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19 marzo Festa del Papà: una favola inedita per padri-bambini. Perchè il regalo più grande è stare con loro

Stamattina mia figlia mi ha consegnato il suo lavoretto fatto a scuola con scritto: “Amo il mio papà perché dentro di lui c’è un bambino che è il mio migliore amico”. Per questo ho deciso di ricambiare con un raccontino per adulti – bambini di ogni età, ovunque essi si siano nascosti dentro di noi…
A cura di Andrea Melis
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Oggi 19 marzo,  per la Festa del Papà, migliaia di manine fabbricheranno regalini, doni, lavoretti e cercheranno il momento di un abbraccio e di una carezza per i loro padri.
È attenzione quello che chiedono.
Mia figlia stamattina mi ha consegnato un disegno con scritto sopra: "Amo il mio papà perché dentro c'è un bambino che è il mio migliore amico".
Per questo ho deciso di donare una favola sul gioco a tutti i padri-bambini che la vita vorrebbe costringere a crescere. Fatelo, ma senza invecchiare: restate sempre all'altezza dei vostri figli, più che crescere siate bambini professionisti.
Leggete insieme questo raccontino stanotte ai vostri figli. Fatelo per voi stessi.
E buona festa del Papà a tutti!

La rivolta dei giocattoli

Erano le sedici e trentatrè di un martedì pomeriggio qualunque, quando tutti i palloni da calcio, da basket, da pallavolo, tutte le palle, palline e pallette della città smisero di rimbalzare, di
rotolare e di saltellare.
E non ci fu modo di farle muovere nuovamente: se ne stavano come incollate a terra o sui prati o nei soffitti.
Per non parlare delle ruote e rotelle di tutte le biciclette, gli skateboard, i rollerblade, e i monopattini.
Ma anche gli Yo-Yo, i Freesbee, gli Hula hop e le trottole, non vollero saperne più di girare: tutto ciò che avrebbe dovuto muoversi stette fermo.
E non fu che l’inizio! Le bambole abituate a piangere smisero di frignare, e quelle con la bua guarirono all’improvviso. Quelle capaci di fare pipì e pupù la trattennero e quelle che sapevano soltanto dire “mamma” tacquero all’improvviso. In compenso tutti i bimbi della città iniziarono a piangere all’unisono, si misero a fare i capricci e a gridare a gran voce, e si videro certe scene di disperazione che potete ben immaginare!
Ne venne fuori un frastuono assordante! Davvero un bel guaio: nello stesso momento, in tutte le camerette, i cortili e i parchi e le scuole e gli asili, i giocattoli si bloccarono e si rifiutarono di giocare.
«Papà lo spinner non gira più! », gridava Leonardo
«Mamma le costruzioni non si attaccano! », piangeva Federico
«Maestra! Le matite non si temperano! », si lagnava Matilde
«Zia l’aquilone non vola! », si lamentava Greta e così via.
Senza che nessuno sapesse il vero motivo.

In effetti era un segreto che conoscevano solo i giocattoli. E noi: tutto era iniziato la notte prima, quando un walkie-talkie aveva detto a un altro walkie-talkie, il quale aveva spifferato a una carta da gioco, che aveva riferito a tutto il mazzo, che a sua volta aveva confidato ai pezzi di un puzzle, che lo avevano svelato ai mattoncini in legno, che avevano raccontato ai pennarelli, che lo avevano spiegato a tutti i pentolini e i servizi da Thé, le verdure di gomma, che il più bel negozio di giocattoli della città presto avrebbe chiuso.
« Chiusooo? Come chiuso? Perché chiuso? », si chiedevano i giocattoli terrorizzati.
« Com’è possibile? Forse ai bambini non piacciono più i giocattoli? »
« Impossibile! » diceva un'astronave a un pupazzo di Peluche
« Sarebbe da non credere! » aggiunse un triciclo rivolto a un palloncino.
« Se iniziano a chiudere anche i negozi di giocattoli per gli uomini sarà davvero la fine! »
sentenziò un vecchio Orsetto di pezza con un occhio scucito e con l’ imbottitura di fuori. Era
uno che ne aveva viste tante, ed era considerato un po’ il capo di tutti i giocattoli.
« Qui bisogna fare qualcosa! », propose.
« Si! Una protesta! », disse Cicciobello
« Di più: una rivolta! » nitrì un cavallino a dondolo imbizzarrito,
« Si facciamo un bello sciopero! » tuonò un tamburello raccogliendo l’applauso di tutti.
« Io smetterò di dondolare! » disse subito un’altalena incrociando le catene,
« E io di girare! » Rispose una giostra,
« E io di curare gli animali! » disse dottoressa Peluche…
Ecco com’era cominciata quella situazione mai vista! I giocattoli avevano confabulato per tutta la notte e avevano studiato un piano per risolvere la faccenda.

