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Strage dei carabinieri per evitare lo sfratto, Luisa Ramponi dimessa ma va direttamente in carcere

La donna, accusata di aver materialmente innescato la miccia che ha causato la deflagrazione del 14 ottobre scorso in cui sono morti 3 carabinieri a Castel d’Azzano, in provincia di Verona, sarà sottoposta alle ulteriori cure nell’infermeria del carcere.
A cura di Antonio Palma
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Si è ristabilita ed è stata dimessa dall’ospedale Maria Luisa Ramponi, la donna che, insieme ai fratelli, è accusata della strage dei carabinieri di Castel d'Azzano, in provincia di Verona, innescando l’esplosione del casolare da cui non volevano essere sfrattati e che è costata la vita a tre militari dell’arma. La donna però è stata trasferita direttamente in carcere in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti disposta dai giudici. Qui sarà sottoposta alle ulteriori cure nell’infermeria.

La donna, accusata di aver materialmente innescato la miccia che ha causato la deflagrazione del 14 ottobre scorso, è stata portata dagli agenti nel carcere veronese di Montorio, dove sono detenuti anche i due fratelli, Franco e Dino. L’esplosione del casolare di famiglia, in cui sono morti tre Carabinieri e sono rimaste ferite altre 26 persone, aveva investito in pieno anche la donna che aveva riportato ustioni gravissime su varie parti del corpo.

Erano stati i pompieri, presenti già sul posto, a salvarla mentre lei si aggirava tra le macerie ferita. In queste settimane Maria Luisa Ramponi era rimasta ricoverata e sottoposta alle cure del caso ma piantonata all’ospedale di Borgo Trento a Verona su ordine della magistratura. Il via libera dell’ospedale serve a dare anche nuovo impulso alle indagini visto che la donna finora non ha potuto sottoporsi a interrogatorio per il suo stato di salute e nei prossimi giorni invece sarà finalmente ascoltata dagli inquirenti.

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La donna dovrà dare la sua versione dei fatti e confermare o smentire la versione dei fratelli. Questi ultimi, forti del fatto che non fossero in casa al momento dell’arrivo dei carabinieri per lo sfratto e poi della successiva esplosione, sostengono di essere estranei alle accuse contestate dalla Procura. Una versione che non convince gli inquirenti che, pur ritenendo la donna una figura chiave, sostengono una piena compartecipazione dei fratelli al fatto delittuoso.

I tre restano accusati di strage in concorso tra loro perché, secondo la Procura, avevano architettato tutto da tempo come dimostrerebbero anche le minacce dopo i precedenti tentativi di sfratto. “So che verrete con i corpi speciali, ci faremo trovare pronti” aveva affermato infatti uno dei Ramponi.

Del resto l’intervento dei reparti speciali dei carabinieri e la presenza dei vigili del fuoco erano stati richiesti quel giorno proprio per i precedenti violenti dei due fratelli. Un sopralluogo con droni aveva già rilevato la possibile presenza di esplosivi nella casa e sul tetto e i militari per questo si stavano muovendo con circospezione quando Maria Luisa Ramponi ha innescato l’esplosione causando la morte dei tre carabinieri Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Bernardello.

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