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Centro d’accoglienza lager ad Agrigento: minori disabili maltrattati e legati al letto

Arrestata e posta ai domiciliari una assistente sociale responsabile della gestione di una comunità alloggio di Licata. Gli ospiti della struttura con deficit mentali e fisici venivano tenuti a digiuno e reclusi nelle camere, con il divieto di contatti telefonici con i familiari.
A cura di Susanna Picone
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Sottoposti a maltrattamenti fisici e psicologici, privati del cibo e anche legati al letto con una catena di ferro. È il trattamento riservato ai minori disabili ospiti di un centro di accoglienza di Licata, in provincia di Agrigento. A scoprire quanto avveniva in quella struttura sono stati i carabinieri, diretti dal capitano Marco Currao, che questa mattina hanno dato esecuzione a otto provvedimenti cautelari nei confronti di altrettanti soggetti. Una persona è stata arrestata ed è finita ai domiciliari: si tratta di una assistente sociale di 32 anni, responsabile del centro. Tre i divieti di dimora nel territorio di Licata e quattro le denunce a piede libero. Gli indagati sono tutti impiegati all'interno della struttura. Risulta inoltre indagato anche il presidente del consiglio comunale di Favara e amministratore unico della “Suami società cooperativa sociale”, società a cui fa capo il centro di Licata. L'ordinanza cautelare è stata disposta dal Gip del tribunale di Agrigento, Alessandra Vella, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Alessandro Macaluso. L’operazione condotta dai carabinieri è stata denominata “Catene spezzate”.

Punizioni e privazioni quotidiane – Le indagini, iniziate nel dicembre del 2014, hanno preso il via dalla segnalazione fatta ai carabinieri da parte di un'insegnante che aveva visto arrivare a scuola un'alunna, ospite della struttura di Licata, con dei lividi sospetti. I carabinieri hanno scoperto che i minori disabili ospiti del centro venivano sottoposti quasi quotidianamente a punizioni e privazioni che andavano dal digiuno al divieto di chiamare i familiari. Uno di loro veniva legato, giorno e notte, al suo letto con una catena. Gli ospiti  del centro erano inoltre costretti a mangiare cibo scaduto e mal conservato e i militari hanno anche accertato che dentro il centro veniva utilizzata acqua contaminata da batteri coliformi. Il capitano Marco Currao ha descritto all’Adnkronos quanto scoperto nel corso delle indagini parlando di “ripetute violenze fisiche e psichiche da parte di quella che avrebbe dovuto essere una comunità di accoglienza”.

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