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Ultras del Brescia ridotto in coma dalla polizia: risarcito con 1,4 milioni di euro

Paolo Scaroni, tifoso del Brescia, venne picchiato brutalmente dalla polizia undici anni fa. Da allora, dopo essere rimasto a lungo in coma, convive con un grave disagio psichico e una disabilità fisica.
A cura di Davide Falcioni
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Era il 24 settembre del 2005 quando Paolo Scaroni, ultras del Brescia, venne brutalmente picchiato dagli agenti di polizia del reparto celere nel corso dei disordini scaturiti durante la trasferta a Verona della squadra lombarda. Ebbene, dopo 11 anni la vicenda è arrivata a un'importante svolta e Scaroni verrà risarcito con 1,4 milioni di euro: l'inchiesta, infatti, ha appurato che l'allora tifoso trentenne venne circondato da un gruppo di agenti e ridotto in fin di vita dopo essere stato colpito con dei manganelli impugnati al contrario.

Scaroni rimase in coma per oltre due mesi, per poi riprendersi solo in parte dopo una lunga riabilitazione. Il 41enne è oggi invalido e le conseguenze delle violenze subite sono state assai gravi anche a livello psicologico. Paolo Scaroni deve continuare a seguire un percorso terapeutico uguale a quelli riservati ai militari reduci da zone di guerra. Nel frattempo, le sue condizioni gli impediscono di lavorare e deambulare correttamente. Il rimborso, che sarebbe stato già erogato dal ministero degli Interni, arriva in seguito alla sentenza di primo grado che non ha individuato i colpevoli materiali dal momento che, come ha spiegato il giudice, non è stato possibile identificare gli agenti responsabili del pestaggio.

Sempre i giudici, tuttavia, hanno appurato che "Paolo Scaroni subì un pestaggio gratuito, immotivato rispetto alle esigenze di uso legittimo della forza". La vittima della violenza da parte della polizia ha commentato che il risarcimento "mi ripaga solo in parte di quello che ho subito e che dovrò continuare a subire. Stavo andando a prendere un panino, poi è calato buio e dolore" Durante questi quasi 11 anni di calvario giudiziario il 40enne è stato sempre sostenuto dalla sua famiglia e dal mondo del tifo organizzato: "Le testimonianze di solidarietà degli ultras sono state sempre al top. Ho dovuto subire uno stillicidio di udienze con le difese che si appellavano a ogni cavillo per rinviare la sentenza, e con la giustizia che insieme alla verità sembrava allontanarsi inesorabilmente. In alcuni frangenti ho avuto la sgradevole sensazione che in aula qualcuno pensasse che il colpevole fossi io".

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