Sparò e uccise il figlio a Ornavasso, 64enne a processo: “Era fuori di sé, ho temuto per mia moglie”

“Mio figlio era fuori di sé, forsennato. Ho temuto per la vita di mia moglie e ho pensato che dovevo fermarlo io”. Con queste parole Edoardo Borghini, 64 anni, ha aperto in aula il suo racconto davanti alla Corte d’Assise di Novara, dove è imputato per l’omicidio del figlio Nicolò, 34 anni, ucciso a colpi di fucile la sera del 19 gennaio 2025 nella villetta di famiglia a Ornavasso, nel Verbano-Cusio-Ossola.
In poco meno di due ore di deposizione, Borghini ha ripercorso quella sera, descrivendo un contesto familiare che, a suo dire, era diventato da tempo insostenibile. Ha parlato di un rapporto logorato da continue tensioni e da una dipendenza economica del figlio: nonostante uno stipendio di circa 1.300 euro, Nicolò avrebbe continuato a chiedere denaro ai genitori, arrivando a pesare per circa 1.500 euro al mese tra debiti, danni alle auto e spese legali. “Eravamo in pensione e avevamo ripreso a fare lavoretti”, ha spiegato, definendo quella situazione una forma di “soggezione psicologica”.
Nel suo racconto, l’imputato ha descritto anche una quotidianità segnata dal conflitto: "Da alcuni anni non mangiava più con noi”, ha detto, riferendo che il figlio avrebbe imposto cosa cucinare con messaggi, per poi chiudersi in camera mentre i genitori cenavano.
La sera del delitto, secondo la versione resa in aula, Nicolò rientra a casa poco dopo le 20 in evidente stato di ebbrezza. Sbattendo la porta blindata, inizia a insultare i genitori, definendoli “bastardi” e accusandoli di non aver aperto il portone del garage “pur essendo stati tutto il pomeriggio a casa”. La lite degenera rapidamente. Dopo essersi ferito a una mano colpendo il vetro di un quadro, il 34enne si sarebbe scagliato contro la madre: “Sei una bastarda, mi dici che mi compri casa e invece mi prendi in giro”, le avrebbe urlato, prima di afferrarla per il collo, sbatterle la testa e il volto contro il muro e morderle un braccio.
“Mia moglie gridava: ‘Edoardo, aiuto, questa volta ci ammazza’”, ha riferito Borghini, scoppiando in lacrime. I due tentano di rifugiarsi in cantina: una prima fuga viene bloccata dal figlio, che trattiene la madre per i vestiti e urla “Sono più forte di voi, contro di me non ce la farete mai”. Solo al secondo tentativo riescono a scendere. “Eravamo in pigiama, io senza ciabatte, solo con le calze. Fuori piovigginava e faceva freddo”, ha ricordato. Da sotto, sentivano le urla e le porte sbattere: “La casa tremava”.
Nell’abitazione, però, era rimasta la cognata dell’imputato, una donna con disabilità, chiusa nella sua stanza. Temendo per la sua incolumità, Borghini ha spiegato di essere risalito insieme alla moglie. Poco dopo, nella casa, sono stati esplosi i due colpi di fucile che hanno ucciso Nicolò. L'uomo è attualmente ai domiciliari.
Il processo proseguirà nelle prossime udienze con le ultime testimonianze e la discussione finale.