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Truffa e fatture false: nove mesi di reclusione all’ex presidente del museo della ndrangheta

Claudio La Camera, ex presidente del “Museo della ‘ndrangheta”, è stato condannato a 9 mesi di reclusione per truffa aggravata e falso.
A cura di Davide Falcioni
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AGGIORNAMENTO 2 novembre 2023

Vista l'intervenuta prescrizione sulla base della sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 13 aprile 2023 nei confronti di Claudio La Camera è stato dichiarato il non doversi procedere, revocando la confisca ed il relativo sequestro con restituzione all'avente diritto di quanto eventualmente ancora in cautela reale.

Claudio La Camera, ex presidente del "Museo della ‘ndrangheta", è stato condannato a 9 mesi di reclusione per truffa aggravata e falso. A deciderlo il Tribunale di Reggio Calabria, che ieri ha emesso la sentenza condannando La Camera in qualità rappresentante legale pro-tempore dell’"Associazione Antigone – Osservatorio sulla ndrangheta". Il capo di imputazione, per il quale è stato ritenuto colpevole, si riferisce al progetto "Criminal Economies" finanziato con quasi 100mila euro dalla Regione Calabria per l’organizzazione della "Conferenza internazionale sulla confisca dei beni sequestrati alla criminalità organizzata transnazionale".

Secondo la Procura di Reggio coordinata da Giovanni Bombardieri, quel progetto era una truffa per la quale erano state presentate fatture false dall’associazione antimafia presieduta da La Camera (che invece è stato assolto da un’altra accusa di truffa). L'ex presidente del Museo della ‘ndrangheta nel 2016 aveva ricevuto l’avviso di garanzia da parte dei procuratori aggiunti Giuseppe Lombardo e Gaetano Paci. Dalle indagini delle Fiamme Gialle era emersa una truffa da 434mila euro sui finanziamenti che la Regione e la Provincia di Reggio avevano elargito all’associazione. La convinzione degli inquirenti era che l’antimafia in Calabria fosse diventata un business, grazie ai rapporti tra La Camera e alcuni componenti della giunta regionale guidata all’epoca da Giuseppe Scopelliti. Al centro dell'inchiesta guidata dal colonnello Domenico Napolitano – oggi generale della Guardia di finanza – ci sarebbe stata una gestione eccessivamente disinvolta dei finanziamenti a pioggia che sarebbero dovuti servire all’associazione antimafia per attività di contrasto alla ‘ndrangheta.

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