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Vajont: cinquanta anni fa la tragedia che causò oltre 1900 morti

Il 9 ottobre del 1963 un’enorme onda prodotta dalla diga del Vajont spazzò via intere città provocando in pochi minuti distruzione e morte.
A cura di A. P.
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Cinquanta anni fa, alle 22.39 del  9 ottobre del 1963, un'enorme frana si staccò dal Monte Toc finendo nelle acque della diga del Vajont e alzando un'onda di detriti e fango alta centinaia di metri che spazzò via intere città nella vallata sottostante provocando in pochi minuti oltre 1900 morti. L'enorme massa di ben cinquanta milioni di metri cubi di materiale solido e liquido scavalcò la diga abbattendosi nella sottostante valle del Piave, tra il Friuli e il Veneto, provocando la distruzione di sette paesi, Longarone, Pirago, Maè, Rivalta, Villanova, Faè, Codissago, Castellavazzo e colpendo molti altri paesini e borghi della zona. La terribile ondata rase al suolo tutto quello che trovava sul suo cammino cambiando radicalmente e per sempre la geografia di quei territori. Ai primi soccorsi che arrivarono sul posto si presentò uno scenario impressionante, davanti ai loro occhi non vi era più nulla, tutto era stato spazzato via dalla furia dell'acqua della diga del Vajont.

Tragedia evitabile – Nei giorni successivi quando si diffuse la notizia da ogni parte d'Italia volontari, militari e semplici cittadini si precipitarono nel Vajont per aiutare la popolazione superstite nelle ricerche, scavando senza sosta nel fango. Alla fine i morti accertati del disastro del Vajont saranno 1910 di cui 1450 solo a Longarone, molte altre vittime ci furono invece nei comuni di  Codissago e Castellavazzo. Una tragedia che a posteriori fu definita evitabile perché molti erano stati gli allarmi di ingegneri e tecnici oltre che della popolazione locale. Fu un errore umano perché provocato dall’uomo che a tutti i costi voleva produrre energia su  quella montagna. Come ha ricordato il Capo dello Stato in una nota "La memoria del disastro che il 9 ottobre 1963 sconvolse l’area del Vajont suscita sempre una profonda emozione per l’immane tragedia che segnò le popolazioni con inconsolabili lutti e dure sofferenze. Il ricordo delle quasi duemila vittime e della devastazione di un territorio stravolto nel suo assetto naturale e sociale induce, a cinquant’anni di distanza, a ribadire che quell’evento non fu una tragica, inevitabile fatalità, ma drammatica conseguenza di precise colpe umane, che vanno denunciate e di cui non possono sottacersi le responsabilità".

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