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Torino, l’ex datrice di lavoro del killer di Stefano Leo: “Lo cacciai e cominciò il mio incubo”

Sul delitto ai Murazzi di Torino, in cui è rimasto vittima Stefano Leo, è intervenuta l’ex datrice di lavoro del killer Said Mechaquat. La donna ha raccontato di aver vissuto un incubo a causa del 27enne, che ha cominciato a perseguitarla dopo aver perso l’impiego presso la pizzeria di cui lei era socia. “Era gentile, sorridente. Poi è emersa la furbizia, insieme alla scaltrezza. È diventato arrogante. Sono iniziati i problemi, era violento con tutti”.
A cura di Ida Artiaco
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"Se avessero diffuso quelle immagini prima lo avrei sicuramente riconosciuto". A parlare al Corriere della Sera è Ilaria, ex datrice di lavoro di Said Mechaquat, il 27enne italiano e di origine marocchina, che lo scorso 31 marzo ha confessato di aver ucciso Stefano Leo ai Murazzi del Po a Torino. La donna ha raccontato al quotidiano di via Solferino di aver vissuto un vero e proprio incubo per colpa del ragazzo, licenziato a giugno dello scorso anno dopo che aveva risposto con calci e pugni a una lettera di richiamo ricevuta dal capo. Il tutto è documentato dai video ripresi dalle telecamere di sorveglianza della pizzeria dove era impiegato, e che sono finiti al vaglio degli inquirenti. Da allora Ilaria, socia del gestore del locale, si è sentita una perseguitata. Tanto è vero che ha presentato varie denunce alle forze dell'ordine dopo aver subito minacce di morte e aggressioni, ma che restano tra i fascicoli della Procura, dal momento che nessun provvedimento è stato preso negli ultimi mesi.

"Quando lo abbiamo assunto era gentile, sorridente – ha raccontato -. Poi è emersa la furbizia, insieme alla scaltrezza. È diventato arrogante. Sono iniziati i problemi, era violento con tutti. A giugno, quando lo riprendemmo per l’ultimo fatto grave che aveva commesso, mi disse che mi avrebbe accoltellata. Il giorno dopo ha preso a pugni in faccia il mio socio". Ma il peggio doveva ancora venire. La donna ha continuato ricordando una delle prime minacce ricevute da Said. Era l'agosto scorso quando lui le intimò di fare molta attenzione e di dargli tutti i soldi che aveva chiesto. Nelle settimane successive lui la seguiva e le mandava messaggi su Facebook con insistenza. "Cambiava nome e profilo in continuazione – ha proseguito -, per mandarmi chat inquietanti e poi fare sparire le conversazioni, cambiando identità senza lasciare tracce. Mi spiava". Poi, l'ultimo incontro, il 25 gennaio scorso. Lui l'aggredisce e lei comincia a urlare attirando l'attenzione di carabinieri e polizia nei pressi di Piazza Castello. Così il ragazzo viene fermato e liberato poco dopo. "Se avessero diffuso prima quel video in cui attraversa piazza Vittorio, l'avrei riconosciuto subito. Quel cappellino grigio, gonfio dietro, che non sono dei rasta, lo indossava anche il 25 gennaio quando mi aggredì", ha concluso Ilaria.

È questa l'ennesima storia di aggressioni raccontata dalle vittime di Said. Già la sua ex compagna, come ha riportato il quotidiano La Stampa nelle ultime ore, lo aveva denunciato perché vittima di violenza. L'uomo era anche stato condannato in primo grado per il reato di maltrattamenti e lesioni aggravate. La coppia si è separata nel 2014 e da allora a lui è stato imposto il divieto di avvicinamento.

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