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Suicidio Sandro Arzu in carcere a Cagliari, l’ex latitante di Arzana si uccide dopo 3 settimane dall’arresto

Sandro Arzu, latitante arrestato a fine maggio per omicidio, si è tolto la vita nel carcere di Cagliari-Uta. Aveva 56 anni ed era accusato dell’omicidio di Beniamino Marongiu in Ogliastra. Il sindacato Uilpa denuncia il collasso del sistema penitenziario italiano.
A cura di Biagio Chiariello
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È morto nella notte tra l’8 e il 9 giugno, nel carcere di Cagliari-Uta, il 56enne Sandro Arzu, originario di Arzana. Arrestato il 26 maggio scorso dai carabinieri in un’abitazione di Cagliari, era latitante da due anni e accusato di essere coinvolto nell’omicidio di Beniamino Marongiu, ucciso ad Arzana nel luglio 2024. La sua detenzione era iniziata appena tre settimane fa. Nella notte, secondo quanto riferito dall’associazione Socialismo Diritti Riforme, Arzu si sarebbe tolto la vita in cella lasciando un presunto bigliettino rivolto ai familiari.

L’allarme è scattato poco dopo l’una: nonostante il tempestivo intervento degli agenti penitenziari e i lunghi tentativi dei sanitari di rianimarlo, per l’uomo non c’è stato nulla da fare. Aveva già alle spalle pesanti precedenti per omicidio e traffico di droga. Negli anni era diventato una figura nota alle cronache criminali sarde.

Chi era Sandro Arzu, il latitante suicida nel carcere di Uta a Cagliari

Sandro Arzu, originario di Arzana, in Ogliastra, era tornato sotto i riflettori dopo l’arresto avvenuto il 26 maggio scorso a Cagliari, quando i carabinieri lo avevano rintracciato dopo una lunga latitanza. Era accusato, insieme ad altri quattro, dell’omicidio di Beniamino Marongiu, 52 anni, freddato il 9 luglio 2024 proprio nel paese ogliastrino.

Non era la prima volta che Arzu finiva nei guai con la giustizia. La sua vita criminale aveva preso avvio la sera di Santo Stefano del 1990, quando a colpi di pistola fu ucciso Bruno Ferrai, giovane meccanico di Arzana. Un omicidio avvenuto in mezzo alla gente, tra le vie del paese. Secondo quanto ricostruito dalla Corte d’assise di Lanusei, Ferrai era stato considerato dai fratelli Arzu — Sandro e Luca, allora di 21 e 19 anni — il responsabile della morte del padre Pietro, un macellaio benvoluto, assassinato l’anno prima mentre risaliva in auto la strada di Orgiolaonniga.

Sandro Arzu fu condannato a 26 anni per quel delitto. Ma la sua parabola criminale non si fermò lì. Negli anni successivi venne coinvolto anche in traffici di droga. Due anni fa, violando l’obbligo di firma imposto ad Arzana, fece perdere le sue tracce. In quel periodo la sua auto fu ritrovata crivellata di colpi e con tracce di sangue, alimentando i sospetti di un possibile agguato — l’ennesimo, dato che già nel 2021 era rimasto ferito in circostanze simili. La latitanza si concluse solo alla fine di maggio. Poi il carcere. E infine, nella notte, il gesto estremo.

Segretario Uilpa: "Carceri luoghi di sofferenza e morte. È il 33esimo caso nel 2025"

La morte di Sandro Arzu ha riacceso i riflettori sulla drammatica situazione degli istituti penitenziari italiani. Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, ha parlato di “ennesimo suicidio nelle nostre prigioni”, sottolineando che quello di Arzu è il 33esimo caso dall’inizio del 2025.

Per De Fazio, quanto sta emergendo in questi giorni è solo “la punta dell’iceberg di un malessere profondo e sistemico”, che trasforma le carceri in “luoghi di sofferenza e morte, ben lontani dal perseguire gli obiettivi rieducativi previsti dalla Costituzione”.

La denuncia è netta: “Lo sfascio del sistema penitenziario è sotto gli occhi di tutti, anche di chi finge di non vederlo. Lo stesso ministro Nordio ha ammesso di recente che le rivolte sono in aumento, nonostante il decreto sicurezza”. Il sindacato segnala una grave carenza di personale — con 18mila agenti in meno rispetto al fabbisogno — e un sovraffollamento cronico, con 16 detenuti in più per ogni struttura rispetto alla capienza regolamentare.

Da qui l’appello al governo: “Servono provvedimenti urgenti e concreti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni — conclude De Fazio — farebbe bene a dedicarsi di giorno alle nostre carceri, anziché lavorare di notte per i centri in Albania”.

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