“Chi non è di Ravenna si tolga occhiali e scarpe”: la lezione di un prof per il Giorno della Memoria

Un professore che entra in classe e chiede ai suoi studenti di separarsi. Da una parte quelli di Ravenna, dall’altra – vicino alle finestre – quelli che non sono nati in città. E a questi ragazzi, sono poco meno della metà, che non sono nati a Ravenna dice che non potranno più partecipare alle lezioni, non potranno più andare a scuola. Tutti guardano questo prof con sospetto, pensano a uno scherzo, ma ascoltano le sue indicazioni e si spostano. Quello del professore Diego Baroncini, insegnante trentenne di Lettere all'istituto paritario San Vincenzo de' Paoli di Ravenna, era un esperimento per preparare i suoi studenti a vivere la Giornata della Memoria. A raccontare quanto accaduto qualche giorno fa nella classe del professore è il quotidiano Repubblica. Quella di Baroncini è stata una lezione che ha portato i ragazzi a vivere “ciò che è stato”. “Sono serissimo, ora toglietevi orologi, braccialetti, collanine e appoggiateli su quel banco. Voi che avete gli occhiali, via anche quelli”, ha detto il prof rivolgendosi a quei ragazzi che pensavano a uno scherzo. “Ma non ci vediamo!”, ha risposto qualcuno. E ancora, via le cinture, le scarpe, capelli legati per le ragazze: “Nascondeteli come se non li aveste più”.
Le reazioni degli studenti – “Non mi sento più io”, dice una ragazza del gruppo dei non nati a Ravenna. È evidente in classe l’imbarazzo di qualcuno mentre quelli non di Ravenna vengono spostati verso le finestre e gli altri restano al caldo vicino ai termosifoni. Tutti però capiscono la lezione e cioè l'intenzione del prof di far vivere cosa hanno provato gli ebrei quando sono stati separati dai loro compagni, quando sono stati deportati. Tutti concordano che non è giusto, eppure è successo. Ai ragazzi di Ravenna il prof ha chiesto perché fossero rimasti in silenzio e – alla risposta "perché lei è il professore" – ha spiegato loro che se l'autorità commette qualcosa di atroce nessuno deve tacere. “Succedeva cosi anche con le leggi razziali: alcuni avevano paura di esporsi pur riconoscendo che non erano giuste, altri hanno reagito con un atteggiamento superficiale”, spiega. E così la lezione finisce.
L'esperimento del professore – “Ho potuto farlo perché c'è un rapporto di fiducia con questi alunni, ho chiesto prima se se la sentivano di affrontare un esperimento. Due studentesse non hanno voluto e hanno solo assistito. Lo scopo era quello di introdurre il Giorno della Memoria, di arrivare a parlare della Shoah. Ma volevo che ci fosse un'emozione da cui partire per far seguire riflessioni profonde, non retoriche. Da questo senso di estraniamento, spogliandosi alcuni di ciò che li fa riconoscere in se stessi e gli altri guardando gli amici privarsi di quanto li rende riconoscibili, abbiamo cominciato il nostro lavoro sulla memoria”, ha spiegato poi il professore di Ravenna.