“Sono una brava mamma”: l’audio della donna che ha ucciso il figlio a Trieste tagliandogli la gola

"Io sono una brava mamma". È la frase diffusa dalla trasmissione tv Dentro la Notizia che oggi pesa come un macigno sulla vicenda di Olena Stasiuk, 55 anni, arrestata per l'omicidio del figlio Giovanni, nove anni, durante un incontro genitoriale non supervisionato a Muggia, lo scorso 12 novembre.
Nel file recuperato dalla giornalista Ilaria Dalle Palle la donna descrive la nascita del bambino, la preparazione per accoglierlo, la cura nelle prime settimane: "Il bambino è nato molto sano… Io sono una brava mamma, so come fare il bagnetto. Prima che nascesse abbiamo comprato tutto nuovo". Non è noto quando siano state pronunciate quelle parole, in quale fase della vita di Olena Stasiuk, ma di certo restituiscono un’immagine della 55enne in netto contrasto con quanto accaduto cinque giorni fa, quando Giovanni è stato trovato senza vita in casa, sgozzato con un grosso coltello proprio dalla mamma.
Di certo, dal fascicolo giudiziario è emersa una storia molto più lunga e complessa. Nel giugno 2023, il bambino aveva confidato ai carabinieri, intervenuti per sedare una lite tra i genitori, frasi che oggi assumono un peso drammatico: "Mamma ho provato a strozzarmi, ho paura", e ancora: "La mamma mi ha preso per il collo, stringendolo con entrambe le mani". Quelle dichiarazioni – insieme a verbali, denunce e relazioni degli assistenti sociali – sono raccolte nei circa 5mila fogli conservati dall’avvocata Gigliola Bridda, che per anni ha rappresentato il padre, Paolo Trame. La legale ha descritto la vicenda come "monitorata dalle istituzioni ma sottovalutata nei suoi passaggi decisivi".
Il quadro delineato dagli atti comprende episodi risalenti anche al 2018, quando la stessa Stasiuk aveva riferito agli operatori sociali: "O Giovanni resta con me, oppure sono disposta ad uccidere il bambino, a uccidermi, buttandomi nel mare. E a uccidere anche Paolo". Nel corso degli anni la donna era stata in cura presso il Centro di Salute Mentale di Trieste, sottoposta a Tso e seguita dai servizi territoriali, con diagnosi e trattamenti per disturbi psichiatrici. Alcune denunce presentate dal padre erano state archiviate, compresa quella relativa a un presunto tentativo di strangolamento del bambino: secondo la procura, i segni sul collo – guaribili in tre giorni – potevano essere compatibili anche con un "evento accidentale".
Resta a questo punto da chiarire perché, a maggio, il tribunale civile abbia disposto incontri non protetti tra madre e figlio, dopo anni di visite vigilate e nonostante le reiterate segnalazioni. Due le inchieste aperte: una penale, per ricostruire le condizioni che hanno permesso alla donna di restare sola con il bambino; e una ministeriale, avviata dal Guardasigilli, per verificare la correttezza delle procedure adottate.
Nel frattempo è emerso che il padre aveva regalato al figlio uno smartwatch, affinché potesse chiamarlo in caso di emergenza. Un gesto che riflette i timori maturati nel tempo, anche se Giovanni non avrebbe mai utilizzato il dispositivo, e non è chiaro se lo indossasse il giorno dell’omicidio.