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Strage di Sant’Anna di Stazzema, due sopravvissuti nominati cavalieri della Repubblica tedesca

Conferita l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania a due superstiti della strage di Sant’Anna di Stazzema, Enrico Pieri ed Enio Mancini. Lo ha comunicato direttamente agli interessati l’ambasciatore tedesco a Roma. Nell’eccidio nazista del 12 agosto 1944 furono trucidati 560 civili, fra cui donne, anziani e bambini.
A cura di Susanna Picone
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Enrico Pieri, uno dei superstiti della strage di Sant'Anna di Stazzema
Enrico Pieri, uno dei superstiti della strage di Sant'Anna di Stazzema

Con una lettera dell’ambasciata tedesca Enrico Pieri ed Enio Mancini, due superstiti della strage di Sant'Anna di Stazzema, hanno avuto notizia della loro nomina a cavalieri dell’ordine al merito della Repubblica federale della Germania. Il presidente federale tedesco Frank-Walter Steinmeier ha deciso di conferire questa onorificenza di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania (Verdienstkreuz am Bande) ai due superstiti dell’eccidio nazista sulle colline sopra Lucca "per le particolari benemerenze acquisite verso la Repubblica Federale di Germania".

Nell'eccidio nazista trucidati 560 civili

Nell'eccidio nazista del 12 agosto del 1944 a S. Anna furono trucidati 560 civili, fra cui donne, anziani e bambini. Enrico Pieri, 86 anni, all’epoca aveva 10 anni ed ebbe la famiglia sterminata. Lui riuscì a salvarsi nascondendosi nel sottoscala del casolare sulle colline di Sant’Anna, mentre i soldati uccidevano i suoi genitori, le sue sorelle, i suoi nonni. Enio Mancini, 82 anni, all’epoca di anni ne aveva appena 6 e si salvò in una fase del rastrellamento. È suo il ricordo degli italiani con il volto coperto da fazzoletti che guidarono i nazisti. “Senza di loro le Ss non avrebbero potuto circondare il paese. – il suo racconto di alcuni anni fa al Corriere della Sera -. Me li ricordo bene. Io ne ho visti quattro ma erano molti di più. Due avevano vestiti borghesi, due la divisa delle Ss, parlavano con un’inflessione tipica del dialetto versiliese”. Enio Mancini aveva raccontato anche il suo ricordo di un soldato nazista, che per anni ha cercato: “Avrà avuto meno di vent’anni, i capelli biondi a spazzola, guidava il nostro gruppo, una ventina di persone. Aveva avuto ordini di ammazzarci tutti a colpi di mitra e poi di bruciarci con il lanciafiamme. Lui aspettò che gli ufficiali se ne andassero. Io e mio fratello piangevamo terrorizzati. Ci guardò e con l’indice della mano destra sul naso ci disse di stare zitti. Poi ci indicò una via di fuga. Iniziammo a correre increduli, poi dietro di noi sentimmo una raffica di mitra. Strinsi la mano a mia madre, credevo di essere già morto. Mi voltai e vidi quel tedesco sparare in aria, ingannava i suoi commilitoni, faceva finta di ucciderci. Mi sembrò che sorridesse. L’ho cercato tutta la vita, inutilmente”.

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