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Il delitto di Cogne

Vent’anni fa il delitto di Cogne, l’ex procuratrice: “Anna Maria Franzoni colpevole, prove decisive”

A vent’anni dal delitto di Cogne Maria Del Savio Bonaudo, procuratrice capo di Aosta quando si consumò il delitto, è tornata a parlare di Anna Maria Franzoni: “Sono e resto convinta che sia colpevole. Non perché è stata condannata in tutti i gradi di giudizio, ma perché c’erano le prove. C’è stata fuga di notizie”.
A cura di Ida Artiaco
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Era il 30 gennaio 2002 quando i riflettori d'Italia furono puntati su Cogne e sull'omicidio del piccolo Samuele Lorenzi. A distanza di 20 anni dalla morte del bambino, che all'epoca aveva solo 3 anni e che fu colpito con 17 coltellate nella sua casa, è tornata a parlare Maria Del Savio Bonaudo, procuratrice capo di Aosta quando si consumò il delitto per il quale è stata condannata Annamaria Franzoni, la mamma della vittima. In una lunga intervista all'Ansa, l'ex pm capo è tornata proprio a parlare della Franzoni.

"Sono e resto convinta che Anna Maria Franzoni sia colpevole. Non perché è stata condannata in tutti i gradi di giudizio, ma perché c'erano le prove", ha sottolineato Bonaudo, oggi in pensione, che ha aggiunto: "Di quel giorno ho pochi ricordi, la dottoressa Cugge non riusciva a mettersi in contatto telefonico. È riuscita a parlare con la segretaria e le ha detto di avvisarmi, ma lei si è dimenticata. Così ho avuto la notizia solo alla sera. Sono caduta dalle nuvole". L'ex pm capo ha anche raccontato che "le famiglie di Cogne si sono allarmate, pensavano ci fosse in giro per il paese un ‘mostro'. Sono andata in tv per tranquillizzare la popolazione. All'inizio non ho mai detto che era stata la mamma. Abbiamo fatto tutte le indagini possibili, abbiamo sentito e monitorato tutti i possibili ‘sospetti' indicati dalla famiglia. Poi i Ris hanno rilevato il sangue sulle ciabatte ed è stato trovato il pigiama sotto le lenzuola. Insomma si è chiarito che non poteva che essere stata la madre. Avevamo le prove, sono state raccolte bene. Rispetto ad altre inchieste simili questa non è stato possibile scalfirla".

Bonaudo ha infine sottolineato quanto fu importante per il caso la fuga di notizie che ci fu. "Questa vicenda è diventata complessa per una serie di motivi, dall'interesse mediatico alla commozione che ha destato nei cittadini. Tutti ci chiedevano una risposta veloce ma per dare una risposta ci voleva il tempo di fare le indagini. Quello che mi ha fatto più male è stata la pubblicazione su alcuni quotidiani della notizia che l'assassino indossava il pigiama. Noi lo sapevamo perché ci era stato anticipato ma non potevamo chiedere una misura cautelare sulla base di informazioni orali, avevamo bisogno di una relazione scritta. La gente si chiedeva come mai non l'arrestavamo. È stato un momento difficile. Anche per l'immagine di inefficienza o incapacità che potevamo dare. Non sapevo chi avesse fatto trapelare la notizia, l'ho scoperto anni dopo: era stato un mio sostituto procuratore, forse deluso perché non gli avevo affidato il caso, e questo mi ha fatto ancora più male", ha concluso, aggiungendo: "Sulle indagini c'era molta fretta ma non è che sono durate un'eternità. Bisogna fare attenzione a tutto, penso alla scarcerazione disposta dal tribunale del Riesame: il medico legale, contrariamente a quello che ci aveva detto a voce, aveva scritto che il decesso era avvenuto quando la madre era fuori casa e quindi i giudici avevano dedotto che non era stata lei. Così abbiamo scoperto il punto ‘sbagliato' delle indagini".

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