Varese: maestra incinta, la scuola cattolica la licenzia

Licenziata da una scuola cattolica dove ha lavorato continuativamente da 42 mesi perché incinta. A raccontare quanto successo, in una lettera firmata pubblicata su VareseNews, è il marito della donna. "Mia moglie ha lavorato come insegnante presso una Scuola per l’Infanzia paritaria, di forte orientamento cattolico, della nostra provincia – scrive il marito su VareseNews. -. Con regolari contratti di sostituzione di maternità (di diverse persone) ha svolto il suo lavoro con reciproca soddisfazione per 42 mesi consecutivi. Alla scadenza dell’ultimo contratto firmato, trovandosi lei stessa in dolce attesa è stata lasciata a casa". L'uomo vuole sottolineare come su ogni contratto firmato e depositato sia apposta in calce la firma del Consiglio d’Amministrazione e del Parroco del Paese, "così per chiarire chi si deve assumere le responsabilità". Nessuna recriminazione comunque dal punto di vista legale.
L'uomo è consapevole del fatto che la moglie è stata licenziata alla scadenza dell’ultimo contratto, essendo fisicamente impossibilitata ad accettare un’eventuale proposta lavorativa, considerato il suo stato interessante. “Ma mi permetto di esprimere il mio sentito e coinvolto disappunto da un punto di vista etico – continua -, visti i soggetti coinvolti, il parroco, l’approccio cattolico e la natura educativa relazionale del rapporto continuativo con i bambini coinvolti. Visto che la scuola in oggetto si vende sul mercato come Scuola Cattolica ed il Parroco tutte le domeniche parla di rispetto della Famiglia, mi chiedo se sia solo una questione di marketing per attirare genitori che a tutto diritto vorrebbero un’educazione cattolica per i propri figli, non solo dichiarata in superficie ma anche realmente strutturata nella didattica e nell’etica della scuola". L'uomo invita poi i genitori dei bambini che mandano i propri figli nel suddetto istituto ad una riflessione, "visto che pagano in contanti l’educazione dei loro figli, di pretendere che cattolico non sia solo un’etichetta per attirare clienti ma anche una reale impostazione educativa nei confronti di operatori, genitori e bambini".