Un’altra tragedia nel silenzio delle carceri: detenuto 40enne si impicca Vasto. Uilpa: “Strage infinita”

Ancora una vita spezzata dietro le sbarre. È accaduto questa mattina nella casa di lavoro di Vasto, in Abruzzo, dove un detenuto di circa 40 anni, con fragilità psichiche note e già affidato all’Articolazione per la Tutela della Salute Mentale, è stato ritrovato impiccato nella sua cella. Per lui non c'è stato nulla da fare. Il personale ha potuto solo constatarne la morte, aggiungendo il suo nome alla lunga e dolorosa lista di chi non ce l’ha fatta: sono 37 i detenuti suicidi dall’inizio del 2025, ai quali si sommano anche tre operatori penitenziari.
A denunciare ancora una volta la gravità della situazione è Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, che parla senza mezzi termini di una "strage infinita". Il caldo opprimente di questi giorni, aggiunge, ha probabilmente avuto un peso, fungendo da innesco su una polveriera fatta di criticità strutturali, croniche e ormai insostenibili.
Il carcere di Vasto, sebbene non colpito in modo diretto dal fenomeno del sovraffollamento che interessa gran parte delle carceri italiane — dove mancano all'appello oltre 16mila posti —, presenta tuttavia un quadro allarmante sotto il profilo del personale. Nella struttura sono presenti 103 persone tra detenuti e internati, ma il personale di polizia penitenziaria è gravemente sottodimensionato: su un fabbisogno minimo di 143 agenti, ne sono operativi soltanto 69, meno della metà.
Un dato che diventa ancora più drammatico se si considera che l’area dedicata alla salute mentale, dove era ricoverato il detenuto, spesso rimane senza alcun presidio fisso. Un vuoto che, in situazioni come quella di oggi, può risultare fatale.
A questa carenza si sommano problemi organizzativi che coinvolgono anche l’area educativa e giuridico-pedagogica, dove la presenza degli educatori non è garantita in modo continuativo durante la settimana. Un altro tassello che compone il quadro di una realtà in sofferenza, dove la tutela della persona — specie quella più fragile — troppo spesso rimane una promessa inevasa.