«Le cose dovranno tornare com’erano!» si raccomandò il vecchio Orsetto spelacchiato.
Infatti non passò mezza giornata che per fermare tutti quei pianti di bambini, quelle urla e quei capricci, i genitori dovettero abbandonare i posti di lavoro, i nonni dovettero accorrere a
scuola, le zie arrivarono in loro soccorso accompagnati da eserciti di Babysitter e Tate, tutte prontamente richiamate in servizio.
Ma i bambini erano così arrabbiati senza i giocattoli che sembrava davvero impossibile riuscire a consolarli!
Dopo un attimo di paura ecco accadere il miracolo: qualche genitore si ricordò di un vecchio girotondo, qualche mamma di come si organizza una caccia al tesoro, una zia spiegò “un-due- tre, stella!”, e si dovettero rispolverare le antiche conte e le filastrocche e le ninna nanne, si ricominciò ad inventare storie, anche se campate per aria come questa.

E un ricordo tirava l’altro: si vide tornare di moda il nascondino, e tracciare in terra col gesso giri dell’oca e caselle di pincaro, si organizzò un grande acchiapparello e un campionato di luna monda. Insomma bisogna proprio ammetterlo: ora che grandi e piccini avevano ricominciato a giocare insieme senza sosta, senza fretta e senza nessun posto dove correre (dato che per l’emergenza nazionale erano state chiuse tutte le scuole, gli uffici, i negozi, e perfino le televisioni) il vecchio Orso di pezza finalmente disse:
« Ecco amici miei che la missione è quasi compiuta! Avete visto? Si erano così abituati a noi giocattoli che si erano dimenticati come si gioca! Molto bene: dunque non resta che l’ultimo passo! Siete pronti? »

Tutti annuirono seri ed emozionati. « E allora al mio tre: uno… due… tre: alla caricaaaaaaaaaaaaaaaaa! », e con questo grido avreste dovuto vedere che meraviglia: tutti i palloni, le bici, i pattini, i pupazzi, i palloncini, gli aquiloni, le racchette, le bambole, i robot, i tricicli, gli hula-hop, e i fresbee, gli aeroplanini di carta, le pistole ad acqua, le biglie e chi più ne ha più ne metta, si lanciarono in mezzo tra adulti e bambini e fu tutto un ricominciare a rotolare, a rimbalzare, a volare, a roteare, a colorare, a saltare, a scivolare, e non si capiva chi fosse nuovamente più felice: se i bambini, gli adulti o i giocattoli.
Solo il vecchio orsetto di peluche se ne stette indietro con la sua zampa un po’ storta a godersi quello spettacolo meraviglioso.
« Noi giocattoli» pensò soddisfatto « se lasciati soli… non sopravviviamo mica! Per questo spero che tutti abbiano imparato la lezione: non importa quante cose urgenti i grandi abbiano da fare… la più importante sarà sempre restare bambini».

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Andrea Melis (Cagliari, 1979), grafico, videomaker e scrittore, ha pubblicato articoli di cultura, interviste, inchieste e racconti per riviste e quotidiani nazionali e stranieri. Tra i membri fondatori del Collettivo Sabot, ha firmato romanzi insieme ad autori come Massimo Carlotto e Francesco Abate, tra cui Perdas de Fogu (E/O, 2008). La sua prima opera in poesia, #Bisogni, una selezione di versi autoprodotta in mille copie grazie a una campagna di crowdfunding, è andata esaurita in poco più di un mese. Il suo ultimo libro è edito da Feltrinelli, Piccole tracce di vita. Poesie urgenti (2018). Collabora come autore di testi con artisti, illustratori, fotografi, musicisti e compagnie teatrali di tutta Italia. Scrive editoriali poetici per FanPage.it
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