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Diritti LGBTQI+

Valentina, la “mamma di cuore” che non può vedere le figlie dopo la separazione dalla compagna

Dal 2018 non può più vedere le sue figlie: Valentina Bortolato si definisce una “mamma intenzionale” e sta lottando in tribunale per poter crescere le sue bimbe di 10 anni. Bortolato ha avuto le due figlie tramite fecondazione medicalmente assistita insieme alla sua ex compagna.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Valentina con le figlie in una foto del 2018
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Valentina Bortolato ha circa 50 anni e si definisce "una mamma di cuore". Per anni ha vissuto in un appartamento nei pressi di Padova insieme alle due figliolette e alla compagna. Quando la sua relazione è finita, però, ha dovuto lasciare il tetto familiare e stabilirsi in un'altra casa.

Da allora non ha più potuto vedere le sue bimbe. "Quando le ho lasciate avevano sei anni – ha raccontato a Fanpage.it -. In Italia le coppie omogenitoriali non possono avere figli e quindi, anche se io e la mia compagna abbiamo iniziato di comune accordo il procedimento per la procreazione medicalmente assistita, non posso riconoscere le mie bimbe senza il consenso della madre biologica. Anche se le ho cresciute per sei anni e le amo, secondo lo Stato io per loro non ho gli stessi diritti dell'altro genitore".

La storia di Valentina inizia nel 2012, quando, dopo diversi anni di convivenza con la compagna, decide di creare una famiglia. "Abbiamo intrapreso di comune accordo un percorso di fecondazione medicalmente assistita in Spagna – ha spiegato -. Abbiamo condiviso ogni decisione e ogni atto burocratico richiesto dalla clinica che ha avverato il nostro sogno.

Quando sono nate le bambine eravamo felicissime. Tutto è andato per il meglio fino a quando la nostra relazione non è finita. Succede a molte coppie, ma io resto comunque l'altra mamma delle piccole. Non mi è possibile però comportarmi da tale".

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Nel 2017 Bortolato ha dovuto lasciare la casa familiare e, nonostante abbia cresciuto con amore le due figlie fino ai loro 6 anni, non ha più potuto vederle. "Oggi hanno dieci anni e io ho perso molto. Dal punto di vista delle legge italiana, loro sono le figlie della mia ex compagna, ma io ho partecipato allo stesso modo alla loro nascita e al loro processo di crescita. Ad oggi queste due bimbe non hanno il diritto di avere due genitori e io non ho il diritto di crescerle".

Senza il consenso della mamma biologica, infatti, la legge italiana non le permette di procedere con il riconoscimento o la stepchild adoption. "Anche prima della fine della mia relazione ho avuto bisogno di deleghe per andare a prendere le mie bimbe a scuola – ha raccontato ancora -. Senza contare che, anche se avessi ottenuto l'adozione, per loro i miei familiari sarebbero degli sconosciuti.

Legalmente non potrebbero considerarli zii o nonni. Io sto combattendo per me stessa, per loro e per tutti gli altri genitori LGBT che stanno vivendo la mia stessa situazione. Siamo tanti in Italia, ma nessuno ci ascolta e ci tutela. Siamo alla stregua di tanti altri genitori separati eterosessuali ma non godiamo degli stessi diritti".

Valentina Bortolato ha quindi iniziato un percorso giuridico per poter ottenere il riconoscimento delle sue figlie e la possibilità di vederle e provvedere a loro come un genitore divorziato. "Il mio legale è stato un validissimo supporto. Abbiamo iniziato con ricorsi a diversi Tribunali: quello dei minori è stato il primo al quale abbiamo fatto appello.

Volevamo che fosse riconosciuto alle bimbe il diritto ad avere due madri, come è sempre stato. Ci siamo poi rivolti anche alla Corte Europea dei diritti dell'uomo che ha sottolineato la terribile mancanza di diritti dei genitori nella mia situazione e dei figli di coppie omogenitoriali".

Nel marzo del 2021 la Corte Costituzionale ha chiesto al Parlamento italiano di intervenire sul vuoto normativo a tutela di questi minori. Nel frattempo Valentina continua a combattere per poter crescere normalmente le sue figlie: dal 2020 può incontrarle ogni 15 giorni alla presenza degli assistenti sociali. "Abbiamo preso questa decisione perché era necessario reintrodurmi nella vita delle mie figlie. Il distacco è stato violento e carico di sofferenza.

Procedo con calma e cerco di non perdere la lucidità perché metto al primo posto il bene delle mie bimbe. Io non sono assolutamente un soggetto pericoloso per loro e questo è stato accertato dalla legge, ma mi tocca vederle per poche ore alla presenza di assistenti sociali come se fossi una criminale. Il Parlamento è un traguardo ancora lontano e quindi nel frattempo  continueremo a fare ricorso in tribunale".

"Vorrei evidenziare che nelle famiglie eterosessuali non si parla mai di adozione di un figlio. Se nasce un bimbo fuori dal matrimonio, il padre non deve adottarlo. Viene naturalmente riconosciuto in quanto genitore.

Vorrei lanciare un appello al Parlamento e all'opinione pubblica affinché vengano presi in carico i diritti di questi bimbi. Non voglio che una mattina un genitore possa svegliarsi e decidere che i suoi figli non hanno più un papà o una mamma".

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