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Uccisa dalla ruspa, il marito: “Gnoli aveva già causato un morto sotto cocaina, era evidente l’uso”

Elisa Spadavecchia è stata travolta e uccisa da una ruspa a Pinarella di Cervio. L’operaio alla guida, Lerry Gnoli, è risultato positivo alla cocaina. Il marito della vittima accusa: “Aveva già ucciso sotto effetto di droga (nel 2002), era evidente che ne facesse ancora uso. Una persona così non cambia”. Anche in quell’occasione l’uomo negò l’assunzione immediata della sostanza, come ha fatto ora.
A cura di Biagio Chiariello
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Elisa Spadavecchia
Elisa Spadavecchia

“Aveva già provocato un incidente mortale sotto effetto di cocaina. Che oggi si confermi che ne faceva ancora uso non mi stupisce, era evidente da subito”. Le parole di Giovanni Sfregola, colonnello dei carabinieri in pensione, risuonano come un pugno nello stomaco. È il marito di Elisa Spadavecchia, l’insegnante 66enne travolta e uccisa il 24 maggio scorso da una ruspa in azione sulla spiaggia libera di Pinarella di Cervia, in pieno giorno.

Sfregola parla da Vicenza, con la voce spezzata dal dolore. Quel sabato mattina, mentre lui era in albergo con alcuni amici, Elisa era uscita per una passeggiata sul litorale. Quando ha visto che non rispondeva più al telefono, ha usato l’app “Trova iPhone” per localizzare il cellulare. È corso sul posto e ha trovato la tragedia.

Il conducente della ruspa, Lerry Gnoli, 54 anni, è risultato positivo alla cocaina. Un dato emerso non solo dalle urine, ma anche dagli esami del sangue, che suggeriscono un’assunzione recente, contrariamente a quanto dichiarato dall’uomo durante l’interrogatorio in procura, dove aveva ammesso un uso saltuario della sostanza, ma “non a ridosso dei fatti”.

Sfregola, che nella vita ha lavorato come investigatore, non ha dubbi:

“Francamente, la conferma della cocaina non mi cambia nulla. Lo avevo capito subito, leggendo che anni fa aveva già ucciso una persona guidando in quelle condizioni. Una persona così non cambia. Il suo comportamento era già disumano e scorretto prima ancora dei test tossicologici”.

E aggiunge con amarezza:

Guidava una ruspa sulla sabbia, alle undici di un sabato mattina, su una spiaggia che si stava riempiendo. Il resto non fa che confermare quello che era già sotto gli occhi di tutti”.

Come riportato dal Resto del Carlino, quello di Gnoli non è un caso isolato. Nel 2022 aveva investito e ucciso un anziano sulle strisce pedonali, mentre era al volante sotto effetto di cocaina. Era stato condannato a due anni e mezzo, pena non ancora scontata in attesa della decisione del tribunale di sorveglianza. Anche allora negò l’assunzione immediata della sostanza, ma non contestò i test e scelse il rito abbreviato. La patente gli era stata revocata.

Nonostante ciò, era tornato a lavorare con la ruspa, formalmente per conto del figlio, dopo la chiusura della propria ditta per problemi fiscali. Secondo la cooperativa dei bagnini di Cervia, il cantiere risultava inattivo da venti giorni, ma Gnoli sostiene di operare per conto del Consorzio Consar per lavori di sistemazione post-mareggiata. La difesa ha esibito documenti relativi a un’abilitazione per la guida di mezzi cingolati su suolo demaniale, spiagge comprese, anche senza patente.

Sfregola commenta con amarezza anche questo:

Ho letto che lavorava ancora con l’azienda del figlio. Non mi sorprende più nulla. Oggi ognuno fa quello che vuole. È evidente che il sistema non ha funzionato”.

Un altro punto ancora da chiarire riguarda il comportamento dell’indagato subito dopo l’investimento. Gnoli ha spostato la ruspa per circa 500 metri, dicendo di voler recuperare il cellulare lasciato in un marsupio per chiamare i soccorsi. Ma un testimone ha cercato di fermarlo, temendo che alterasse la scena dell’incidente. L’indagato è poi tornato a piedi sul posto.

Sfregola, oggi, non parla più da ex ufficiale ma da uomo distrutto: “Non parlo da investigatore, ma da parte lesa. Nessun processo mi restituirà mia moglie. Nessuna sentenza può contenere questa sofferenza”. E infine, a chi chiede se ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nel contesto in cui tutto è accaduto – una ruspa in azione tra i bagnanti, nessuna protezione, nessun controllo – risponde secco: “La risposta se la dia da solo. È talmente ovvio che qualunque italiano direbbe la stessa cosa”.

A occuparsi della tutela legale di Giovanni Sfregola è l’avvocata Carlotta Mattei di Cesena. Ma lo stesso Sfregola sa che nessuna giustizia potrà lenire un dolore tanto assoluto:

Mi creda, la sofferenza è talmente grande che non c’è spazio per altro dolore”.

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