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Strage Duisburg, chiesta archiviazione per 7 imputati. Tra le vittime anche l’italiana Giulia Minola

“La giustizia si è arresa, ma io lotterò”, ha commentato la mamma dell’unica vittima italiana della strage di Duisburg, Giulia Minola. La giovane morì insieme ad altre 20 persone nella calca formatasi in un tunnel.
A cura di Davide Falcioni
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Giulia Minola
Giulia Minola

C'era anche Giulia Minola a Duisburg nel 2010 tra le migliaia di ragazzi che partecipavano al Love Parade, una manifestazione a ritmo di musica tecno organizzata nella città tedesca. Tra le 20 vittime della calca che si concentrò in un tunnel lungo 200 metri e largo 30 c'era anche la ragazza bresciana, la cui famiglia non ha mai smesso di chiedere che venisse fatta giustizia e che i responsabili dell'apparato di sicurezza venissero posti sotto processo. Invece il procedimento giudiziario nei confronti di sette di loro è finito con l'archiviazione. Per sette su dieci imputati non ci sarà alcuna punizione: "La giustizia si è arresa, ma io lotterò", ha dichiarato Nadia Zanacchi, la mamma di Giulia.

Tutti gli imputati erano accusato di omicidio colposo, e si tratta di persone che a vario titolo erano impegnate nell'organizzazione del Love Parade: solo per tre di loro il processo sta proseguendo: hanno rifiutato il patteggiamento, che avrebbe previsto sanzioni per 10mila euro, perché puntano a una sentenza di assoluzione completa, anche se il rischio è che il loro presunto reato cada in prescrizione e finisca in un nulla di fatto. "Mi viene da dire che il tanto decantato rigore tedesco si è rivelato uno stereotipo. Quello che non riesco a capire è perché abbiano deciso di chiudere tutto così in fretta. L'amarezza è troppa", ha detto al quotidiano Il Giorno la mamma di Giulia Minola. Oltre ai 21 ragazzi morti, ci furono anche 650 feriti.

Nadia Zanacchi ha proseguito: "Ammetto che quando il processo è iniziato ho sperato che davvero le vittime potessero avere giustizia. Purtroppo, come accaduto anche in sede di indagine quando non si sono volute prendere in esame le responsabilità della polizia, non c'è stato il coraggio di andare avanti". La donna ha dichiarato di essere pronta a rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

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