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Travolse e uccise Fabiana Chiarappa, poi fuggì: revocati arresti domiciliari al parroco di Turi

Il Tribunale del Riesame di Bari ha revocato i domiciliari a don Nicola D’Onghia, parroco accusato di omicidio stradale e omissione di soccorso per la morte di Fabiana Chiarappa. Resta l’obbligo di dimora a Noci. La difesa annuncia ricorso in Cassazione.
A cura di Biagio Chiariello
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Il Tribunale del Riesame di Bari ha revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di don Nicola D'Onghia, il parroco arrestato lo scorso 29 aprile con le accuse di omicidio stradale e omissione di soccorso in relazione alla morte della 32enne Fabiana Chiarappa. I giudici hanno disposto nei suoi confronti l’obbligo di dimora nel Comune di Noci, dove risiede. Resta comunque in vigore per il sacerdote il divieto di recarsi a Turi, dove è titolare della parrocchia di San Giovanni Battista.

Il Riesame ha accolto solo in parte il ricorso presentato dai legali del sacerdote, gli avvocati Federico Straziota e Vita Mansueto dello Studio Polis. Pur avendo riconosciuto un’attenuazione delle esigenze cautelari, il Tribunale ha confermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del religioso. Le motivazioni della decisione saranno depositate entro 45 giorni. Intanto, la difesa ha annunciato l’intenzione di impugnare il provvedimento in Cassazione.

Per rispetto del profondo dolore della famiglia della povera Fabiana Chiarappa – spiegano i legali in una nota – abbiamo scelto finora il silenzio, aspettando la prima occasione utile per far emergere le contraddizioni del quadro indiziario nelle sedi opportune. Siamo consapevoli delle specificità del giudizio cautelare, ma riteniamo che le indagini debbano ancora approfondire molti aspetti di natura tecnica e valutare nuovi elementi investigativi".

La tragedia risale alla sera del 2 aprile, intorno alle 20.30, lungo la strada provinciale che collega i comuni di Turi e Putignano, nel Barese. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Fabiana Chiarappa, in sella alla sua moto Suzuki, avrebbe perso il controllo del mezzo finendo sull’asfalto. In quegli istanti sarebbe sopraggiunta l’auto guidata da don D’Onghia, che avrebbe travolto la giovane donna senza fermarsi a prestare soccorso.

Il parroco, sentito successivamente dagli investigatori, ha fornito la sua versione dei fatti: avrebbe pensato di aver urtato una pietra e solo più tardi, dopo essersi fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni al veicolo, si sarebbe reso conto della gravità dell’accaduto. Una spiegazione che non ha convinto gli inquirenti, portando alla richiesta e all’ottenimento della misura cautelare degli arresti domiciliari, ora sostituita con l’obbligo di dimora.

Fabiana Chiarappa, 32 anni, è morta quella sera sull’asfalto, e da allora i familiari chiedono giustizia. La difesa del sacerdote continua a sostenere la necessità di ulteriori accertamenti tecnici, ritenendo il quadro indiziario tutt’altro che definitivo. Mentre si attende l’esito dell’eventuale ricorso, la vicenda giudiziaria di don D’Onghia resta aperta, così come il dolore per una morte che ha profondamente scosso la comunità locale.

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