello della svolta, quello che gli ha staccato da dosso l'etichetta di scrittore di letteratura umoristica, che gli andava troppo stretta. Lo racconta così Alessandro Baricco che con Benni ha condiviso spettacoli, editore, serate, partendo da giovane ammiratore e condividendone un pezzo di strada: "Per me è stato sicuramente uno dei compagni più preziosi, emozionanti, ammirevoli, che ho avuto" ha detto a Fanpage.
Vorrei partire da una cosa che lei disse: Benni era un grande scrittore, non un grande scrittore comico. Perché c’era bisogno di specificarlo?
Perché lui storicamente ha iniziato con dei libri di letteratura umoristica, pensa a Bar Sport e ha avuto talmente tanto successo, era talmente tanto bravo, che si è beccato un'etichetta e poi per lui è stato difficile uscirne e dimostrare a se stesso e agli altri che era uno scrittore.
Come cambiò questa prospettiva?
Il passaggio lo fece con La compagnia dei Celestini. Io ero giovane, ero piccolo, ma ricordo di aver pensato, leggendo quel libro: "Ok Bar Sport, etc, però questo qua bisogna leggerlo come uno scrittore non solo umoristico". Quindi scrissi qualcosa su questa cosa, con la scarsa autorevolezza che avevo allora, però lo feci quando dire una cosa del genere ancora non era comune.
Se è vero che la sua era Letteratura tout court va anche detto che il suo humor era una caratteristica che lo ha reso amatissimo nel Paese.
È ovvio, poi, che nella storia della Letteratura umoristica italiana rappresenta uno dei grandi, però è stato anche un compagno di strada dell'avventura più ampia, dello scrivere narrativa tout court.
Qual è stata l’importanza del suo lavoro, letterario, teatrale, per la Cultura del nostro Paese?
Nella letteratura è stato ed è uno degli scrittori al contempo più brillanti e più attenti all'umano che abbiamo avuto. C'era questa sua grande capacità di sentire le vibrazioni degli umani e di percepirle con una certa simpatia e tenerezza perfino. Nei suoi libri c'è sempre una fede del valore degli umani, anche nel più semplice, nel più delinquente, anche più misero, cattivo e questa è una delle cose che fa la Letteratura. Poi lui ha avuto un'altra vita, una vita parallela di performer.
Ce la racconti?
Ti racconto una cosa mia, personale: l'esperienza di Totem, che è stata basilare per un sacco di altri spettacoli che sono stati amati. Per me sentire Benni in pubblico era stato decisivo per convincermi che si poteva andare in quella direzione. E ha poi costruito spettacoli stupendi, ha portato la letteratura sul palcoscenico, sempre con bei risultati.
Avete fatto vari spettacoli assieme, mi dicevi…
Lui in scena era fantastico, abbiamo fatto diversi spettacoli assieme, l'Iliade, City Reading Project, ho fatto un Moby Dick in cui era un Achab fantastico, perché aveva cominciato anche un po' come attore, aveva una tecnica che io non ho, però poi l'aveva spenta dentro lo sguardo dello scrittore. Per me era perfetto, perché guardava la scrittura come la può guardare solo uno scrittore ma poi aveva la tecnica necessaria per poterla far arrivare al pubblico.
Non a caso il figlio ne ha ricordato l'amore per il reading, chiedendo, proprio, a chi lo ama, di ricordarlo con delle letture.
In tanti spettacoli che ho fatto con lui non l'ho mai sentito recitare, ha sempre letto, infatti, e questo è fantastico.
Qual era il vostro rapporto?
All'inizio ero un ammiratore e poi l'ho avvicinato per fare spettacoli insieme e da quel momento siamo diventati più vicini. Salire sul palcoscenico insieme, fare spettacoli anche forti, emozionanti come quelli che abbiamo fatto, ti unisce per sempre. Poi ci ritrovavamo anche su delle cose di fondo, abbiamo avuto per moltissimo tempo lo stesso editore di base, ci siamo sempre un po' rifatti a Feltrinelli. Poi io andavo ai suoi spettacoli, lui veniva ai miei, avevamo cominciato tutti e due con la stessa editor che si chiamava Grazia Cherchi che ai tempi era molto famosa. Quindi pur senza conoscerci venivamo anche da una specie di sorgente comune.
C'era un humus comune che vi legava, insomma.
Sì, eravamo destinati a fare dei pezzi di strada insieme e li abbiamo fatti e per me è stato sicuramente uno dei compagni più preziosi, emozionanti, ammirevoli, che ho avuto.
Lui era scomparso da un po’, con gli amici riusciva ancora mantenere un rapporto di qualche tipo?
Ma lui se n'è andato all'orizzonte piano piano, in un modo dolcissimo e a un certo punto non c'era più, diciamo così. È stato una specie di commiato tutto vissuto in un colore dolce, lungo, silenzioso.
Cosa conserverai maggiormente di lui nel cuore?
Sicuramente alcuni momenti che abbiamo vissuto insieme, il fatto che mi abbia sempre preso per il culo, sempre, sempre sempre. Anche quando abbiamo fatto le cose più belle, più di successo, lui ridimensionava sempre, tirava giù una battuta, mi ha sempre riportato coi piedi sulla terra. Poi i suoi capelli, quella sua testa matta, certe sue telefonate surreali. E poi, naturalmente, i suoi libri che continuano a stare lì, a casa mia, sul mio comodino.