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50 anni fa moriva Giuseppe Ungaretti, il poeta che inventò l’ermetismo

Il primo giugno del 1970 moriva a Milano Giuseppe Ungaretti, padre dell’ermetismo e uno dei più grandi poeti della storia della letteratura. Grazie allo spirito innovatore delle sue liriche, oggi amate dagli studenti di tutta Italia più di quelle di Eugenio Montale e Umberto Saba, la poesia nel nostro Paese realizzò entrò definitivamente nel XX secolo.
A cura di Redazione Cultura
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Giuseppe Ungaretti
Giuseppe Ungaretti

Era esattamente il primo giugno di cinquant'anni fa quando Giuseppe Ungaretti moriva a Milano. Era il 1970 e in una giornata di fine primavera se ne andava uno dei più grandi poeti del ventesimo secolo e della storia della letteratura italiana. Come si è soliti definirlo, Ungaretti fu il padre dell'ermetismo, movimento letterario che ancora oggi resta insuperato per prospettive e fecondità e ispirazione ad altre generazioni di poeti. Senza Ungaretti, non avremmo Umberto Saba ed Eugenio Montale. L'autore di "Mi illumino d'immenso" fu un innovatore del linguaggio poetico con liriche rapide e intense, che nacquero dall'osservazione dei grandi avvenimenti di cui fu attraversata la sua vita, tra pubblico e privato.

Non è un caso che i suoi versi più celebri, comprese le poesie de "Il porto sepolto",  nacquero tra le trincee del Carso durante la Grande guerra. Il suo ultimo libro di poesie fu "Il taccuino del vecchio" del 1960. Successivamente, nel 1969, fece appena in tempo a veder pubblicato il Meridiano Mondadori che raccolse l'opera completa, curata da Leone Piccioni, uno dei testi più venduti della letteratura italiana nel successivo mezzo secolo.

Giuseppe Ungaretti era nato nel 1988 da genitori toscani ad Alessandria d'Egitto e fu tra i primi poeti del ventesimo secolo italiano con contatti internazionali, fu amico di Guillaume Apollinaire, Jean Paulhan e Georges Braque. A Parigi giunse nel 1912, e, attraverso le riviste Mercure de France e La voce, si relazionò alle maggiori novità culturali europee. Ammirò Mussolini, quand'era ancora socialista. Successivamente il duce chiuse un occhio davanti alle sue intemperanze e alla denuncia del poeta contro le leggi razziali. Tuttavia, nell'Italia repubblicana, non ebbe grande fortuna politica. Gli fu preferito Eugenio Montale, che vinse il Nobel. Dopo il ritorno in Italia dal Brasile, Ungaretti insegnò alla Sapienza a Roma sino al 1958. Divenne un personaggio molto popolare in quegli anni, grazie alle sue apparizioni televisive negli anni '60, quando commentava qualcosa o recitava i versi dell'Odissea a introduzione dello sceneggiato. I suoi manoscritti sono oggi conservati nel fondo Giuseppe Ungaretti presso l'Archivio contemporaneo "Alessandro Bonsanti" del Gabinetto Vieusseux a Firenze.

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